Berlusconi ci aveva provato con la Protezione Civile di Bertolaso, il suo ras delle Grandi Operee dei Grandi Eventi per il business del ventunesimo secolo: un Italia da trasformare interamente in un lucroso enorme luna park per turisti. Varie ed eventuali implicazioni criminali di quel tentativo a parte, dal punto di vista politico-economico anche Matteo Renzi sembra pensare ad un progetto del genere, almeno fin da quando ha sostituito Lupi alle Infrastrutture (ex Lavori Pubblici) con il suo fedelissimo Delrio. Non sorprende quindi che abbia appena conferito alla Protezione Civile poteri straordinari, dopo aver affondato Marino consegnando il Giubileo al renziano Team Expo, del quale ogni giorno i media embedded tessono le lodi con toni agiografici.
L'ex-ministro delle finanze greco Varoufakis ha risposto oggi con un "messaggio" a Matteo Renzi, dopo che il nostro premier aveva parlato di lui come di un "ostacolo" dal quale ci siamo liberati (lett: "Se lo semo tolti...").
Il primo ministro italiano M. Renzi (qui il suo discorso) si è rallegrato per essersi "liberato di me", citando la mia "rimozione" dalla scena come un segnale che gli "apostati" (ovvero coloro che dividono il proprio partito) alla fine vengono scacciati. Il suo è un inganno illusorio. Lo scorso luglio "loro" si sono liberati di qualcosa molto più importante di me. Ecco il mio messaggio al primo ministro italiano.
Il signor Renzi mi dipinge come un'apostata che ha abbandonato Syriza e che ora brancola nella foresta politica. A differenza di molti miei compagni, io sono rimasto fedele alla piattaforma di Syriza, che ci ha eletto il 25 gennaio come un partito unito che ha portato speranza per i greci e per i popoli europei. Speranza di che cosa? Speranza di mettere fine una volta per tutte alla spirale infinita dei prestiti di salvataggio, che condannavano la Grecia ad una depressione permanente e che preannunciavano politiche fallimentari per il resto dell'Europa.
Il 17 giugno l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricevuto dalle mani grondanti sangue di Henri Kissinger il premio a lui intitolato, quale riconoscimento diplomatico per le sue alte doti di europeo convinto. La carriera politica di Napolitano è andata dipanandosi dall'appartenenza al PCI, ala destra, migliorista, sino all'invenzione di teoremi governativi perniciosissimi per l'Italia. Gli ultimi governi Monti, Letta (questo andrebbe messo tra parentesi, stando la sua mitezza personale di decisa lontananza dal precedente, appunto Monti e dal successivo) e Renzi sono opera usa. E specialmente quest'ultimo, in carica, il Renzi primo, si sta rivelando come un governo di destra decisa. Peggio di Berlusconi, ancora più a destra del suo ultimo governo - basti osservare la controriforma della scuola pubblica, neppure il Cavaliere aveva osato tanto - Renzi si configura come messa in pratica della visione di indecenza del suo mentore Napolitano.
“Eccezionale vittoria del centrodestra in Liguria: ha conquistato primo e secondo posto”.(www.spinoza.it)
“Ogni anno s’inventano un trucco nuovo. Prendono uno dei loro ragazzi, ragazzi neri, e lo mettono al governo, così può girare Washington con un sigaro in bocca. E siccome i suoi problemi personali sono stati risolti, sarà colui che dice al nostro popolo:”Guardate che progressi stiamo facendo, sto a Washington, prendo il tè nella Casa Bianca. Sono il vostro portavoce, sono il vostro leader. Mentre la nostra gente continua a vivere nei bassifondi di Harlem, continuando a ricevere la peggiore forma di educazione”. (Malcolm X, discorso del 7 gennaio 1965 “Prospettive di libertà”)
Stavolta inizio fuori dai soliti seminati su cui ci confrontiamo con gli interlocutori, ma la cosa mi sta tremendamente a cuore. Sarà perché la Chiesa da duemila anni imposta il rapporto adulti-bambini in termini di dominio e arbitrio (la pedofilia ne è l’aspetto meno violento), questo paese è un gigantesco postribolo in cui si prostituiscono bambini.
Millantando come una grande conquista la stabilizzazione a 24 mesi della Nuova Assicurazione Sociale per la perdita dell'Impiego (NASpI) in cambio del dimezzamento della possibilità di usufruire della Cassa Integrazione (da 48 a 24 mesi nei cinque anni), il commensale degli attori di "mafia capitale", il ministro Poletti, ha dato notizia della costituzione dell'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro e del riordino di queste politiche.
Premesso che due anni di conservazione del posto di lavoro e con un sussidio costante sono ben altra cosa rispetto all'aggiunta di sei mesi di un assegno (quello della NASpI) che, decurtandosi del 3% al mese a partire dal quarto mese di disoccupazione, si riduce in briciole, andando a "vedere" il testo del decreto licenziato dal consiglio dei ministri e trasmesso – per il più inutile degli esami – alle commissioni parlamentari, non si può non riconoscere al governo la ferrea coerenza con cui, dopo aver fatto strame del diritto del lavoro, dà alla merce lavoro ed al lavoro in quanto tale la più consona allocazione commerciale: il discount.
Nella settimana scorsa ci sono state quattro notizie che hanno rivelato quanto sia profonda la crisi della Ue: la dichiarazione di Draghi “l’Euro non è più scontato”; la vittoria di “Podemos” in Spagna; la vittoria dei nazionalisti in Polonia; l’altalena del default greco. Iniziamo dalla prima: Draghi dice che se la tendenza a divaricare dei paesi dell’Eurozona dovesse proseguire, l’euro non sarebbe più sostenibile, non solo economicamente, ma anche politicamente e socialmente. Ma no!? Ma non mi dire! Chi lo avrebbe mai detto?! Insomma, l’euro è una architettura che non può resistere ancora a lungo alle tendenze divaricanti dell’Europa, e si approssima il momento dei conti. Ovviamente la ricetta di Draghi è la più scontata: armonizzare con le riforme la struttura sociale dei paesi dell’Unione, dove per riforme si intende essenzialmente il taglio delle pensioni, il peggioramento delle prestazioni sociali (sanità, istruzione) e la fine tendenziale della loro gratuità o del loro prezzo politico. Però… mai che si parli di armonizzare le norme fiscali …chissà perché?!
Ovviamente la notizia non è quel che dice Draghi, che a questo punto è una banalità, ma che a dirlo sia lui, il gran sacerdote dell’euro. Significa che anche ai piani alti del Palazzo si iniziano a sentire gli scricchiolii della costruzione e si inizia ad ammettere che tutto possa crollare.
Ho già scritto tantissimo sul crimine di questo Secolo, ossia la svalutazione del lavoro allo scopo di salvare l’Euro, una moneta sbagliata che ciascuno Stato dell’Eurozona è costretto ad andare a prendere in prestito dai mercati dei capitali privati (ai quali va restituita con gli interessi) o ad estorcerla ai cittadini.
E pensare che avevamo sovranità monetaria e potevamo creare moneta dal nulla, tendendo alla piena occupazione e comprandoci il nostro debito pubblico senza che questo costituisse un problema… che crimine questa moneta unica!
Per non ripetermi nuovamente, coloro che volessero approfondire il tema della svalutazione del lavoro al fine di salvare l’Euro potranno leggere questo mio articolo.
Oggi cercherò, invece, di farvi comprendere nel modo più semplice possibile la riforma del lavoro (in materia di licenziamenti) posta in essere dal Governo Renzi ed attuata a seguito di una Legge delega che il Parlamento, sordo e schiavo, ha votato subordinando per l’ennesima volta l’esercizio del potere legislativo a quello esecutivo (sto parlando del Jobs Act, vale a dire la Legge delega 10 dicembre 2014 n. 183, più i decreti attuativi del 2015).
La mia analisi odierna si concentra quindi sul tema dei LICENZIAMENTI a seguito del cosiddetto Jobs Act.
"Chi conosce la verità e la chiama menzogna è un criminale”. (Bertold Brecht)
“Colui che ha corrotto e prostituito la purezza della propria mente al punto da sottomettere il suo credo professionale a cose in cui non crede, ha preparato se stesso al commettere qualsiasi crimini”. (Thomas Paine)
In una sala del Senato, per iniziativa della senatrice Paola Da Pin e del Comitato No Nato, insieme a un appello che già ha raccolto migliaia di firme, è stata presentato il disegno di legge per l’uscita dell’Italia dalla Nato e per la chiusura delle basi militari nel nostro paese. Sono intervenuti giornalisti e analisti politici, da Manlio Dinucci a Giulietto Chiesa, da Alex Zanotelli a Franco Cardini e al sottoscritto. Il “manifesto” si è impegnato per l’iniziativa con un trafiletto di annuncio di 6 righe e con mezza colonnina di cronaca. Ne riferirò più sotto.
Mamma li mori!
Si fa fatica ad occuparsi della questione migranti, soffocati come si è dall’osceno tsunami di ipocrite lamentazioni, piagnistei, proposte salvifiche assurde o sospette, ripetuto tale e quale mille altre volte, dopo il crimine atlantista che ha affogato altri 900 vittime dell’Occidente al largo della Libia. Un paese, già prospero, ordinato e felice, meticolosamente ridotto nella condizioni di “caos creativo” (leggi genocidio) pianificate dall’inizio e che ora devono assicurare l’ulteriore decimazione di popoli di troppo.
Il 21 luglio 1923, dopo nove mesi di governo, Benito Mussolini ottiene dalla Camera il voto di fiducia sulla riforma elettorale, legge Acerbo, che superando il sistema proporzionale del 1919 ed introducendo un maggioritario che attribuisce 2/3 dei deputati alla lista di maggioranza relativa che superi il 25% dei voti espressi, sancisce il suicidio dell’assemblea rappresentativa e l’inizio della rapida fascistizzazione delle istituzioni. Il 28 aprile 2015, dopo quattordici mesi di governo, Matteo Renzi impone al Parlamento il voto di fiducia sulla riforma elettorale, legge Italicum, che assegna il 55% dei parlamentari alla lista che superi il 40% dei voti espressi al primo turno oppure vinca il ballottaggio, abbinandola ad una riforma del Senato che abolisce il bicameralismo perfetto. Le analogie tra i due iter sono impressionati e lasciano supporre che dietro l’azione politica del premier ci sia Michael Ledeen, l’ambiguo intellettuale diviso tra studi sul fascismo e servizi segreti. La Legge Acerbo, all’insegna della Gran Loggia d’Italia degli A.L.A.M. Leggi tutto...
Vittime collaterali, inconsapevoli e innocenti, dell’ennesimo atto di una guerra unilaterale. Niente più eserciti contro eserciti, solo killer-robot contro uomini, donne, bambini. Il cooperante siciliano Giovanni Lo Porto, colpevolmente ignorato dalla politica con la P maiuscola, dalle istituzioni e dall’intero Parlamento italiano, è stato brutalmente assassinato in Pakistan in uno degli innumerevoli bombardamenti scatenati dagli stormi di droni Usa.
Renzi alla Piaggio Aerospace: "Così l'Italia 'si toglie di dosso la muffa'", ha dichiarato accanto al modello del nuovo drone P.1HH
“Si è trattato di un tragico e fatale errore dei nostri alleati americani, riconosciuto dal presidente Obama, ma la responsabilità della morte di Lo Porto e di un secondo ostaggio, lo statunitense Warren Weinstein, è integralmente dei terroristi, contro i quali confermiamo l’impegno dell’Italia”, il liquidatorio commento del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Nessuna colpa dunque per gli agenti Cia che hanno ordinato l’attacco, nessuna responsabilità politica per chi, a Washington - violando il diritto internazionale - ha promosso e legittimato l’uso dei droni, in un’escalation infernale verso la totale disumanizzazione dei conflitti. Leggi tutto...
Laura: «Sai a che punto mi hanno portato questo governo, l’invasione e lo schifo di gente che arriva? Che quando sento notizie come 700 morti penso: meno male, 700 delinquenti parassiti in meno. Esasperazione ai limiti». E Diego: «Stiamo a pensare a 700 migranti che affogano in mare quando ci sono 50 milioni di italiani che affogano nella merda. Coglioni!». Chiosa Salvatore: «Sempre troppo pochi, spiace dirlo, ma si stessero in Africa a coltivarsi la terra così evitano di crepare annegati, ed evitassero di sfornare a livello industriale tutti ’sti marmocchi a cui non sono in grado di dare un tozzo di pane! Questa gente invece non vuole cambiare le brutte abitudini di vita. Noi con Salvini».
Egr. Dott. Cantone, anche se so già che non leggerà mai questa modesta missiva, mi scusi se uso un tono forse poco consono al suo alto ruolo istituzionale, ma deve capite che chi Le scrive è certamente uno dei curiosi esemplari della "minoranza sostanziosa" che, dolorosamente e non per un comodo e autoassolutorio qualunquismo, ha tirato i remi in barca e ha deciso di ritirare la fiducia a questa classe dirigente italiana – imprenditoriale, finanziaria, politica e amministrativa – che dimostra quotidianamente tutta la sua incompetenza, il suo sprezzo per le normali regole del vivere civile, la sua indole corrotta e la sua arroganza vanagloriosa. Ostinatamente vogliamo rifiutare le comode etichette: non siamo nè probi nè disonesti, nè eroi nè codardi... Forse nel nostro intimo ci illudiamo ancora di poter essere veramente cittadini - titolari di diritti e di doveri – e crediamo che un'autentica società civile possa maturare solamente con un contributo attivo che possa servire anche ad istituzioni realmente sane e sufficientemente "democratiche".
I mass media hanno preso a parlare di “buona scuola”
riguardo ai progetti di cambiamento che il governo in carica sta progettando
attraverso un Disegno di Legge. Ma a nostro avviso dovrebbero parlare di
“cattiva scuola”, perché questi cambiamenti non presagiscono niente di buono, e
l’intenzione sembra essere tutt’altro che positiva. Lo fanno capire diverse
idee già espresse dallo stesso Renzi.
Spieghiamo di cosa stiamo parlando: si vorrebbero
introdurre cambiamenti involutivi nella scuola, ad esempio, il governo ha
parlato di “chiamata in diretta” dei docenti da parte del dirigente scolastico,
senza rispettare i punteggi e quindi le graduatorie di merito. Questo sa molto
di “precedenza al raccomandato” o del tentativo di estromettere qualche
insegnante che ancora si prende il lusso di pensare con la sua testa.
Inoltre, l’altra idea del governo è quella di dare
“un rimborso per le spese di carattere culturale”, rimborso che potrebbe essere
per un massimo di 500 euro all’anno. Questa idea serve ad eliminare l’altra
idea a nostro avviso fondamentale: che ogni insegnante debba guadagnare uno
stipendio aggiornato ai costi reali dell’esistenza.
Il “Patto Mattarella” svela il piatto forte del Patto del Nazareno: Berlusconi
non ha voluto votare l’uomo del Colle per poter poi rivendicare il
diritto di nomina dei due giudici costituzionali mancanti. Obiettivo:
utilizzare la Consulta per neutralizzare la retroattività della legge
Severino che esclude i condannati, e quindi ridiventare eleggibile e
tornare in Parlamento.
Lo sostiene Olinda Moro, rileggendo le tappe fondamentali della
“resistenza” del Cavaliere contro la magistratura e il recente accordo
sotterraneo con Renzi, fino alla scelta di «un nome secco, quello di
Mattarella, votato da tutti e non concordato con nessuno, neanche con il
proprio partito». Salendo al Quirinale, Mattarella lascia libera la
poltrona di giudice costituzionale. Se fino a ieri alla Corte mancava un
magistrato, ora i nuovi giudici da eleggere sono dunque due, entrambi
di nomina parlamentare. Già così, la Consulta potrebbe non essere
anti-Cavaliere, grazie ai giudici nominati da Napolitano. Se poi fosse
proprio Berlusconi a proporre i due nomi mancanti, per la legge Severino i giorni potrebbero essere contati. Ecco dunque il “Patto Mattarella”?
Era lecito domandarsi a che servisse togliere la tutela dell’articolo
18 a tutti i nuovi assunti, quando non si creano nuovi posti di lavoro
e la disoccupazione aumenta. Il decreto natalizio del governo Renzi
supera questa contraddizione. Senza che se ne fosse minimamente
accennato nella discussione parlamentare sulla legge delega, il testo
sfrutta al massimo l’incostituzionale mandato in bianco imposto col voto
di fiducia e estende la franchigia anche al mancato rispetto delle
regole sui licenziamenti collettivi. La legge 223 infatti, recependo
principi e regole in vigore in tutti i paesi industriali più avanzati e
sostenute con forza da tutte le organizzazioni internazionali, Onu in
testa, da oltre venti anni disciplina i licenziamenti collettivi per crisi, stabilendo criteri e regole nel loro esercizio. Ad esempio essa applica un concetto principe del diritto del lavoro degli Usa,
la “seniority list”.
“Un anno fa tutto il dibattito ruotava attorno all’austerità e ora… pure.”
Si sta concludendo il semestre europeo di presidenza italiana ed è
periodo di bilanci. Un semestre che dalle premesse avrebbe dovuto
“cambiare il verso” di Bruxelles e che come sempre, Hollande docet, non
ha scalfito nulla dei dikat di Angela Merkel e Wolfgang Schauble. Se
fosse, del resto, esistita tra i paesi membri della zona euro la volontà
di affrontare con solidarietà la crisi, questa, banalmente, non ci
sarebbe stata, perché la Germania avrebbe alzato i salari, rilanciando
la domanda interna dei paesi dell’Europa del sud; perché Draghi avrebbe
detto le tre parole magiche da subito e non dopo aver facilitato il
cambio di regime in diversi paesi; e perché la triade del male, Berlino
Francoforte e Bruxelles, avrebbe salvato un paese, la Grecia, che
rappresentava un’inezia del Pil europeo, mentre hanno deciso di raderla
al suolo al punto che oggi tre cittadini su cinque nel paese hanno
varcato la soglia di povertà.
Al di fuori della comunicazione ufficiale, molti commentatori hanno
opportunamente notato che le dichiarazioni di Matteo Renzi sul prossimo abbandono dello scontrino fiscale
in nome della mitica "tracciabilità", hanno come vero obiettivo
l'eliminazione del contante per adottare il denaro elettronico,
altrimenti detto, all'anglosassone, "denaro digitale". Una parte
consistente della stampa di corte è andata immediatamente in appoggio
delle dichiarazioni depistanti di Renzi, prospettando un quadro
catastrofico dell'evasione fiscale che sarebbe favorita dallo scontrino.
Per rendere credibili dei dati di dubbia consistenza, si è collocata
alla testa della classifica dell'evasione la solita Napoli. Ancora una
volta il razzismo antimeridionale è stato usato dalla propaganda
ufficiale come veicolante per altre mistificazioni.
Ma per veicolare la propaganda a favore del denaro elettronico, ci si è
serviti anche di un tema come la lotta all'evasione fiscale, ritenuta un
cavallo di battaglia della "sinistra". In realtà l'utopia della
giustizia fiscale consiste solo nella proiezione di un fantasma
vittimistico della destra, che descrive i ricchi sempre sotto la
minaccia di un presunto "esproprio proletario".
Nei momenti di tensione salgono dall’animo parole che non si possono
trattenere. Non ci è riuscito neanche un attore consumato come Matteo
Renzi. Per reagire al dispetto provato per i ritardi del Senato
nell’approvazione del suo Jobs Act, il presidente del consiglio ha
dichiarato: «Abbiamo aspettato 20, 30, 40 anni per le riforme, non
cambierà con qualche ora in più». Successivamente una velina del suo
ufficio stampa ai massmedia di regime li ha indotti a correggere la
frase, per cui molti commentatori hanno l’hanno poi riportata fermandosi
a venti anni, ma Renzi era arrivato a quraranta. Dunque nel profondo
del suo animo il presidente del Consiglio pensa che l’articolo 18 e lo
statuto dei diritti
dei lavoratori avrebbero dovuto essere aboliti già nel 1974. In
quell’anno il no al referendum sull’abrogazione del divorzio aveva
travolto la Dc di Amintore Fanfani. La strage fascista di piazza della Loggia a Brescia aveva ricevuto una risposta popolare enorme che aveva messo in crisi i disegni autoritari di settori degli apparati dello Stato e della eversione nera. Nelle scuole entravano i metalmeccanici che avevano
da poco conquistato il diritto a studiare con permessi di 150 ore.