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24 marzo 2020
Da cittadini a untori, e infine noi stessi virus!
Paolo Becchi, intervenuto a #Byoblu24, teme il graduale scivolamento verso una dittatura, con il nostro stesso consenso. Secondo il filosofo del diritto stiamo perdendo tutte le nostre libertà, giorno dopo giorno. La legge va rispettata, ma va rispettato anche il diritto di critica: mai come oggi qualunque opinione dissenziente viene diffidata e mette a rischio chi la esprime e chi ne permette la diffusione. Ed è paradossale, perché perfino tra gli scienziati non vi è consenso unanime su quanto sta succedendo, specialmente in Lombardia.
22 marzo 2020
VOGLIONO CHIUDERE LA RETE?
L'AgCom ha diramato un comunicato stampa in base al quale chiede ai social network come Youtube, Facebook e Twitter di rimuovere i video con informazioni false o anche solo "non corrette", o non diffuse da fonti scientifiche accreditate. Chiede anche che gli autori responsabili di questi video vengano individuati e segnalati. Segnalati a chi, esattamente? E dove si trova la linea di demarcazione tra vero e falso? Chi dovrebbe accertarne il superamento? Quali sarebbero le fonti scientifiche accreditate, specialmente su una questione di cui si sa ancora poco e si brancola nel buio?
6 febbraio 2020
Scandalo Rai: A Sanremo si censura Roger Waters
Un’altra telefonata da Gerusalemme? Si direbbe di sì a giudicare dal nuovo scandalo RAI, che rischia di far passare al secondo posto la sbalorditiva censura sulla intervista ad Assad.
Ci riferiamo alla estromissione dal Festival di Sanremo del videomessaggio di Roger Waters, storico membro dei Pink Floyd e, certamente, il più celebre cantante rock del mondo, ma “colpevole” di essere in prima fila contro la pulizia etnica in Palestina. Contributo annunciato da Amadeus come “un regalo al Festival” ma che, annullato per imprecisati “motivi di scaletta”, forse (al pari dell’intervista ad Assad) sarà relegato su qualche introvabile link su RaiPlay.
Ci riferiamo alla estromissione dal Festival di Sanremo del videomessaggio di Roger Waters, storico membro dei Pink Floyd e, certamente, il più celebre cantante rock del mondo, ma “colpevole” di essere in prima fila contro la pulizia etnica in Palestina. Contributo annunciato da Amadeus come “un regalo al Festival” ma che, annullato per imprecisati “motivi di scaletta”, forse (al pari dell’intervista ad Assad) sarà relegato su qualche introvabile link su RaiPlay.
22 dicembre 2019
Julian Assange: Quello che sappiamo
Sappiamo che: Julian Assange è un cittadino australiano. La casa editrice da lui co-fondata (Sunshine Press) ha sede in Islanda e il loro sito di Wikileaks è ospitato... eh... da qualche parte.
Sappiamo che Assange non ha violato alcuna legge in nessuna giurisdizione in cui si trovava. Neanche una. Non l'ha mai fatto. Sappiamo che non è mai stato accusato di stupro in Svezia (se pensate che sia stato accusato di stupro in Svezia, consultate la vostra fonte d'informazione preferita). Quindi sappiamo che la lunga "indagine preliminare" di un procuratore svedese non è mai stata altro che un'operazione per far cadere la preda Assange nella trappola degli Stati Uniti.
Sappiamo che Assange non ha violato alcuna legge in nessuna giurisdizione in cui si trovava. Neanche una. Non l'ha mai fatto. Sappiamo che non è mai stato accusato di stupro in Svezia (se pensate che sia stato accusato di stupro in Svezia, consultate la vostra fonte d'informazione preferita). Quindi sappiamo che la lunga "indagine preliminare" di un procuratore svedese non è mai stata altro che un'operazione per far cadere la preda Assange nella trappola degli Stati Uniti.
1 novembre 2019
Antisemitismo
Fossi stato un senatore ieri mi sarei astenuto (in senato l'astensione equivale a voto contrario) sul disegno di legge che istituisce la "commissione contro razzismo e antisemitismo".
La ragione è presto detta. In nome della sacrosanta battaglia contro razzismo e antisemitismo, questo disegno istituisce un organismo orwelliano in stile "Grande fratello" preposto al "controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo e antisemitismo", tenuto quindi "alla raccolta dei dati e la loro periodica pubblicazione".
Un atto simbolico e politico gravissimo poiché di null'altro si tratta se non di un organismo preposto a spiare i cittadini e poi a suggerire la censura, con quindi la facoltà di suggerire sanzioni penali.
La ragione è presto detta. In nome della sacrosanta battaglia contro razzismo e antisemitismo, questo disegno istituisce un organismo orwelliano in stile "Grande fratello" preposto al "controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo e antisemitismo", tenuto quindi "alla raccolta dei dati e la loro periodica pubblicazione".
Un atto simbolico e politico gravissimo poiché di null'altro si tratta se non di un organismo preposto a spiare i cittadini e poi a suggerire la censura, con quindi la facoltà di suggerire sanzioni penali.
4 settembre 2019
Si stringe il bavaglio globale sull’informazione
Un articolo dell’autorevole settimanale inglese The Economist passa in rassegna a 360 gradi le molteplici minacce alla libertà di informazione e di parola, che aumentano in tutto il mondo. Se nei paesi non liberi il pericolo viene dai governi che perseguitano i giornalisti indipendenti e i dissidenti, nelle democrazie mature è il culto del politically correct e la difesa sempre più violenta delle minoranze deboli – o presunte tali – che si sta trasformando in una minaccia per chiunque osi esprimere opinioni non allineate. Tra i possibili strumenti per imbavagliare la libertà di parola è citato anche il diffondersi delle leggi contro l’hate speech, fenomeno difficile da valutare oggettivamente, che rischiano di trasformare qualsiasi critica in un reato perseguibile penalmente.
Sia negli stati democratici sia in quelli autoritari alzare la voce diventa sempre più difficile
Il 22 giugno in Etiopia si è verificato un presunto tentativo di colpo di stato. Il capo del personale dell’esercito è stato ucciso, così come il presidente dell’ Amhara, una delle nove regioni del paese. I cittadini comuni in Etiopia cercavano disperatamente di capire che cosa stesse succedendo. E poi il governo ha sospeso Internet. A mezzanotte, circa il 98% dell’Etiopia era offline.
Sia negli stati democratici sia in quelli autoritari alzare la voce diventa sempre più difficile
Il 22 giugno in Etiopia si è verificato un presunto tentativo di colpo di stato. Il capo del personale dell’esercito è stato ucciso, così come il presidente dell’ Amhara, una delle nove regioni del paese. I cittadini comuni in Etiopia cercavano disperatamente di capire che cosa stesse succedendo. E poi il governo ha sospeso Internet. A mezzanotte, circa il 98% dell’Etiopia era offline.
27 luglio 2019
20 maggio 2019
Privacy: Dal Pre-Crimine di Minority Report alla società del controllo orwelliana, quando la realtà supera la fantasia
Non si può scappare, non ci si può nascondere: la tecnologia di riconoscimento facciale sta avanzando ad un ritmo sempre più veloce, sta diventando sempre più diffusa e precisa, e stiamo entrando nella fase del non ritorno.
Secondo i ricercatori di Georgetown le agenzie di Chicago e Detroit hanno acquistato sistemi di riconoscimento facciale. Nel frattempo, a San Francisco, un'attesa legge sulla privacy è stata approvata. Nel Regno Unito un uomo non identificato è stato arrestato per aver nascosto il suo volto dalla tecnologia di riconoscimento facciale ed è stato multato con ammenda di 90 sterline per comportamento insano e disordinato.
Secondo i ricercatori di Georgetown le agenzie di Chicago e Detroit hanno acquistato sistemi di riconoscimento facciale. Nel frattempo, a San Francisco, un'attesa legge sulla privacy è stata approvata. Nel Regno Unito un uomo non identificato è stato arrestato per aver nascosto il suo volto dalla tecnologia di riconoscimento facciale ed è stato multato con ammenda di 90 sterline per comportamento insano e disordinato.
27 aprile 2019
Wikileaks: "Le autorità statunitensi vogliono accusare Assange di spionaggio", ovvero pena di morte
L'11 aprile, l'Ecuador ha ritirato l'asilo diplomatico ed espulso Julian Assange dalla sua ambasciata a Londra, dopo di che è stato arrestato dalla polizia britannica e imprigionato nel carcere di Belmarsh.
"Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sta cercando di costruire un'accusa contro Julian Assange basata sull'accusa di spionaggio, le condanne per spionaggio possono essere punite con la morte", ha denunciato oggi WikiLeaks attraverso il suo account Twitter.
13 aprile 2019
Così l’Unione Europea ha soffocato la libertà di Internet
Addio link facili, fine della libertà di circolazione dei contenuti sul web. Il Parlamento Ue ha infatti approvato la direttiva europea sul copyright. Con 348 voti a favore e 274 contrari, gli articoli 11 e 13 sono diventati realtà. «Non vi è stata nemmeno la possibilità di votare per gli emendamenti che avrebbero proposto la rimozione dei singoli articoli – possibilità persa per soli 5 voti contrari», scrive Riccardo Coluccini su “Motherboad”.
Gli sforzi dei cittadini, degli attivisti e degli esperti di Internet – culminati con la pubblicazione di una lettera contraria agli articoli 11 e 13, firmata dagli accademici di tutta Europa che si occupano di diritto informatico e proprietà intellettuale – non sono bastati a convincere la maggioranza degli europarlamentari a votare contro una direttiva «che introduce una macchina della censura preventiva, che dovrà filtrare ogni contenuto caricato online».
Gli sforzi dei cittadini, degli attivisti e degli esperti di Internet – culminati con la pubblicazione di una lettera contraria agli articoli 11 e 13, firmata dagli accademici di tutta Europa che si occupano di diritto informatico e proprietà intellettuale – non sono bastati a convincere la maggioranza degli europarlamentari a votare contro una direttiva «che introduce una macchina della censura preventiva, che dovrà filtrare ogni contenuto caricato online».
4 aprile 2019
L'U€ sopravviverà alla sua stessa censura?
Secondo Tom Luongo, l’approvazione della Direttiva sul diritto d’autore (con il solito metodo-Juncker) è l’estremo e futile tentativo di un’oligarchia di eurocrati di controllare l’informazione attraverso la cooptazione delle maggiori piattaforme digitali. In particolare la link-tax e il filtro di upload, oltre ad essere normative liberticide, finiranno per essere del tutto inadeguate allo scopo di bloccare le informazioni non allineate al mainstream.
La nuova, pervasiva, Direttiva UE sul diritto di autore è stata approvata dal Parlamento europeo, garantendo che il modo in cui usiamo internet cambierà in futuro.
E non in meglio.
La nuova, pervasiva, Direttiva UE sul diritto di autore è stata approvata dal Parlamento europeo, garantendo che il modo in cui usiamo internet cambierà in futuro.
E non in meglio.
Le parti controverse sono l’articolo 11 e 13: la “link tax” e il “filtro di upload”. Per avere un’idea di quanto siano terribili queste nuove regole, potete guardare un po’ ovunque su internet, soprattutto quest’articolo di Gizmodo (che spero non mi addebiti la link tax per aver messo questo link!).
20 marzo 2019
Censura e arresti a seguito dell’attacco di Christchurch
Dalla piattaforma alternativa off-Guardian pubblichiamo un articolo che mostra l’immancabile reazione orwelliana dei governi agli attacchi terroristici: deriva autoritaria con limitazione delle libertà individuali. I governi approfittano di queste crisi per rendere illegali la diffusione o persino il possesso di video ritenuti “sconvenienti”, così come la pubblicazione di testi ritenuti “riprovevoli”. La censura colpisce sempre gli individui e le voci alternative – mai i giganti mainstream, neanche quando questi hanno diffuso i contenuti incriminati. Le grandi piattaforme si schierano velocemente dalla parte del potente di turno, e continuano ad agire indisturbate.
Non importa quale sia l’origine della violenza, non importa quali ne siano le motivazioni, le vittime o il luogo, sembra che la reazione dei governi al “terrorismo” sia praticamente sempre la stessa – restringere con forza i diritti individuali.
Non importa quale sia l’origine della violenza, non importa quali ne siano le motivazioni, le vittime o il luogo, sembra che la reazione dei governi al “terrorismo” sia praticamente sempre la stessa – restringere con forza i diritti individuali.
26 giugno 2018
Salviamo Internet dalla direttiva del Copyright UE
La Commissione Affari Legali del Parlamento europeo, su proposta dell’immancabile commissario tedesco Oettinger, ha dato il primo via libera alla legge sul Copyright, che di fatto, se verrà approvata anche in Aula, permetterà di introdurre misure censorie mai viste prima. Ci stanno provando in tutti i modi da tempo, negli Stati Uniti e, soprattutto, in Europa.
Se viene approvata questa legge sarà la fine di Internet come la conosciamo ora (Libera!). Lo scopo è di suscitare una sollevazione della Rete e siccome le grandi testate stanno , ovviamente, ignorando la notizia, l’unica possibilità è di innescare un passaparola che induca decine di migliaia di cittadini a firmare questa petizione.
Se viene approvata questa legge sarà la fine di Internet come la conosciamo ora (Libera!). Lo scopo è di suscitare una sollevazione della Rete e siccome le grandi testate stanno , ovviamente, ignorando la notizia, l’unica possibilità è di innescare un passaparola che induca decine di migliaia di cittadini a firmare questa petizione.
22 giugno 2018
Israele: non smetteremo di filmare, non smetteremo di scrivere
La Knesset potrebbe agire non solo contro la stampa, ma anche contro i gruppi per i diritti umani e i Palestinesi, gli ultimi testimoni dell'accusa contro l'occupazione.
Le organizzazioni per i diritti umani faranno la stessa cosa e, come loro, speriamo, i testimoni palestinesi, che saranno ovviamente puniti più di chiunque altro. Secondo la legge approvata domenica dalla commissione ministeriale per la legislazione [ma con alcune richieste di modifica della formulazione], le persone che documentano le azioni dei soldati delle forze di difesa israeliane nella Cisgiordania possono essere incarcerate fino a cinque anni in determinate circostanze.
26 gennaio 2018
Gli italiani ora possono riportare le fake news alla polizia: ecco perché è un problema
Nel tentativo di affrontare le fake news prima delle elezioni di quest’anno, il governo italiano ha creato un portale online in cui le persone possono segnalare bufale.
Il portale, annunciato giovedì dal Ministro dell’Interno Marco Minniti, invita gli utenti a fornire il loro indirizzo email, un link alla disinformazione che stanno segnalando e qualsiasi social network su cui abbiano trovato la notizia. Quindi le segnalazioni vengono trasferite alla Polizia Postale, un’unità della polizia di stato che indaga sul crimine informatico, che le controllerà e – se le leggi sono state infrante – procederà per via legale. Nei casi in cui nessuna legge fosse infranta, il servizio si avvarrà comunque di fonti ufficiali per negare le informazioni false o fuorvianti.
22 dicembre 2017
Neutralità della rete: quale il futuro?
La Commissione Federale sulla Comunicazioni (FCC) [statunitense] ha votato per revocare la neutralità della rete, nonostante un prevalente sostegno del pubblico alla disciplina che prescrive che i fornitori di servizi internet come Verizon e Comcast distribuiscano l’accesso alla rete equamente e in modo uguale a tutti, indipendentemente da quanto pagano o da dove si trovino. Nonostante richieste dell’ultimo minuto di rimandare il voto del 14 dicembre da parte di alcuni membri repubblicani del Congresso la votazione ha avuto luogo come previsto grazie al sostegno di una lista molto più lunga di Repubblicani a favore della revoca e che avevano sollecitato che la votazione si tenesse senza ritardi. Come era previsto largamente da mesi il voto è stato diviso su tre contro due secondo le linee di partito, con il presidente della FCC Ajit Pai e gli altri membri Repubblicani Michael O’Rielly e Brendan Carr che hanno votato per la revoca e i membri della commissione Democratici Mignon Clyburn e Jessica Rosenworcel che hanno votato per proteggere la disciplina.
Creare l’internet del ventunesimo secolo
Ajit Pai, l’ex legale di Verizon che è presidente della FCC, si è spinto troppo in là giovedì scorso nel minare internet quando ha guidato lo smantellamento delle norme sulla neutralità della rete. In conseguenza ha fornito l’energia necessaria per proteggere i diritti relativi alla rete. E’ tempo di mosse da judo, dove l’energia creata dall’esagerazione della FCC è trasformata in un’energia non solo per invertire la decisione della FCC ma anche per creare l’internet di cui abbiamo bisogno nel ventunesimo secolo.
Nel corso degli ultimissimi mesi sono emersi un’epica mobilitazione di massa a sostegno della neutralità della rete e un consenso nazionale con un sondaggio dell’Università del Maryland che ha rilevato l’83 per cento di sostegno a che internet sia aperta e uguale per tutti. C’è stato un numero record di commenti alla FCC su questo tema nel corso dell’estate. Più di 1,2 milioni di chiamate e 12,5 milioni di email sono state dirette al Congresso attraverso il sito della coalizione Battle for the Net e il 7 dicembre sono state tenute più di 700 proteste in tutto il paese a difesa della neutralità della rete. Internet è importante per tutti noi e i politici che non si schierano con la gente pagheranno un pesante prezzo politico.
6 dicembre 2017
"Fake News" o "Fake Democracy"?
«Non è un caso, è un metodo. Con un pretesto, le “fake news”, e uno scopo finale: mettere a tacere le voci davvero libere». Marcello Foa avverte: stanno ingabbiando la libertà sul web. Negli Usa, dopo la vittoria di Trump, è partita una massiccia campagna «ispirata dagli ambienti legati al partito democratico con l’entusiastico consenso di quello repubblicano», consapevoli che la prima, grande e inaspettata sconfitta dell’establishment «non sarebbe avvenuta senza la spinta decisiva dell’informazione non mainstream». A seguire, un coro: la Germania in primis, ma anche la Gran Bretagna del post-Brexit e, ovviamente, l’Italia del post-referendum. «Sia chiaro: il problema delle “fake news” esiste, soprattutto quando a diffonderle sono società o singoli a fini di lucro», o quando le false notizie vengono usate dagli “haters”, gli odiatori, «ovviamente senza mai esporsi in prima persona». E’ un fatto: «Bisogna avere il coraggio di mettere la faccia», l’anonimato non è democrazia. Ma le proposte finora avanzate, tutte su iniziativa del Pd, tendono invece a delegare il giudizio a organismi extragiudiziali, talvolta anche extraterritoriali, con «l’intenzione di colpire arbitrariamente le parole e dunque, facilmente, anche le idee».
19 novembre 2017
L’assalto alle “fake news” è un attacco ai media alternativi
Sono giorni difficili in cui essere un giornalista serio. Fai il resoconto di una storia oggi, con i tuoi fatti graziosamente messi in fila, e probabilmente te la ritroverai etichettata come “notizia falsa” da qualunque persona alla quale tu abbia incornato le proprie bufale – e anche dagli amici che non condividono la tua prospettiva politica. Per buona misura, diranno che ti sei basato su “fatti alternativi”.
Gli storici dicono che il termine “fake news” risale all’epoca della “stampa scandalistica” del tardo 19° secolo, ma il termine è decollato nel 2016, poco più di un anno fa, durante la corsa presidenziale di Donald Trump. Il termine è stato usato per descrivere cose differenti, dai media “privi di fatti” pro-Trump a storie sensazionalistiche e in gran parte false, il cui unico obiettivo era catturare attenzione e soldi. Durante la stagione delle primarie, lo stesso Trump ha iniziato a etichettare tutte le storie dei media mainstream su di lui come “notizie false”. Anche se l’idea che ci potrebbero essere diverse verità risale almeno all’amministrazione del presidente George W. Bush, quando il consigliere Karl Rove affermò che l’amministrazione “crea la propria” realtà, ha guadagnato terreno quando il consigliere di Trump Kellyanne Conway, beccata a inventarsi cose in un’intervista televisiva, ha affermato di affidarsi a “fatti alternativi”.
Gli storici dicono che il termine “fake news” risale all’epoca della “stampa scandalistica” del tardo 19° secolo, ma il termine è decollato nel 2016, poco più di un anno fa, durante la corsa presidenziale di Donald Trump. Il termine è stato usato per descrivere cose differenti, dai media “privi di fatti” pro-Trump a storie sensazionalistiche e in gran parte false, il cui unico obiettivo era catturare attenzione e soldi. Durante la stagione delle primarie, lo stesso Trump ha iniziato a etichettare tutte le storie dei media mainstream su di lui come “notizie false”. Anche se l’idea che ci potrebbero essere diverse verità risale almeno all’amministrazione del presidente George W. Bush, quando il consigliere Karl Rove affermò che l’amministrazione “crea la propria” realtà, ha guadagnato terreno quando il consigliere di Trump Kellyanne Conway, beccata a inventarsi cose in un’intervista televisiva, ha affermato di affidarsi a “fatti alternativi”.
8 ottobre 2017
Gentiloni sta per imporre la censura sul web
Il Fatto Quotidiano ne ha scritto stamane e con notevole chiarezza a firma di Fulvio Sarzana. E merita di essere ripreso e rilanciato. Anzi, urlato. Da mesi diversi opinionisti, tra cui il sottoscritto, denunciano la tendenza da parte dei governi impongano la censura sul web. Ebbene, zitto, zitto, colui che si presenta come un rassicurante moderato, e che ha l’aspetto di un cagnolone innocuo, sta facendo approvare una delle leggi più liberticide della storia politica italiana.
Sì, avete capito a chi mi riferisco: al premier Paolo Gentiloni, che ha scelto la forma del disegno di legge per far approvare un provvedimento senza un appropriato dibattito parlamentare e senza possibilità di introdurre modifiche, perché quel testo, come spiega il Fatto, andrà votato a scatola chiusa.
La scusa? Ma sì la conoscete già, è un grande classico: ce lo chiede l’Europa! Ma con uno zelo che non ha precedenti nell’Unione europea.
Sì, avete capito a chi mi riferisco: al premier Paolo Gentiloni, che ha scelto la forma del disegno di legge per far approvare un provvedimento senza un appropriato dibattito parlamentare e senza possibilità di introdurre modifiche, perché quel testo, come spiega il Fatto, andrà votato a scatola chiusa.
La scusa? Ma sì la conoscete già, è un grande classico: ce lo chiede l’Europa! Ma con uno zelo che non ha precedenti nell’Unione europea.
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