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30 marzo 2018
Ex parlamentare tedesco: "Bruxelles, Parigi e Berlino, vogliono sbarazzarsi degli stati nazionali dell’UE"
Nell’UE sta guadagnando terreno l’idea che nelle decisioni di politica estera non dovrebbe essere necessario il sostegno unanime degli stati membri. Il fine del progetto è quello di sbarazzarsi [della volontà] degli stati nazionali, ha detto un ex diplomatico tedesco a RT.
Il concetto che almeno alcune delle decisioni di politica estera possano essere prese dall’UE senza l’approvazione unanime da parte degli stati membri è stato recentemente presentato dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker che ha suggerito questo cambiamento il mese scorso durante la Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Anche alcuni dirigenti tedeschi hanno parlato a favore (1) della riforma proposta.
In particolare, il ministro di Stato per l’Europa Michael Roth ha detto a Der Spiegel che proprio il principio dell’unanimità ha esposto l’Unione a un’influenza straniera maligna. Juergen Hardt, un parlamentare ed esperto di politica estera, ha suggerito alla rivista che il passaggio a una maggioranza semplice avrebbe “incrementato la capacità di azione dell’UE”.
25 gennaio 2018
Macron: "Se ci fosse un Referendum per l'uscita dall'€uro, la Francia direbbe SI!"
In un’intervista shock, Macron ammette che la Francia voterebbe per l’uscita dalla UE, se si tenesse un referendum
In un’intervista alla BBC commentata da Zero Hedge, Macron afferma a sorpresa che un equivalente francese della Brexit avrebbe “probabilmente” condotto allo stesso esito: l’uscita dalla UE. La dichiarazione del leader francese suona particolarmente insolita in un momento in cui gli alfieri dell’establishment cercano di rassicurare che c’è “ripresa” e che i “populisti” sono in ritirata. Ma suona insolita anche per la spiegazione esatta e puntuale del problema: l’ipotetico voto per l’uscita dalla UE sarebbe l’espressione delle classi medie e delle classi lavoratrici che si oppongono a una globalizzazione fatta contro di loro.
Quando lo scorso anno Marine Le Pen perse le elezioni presidenziali francesi, ed Emmanuel Macron vinse con ciò che sembrò una valanga di voti, l’establishment tirò un sospiro di sollievo, non solo perché la celebre euroscettica populista era stata battuta, ma anche perché sembrò che il vento fosse cambiato.
In un’intervista alla BBC commentata da Zero Hedge, Macron afferma a sorpresa che un equivalente francese della Brexit avrebbe “probabilmente” condotto allo stesso esito: l’uscita dalla UE. La dichiarazione del leader francese suona particolarmente insolita in un momento in cui gli alfieri dell’establishment cercano di rassicurare che c’è “ripresa” e che i “populisti” sono in ritirata. Ma suona insolita anche per la spiegazione esatta e puntuale del problema: l’ipotetico voto per l’uscita dalla UE sarebbe l’espressione delle classi medie e delle classi lavoratrici che si oppongono a una globalizzazione fatta contro di loro.
Quando lo scorso anno Marine Le Pen perse le elezioni presidenziali francesi, ed Emmanuel Macron vinse con ciò che sembrò una valanga di voti, l’establishment tirò un sospiro di sollievo, non solo perché la celebre euroscettica populista era stata battuta, ma anche perché sembrò che il vento fosse cambiato.
2 gennaio 2018
La nazionalizzazione dell’Europa centrale e la rinascita dell’Intermarium
Si inasprisce lo scontro politico tra la Polonia e l’Unione Europea: con una decisione senza precedenti, Bruxelles ha avviato la procedura per sospendere i diritti di voto di Varsavia, rea di una riforma delle giustizia che subordinerebbe il potere giudiziario a quello politico. Parallela al braccio di ferro tutto continentale, si sviluppa la grande sintonia tra la Polonia e le potenze marittime: dopo l’accoglienza in pompa magna di Donald Trump della scorsa estate, è toccato a Theresa May volare a Varsavia dove, ignorando le critiche della UE, ha siglato un trattato di difesa comune. A Washington e Londra si ragiona ormai in ottica post-UE: la priorità è la formazione di un blocco nazionalista che separi la Russia dalla Germania. L’iniziativa “Tre mari” è la semplice riproposizione dell’Intermarium del maresciallo Jozef Piłsudski.
Una cortina nazionalista tra l’Europa Occidentale e la Russia
Il Ministero della Difesa tedesco ha recentemente contemplato, redigendo la linee strategiche al 2040, la possibilità che l’Unione Europea imploda1, scombinando l’attuale geopolitica del Continente e spingendo alcuni Paesi ad uscire dal blocco atlantico (UE/NATO) per aderire a quello russo: lo scenario non è soltanto più concreto che mai, ma anche, a giudicare dalle dinamiche europee, molto vicino alla realizzazione.
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29 settembre 2017
“Lo Stato nazionale è superato”: perché Bruxelles tifa per la secessione della Catalogna
Si accende in Spagna lo scontro tra Madrid e Barcellona: la Guardia Civil ha arrestato una quindicina di esponenti politici e sequestrato milioni di schede relative al referendum sulla secessione della Catalogna, già proibito lo scorso febbraio dalla Corte Costituzionale. La consultazione costituisce un vero e proprio attacco all’integrità della Spagna. Le autorità di Bruxelles, possibiliste sull’indipendenza della Catalogna, al momento tacciono, ma già si alzano dalla stampa critiche per la deriva “autoritaria” del premier Mariano Rajoy. La secessione di Barcellona si inserisce nel più ampio disegno degli Stati Uniti d’Europa, dove gli Stati nazionali dovrebbe essere sostituiti da un governo federale in alto, e dalla macroregioni in basso.
Secessione della Catalogna: “il Manifesto per una rivoluzione unitaria dell’Europa” diventa realtà
Gli sforzi dell’establishment euro-atlantico per riplasmare il Vecchio Continente procedono su più linee: dall’economia alla società, dalla demografia all’integrità degli Stati nazionali. In ambito economico, abbiamo assistito all’imposizione coatta delle “riforme strutturali” di stampo neo-liberista e alla somministrazione di quell’austerità che ha portato al lastrico l’intera Europa meridionale.
9 agosto 2017
L’Ungheria non è una dittatura
Il paese sta scivolando verso una tirannia? Secondo i media sì.
L’Ungheria è “tenuta ostaggio”” dal “tiranno” Orban, che sta facendo tornare il proprio paese al “totalitarismo”, scrive The New Statesman. L’International Business Times è preoccupato del “sinistro percorso ungherese verso la dittatura“. L’UE si sforza di contenere il “dittatore” , dice il Sydney Morning Herald. Orban è il “nemico ” in Europa, avverte il Financial Times. È il “nuovo dittatore europeor“, dice Politico.
L’Ungheria è “tenuta ostaggio”” dal “tiranno” Orban, che sta facendo tornare il proprio paese al “totalitarismo”, scrive The New Statesman. L’International Business Times è preoccupato del “sinistro percorso ungherese verso la dittatura“. L’UE si sforza di contenere il “dittatore” , dice il Sydney Morning Herald. Orban è il “nemico ” in Europa, avverte il Financial Times. È il “nuovo dittatore europeor“, dice Politico.
Questi titoli sono un’esagerazione totale. Certo, il governo non è perfetto, ma questa è una macchina del fango. Bruxelles ama fingere di promuovere la democrazia nei 28 Stati membri: quando tuttavia Orban inizia ad attuare politiche a lei sgradite (ma gradite agli ungheresi), il presidente viene sùbito attaccato. Vediamo degli esempi.
3 luglio 2017
La crisi bancaria italiana è frutto delle politiche dell’Unione €uropea
L’infinita crisi bancaria italiana è tornata alla ribalta. Il piano di emergenza per salvare due banche venete per un costo complessivo di 17 miliardi di euro è un fiasco di prim’ordine. Gli italiani hanno lasciato che la crisi si incancrenisse, ma la causa sottostante è il regime insostenibile imposto dalle stesse autorità UE.
Se Bruxelles e Francoforte avessero permesso all’Italia di nazionalizzare Veneto Banca e la Banca Popolare di Vicenza con condizioni flessibili due anni fa, la crisi sarebbe stata ricomposta con meno danni all’economia italiana e con un costo molto inferiore per lo Stato.
Il piano di emergenza svelato dalle autorità UE venerdì notte mette al riparo gli obbligazionisti “senior” e i possessori di depositi anche oltre i 100.000€, lasciando che i contribuenti italiani paghino il conto.
Un conto che potrebbe ammontare ad un punto percentuale di PIL, spingendo così il debito pubblico al 133% dello stesso PIL.
Se Bruxelles e Francoforte avessero permesso all’Italia di nazionalizzare Veneto Banca e la Banca Popolare di Vicenza con condizioni flessibili due anni fa, la crisi sarebbe stata ricomposta con meno danni all’economia italiana e con un costo molto inferiore per lo Stato.
Il piano di emergenza svelato dalle autorità UE venerdì notte mette al riparo gli obbligazionisti “senior” e i possessori di depositi anche oltre i 100.000€, lasciando che i contribuenti italiani paghino il conto.
Un conto che potrebbe ammontare ad un punto percentuale di PIL, spingendo così il debito pubblico al 133% dello stesso PIL.
20 aprile 2017
Investire nella pace, non nella guerra!
Appello alla mobilitazione contro il vertice NATO
Il prossimo vertice NATO sarà il primo a cui parteciperà il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Si terrà il 24 e 25 maggio nei nuovissimi edifici della sede dell'Alleanza atlantica a Bruxelles, la città dove ha base la NATO e l'Unione Europea (UE), due istituzioni che collaborano strettamente nelle loro politiche militari. La NATO e gli Stati membri hanno preso parte a guerre e interventi militari illegali in Jugoslavia, Afghanistan, Libia, Iraq, Siria, nel Mar Mediterraneo e nell'Oceano Indiano. Essi contribuiscono grandemente all'instabilità internazionale, alla corsa agli armamenti e alla militarizzazione.
La NATO resta legata alla più grande minaccia contro l'umanità: le armi nucleari. Di vertice in vertice la NATO perpetua, mette in opera ed estende la sua politica di guerra e di dominio. Il mondo intero è testimone delle conseguenze di questa politica: interi paesi sono devastati, milioni di persone diventano profughi, soffrono terribilmente o restano uccisi; l'ambiente si sta deteriorando in modo disastroso, l'estremismo violento e il terrorismo sono in aumento; tensioni e conflitti militari si moltiplicano; la proliferazione delle armi nucleari e il rischio di una guerra nucleare è in aumento.
Il prossimo vertice NATO sarà il primo a cui parteciperà il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Si terrà il 24 e 25 maggio nei nuovissimi edifici della sede dell'Alleanza atlantica a Bruxelles, la città dove ha base la NATO e l'Unione Europea (UE), due istituzioni che collaborano strettamente nelle loro politiche militari. La NATO e gli Stati membri hanno preso parte a guerre e interventi militari illegali in Jugoslavia, Afghanistan, Libia, Iraq, Siria, nel Mar Mediterraneo e nell'Oceano Indiano. Essi contribuiscono grandemente all'instabilità internazionale, alla corsa agli armamenti e alla militarizzazione.
La NATO resta legata alla più grande minaccia contro l'umanità: le armi nucleari. Di vertice in vertice la NATO perpetua, mette in opera ed estende la sua politica di guerra e di dominio. Il mondo intero è testimone delle conseguenze di questa politica: interi paesi sono devastati, milioni di persone diventano profughi, soffrono terribilmente o restano uccisi; l'ambiente si sta deteriorando in modo disastroso, l'estremismo violento e il terrorismo sono in aumento; tensioni e conflitti militari si moltiplicano; la proliferazione delle armi nucleari e il rischio di una guerra nucleare è in aumento.
20 marzo 2017
Il "Libro bianco", anzi bianchissimo, della Commissione Europea
I Cinque scenari per il 2025 della Commissione Europea. Ma il sesto, che manca, è quello più probabile...
Non sanno più cosa inventarsi. L'UE è in panne, ma non possono e non vogliono dirci il perché. Andare avanti però si deve, che ne va anche della loro poltrona. Ma come non si sa. E' così venuto fuori, quasi come un esercizio svolto giusto per ingannare il tempo, un curioso Libro bianco sul futuro dell'Europa redatto dalla Commissione come contributo ad un non meglio precisato «nuovo capitolo del progetto europeo».
Invitiamo tutti a leggerlo: lo sforzo richiesto è davvero modesto, mentre chi ancora si intestardisce a descrivere una UE che si rafforzerebbe proprio grazie alle sue crisi avrà forse qualche motivo per riflettere.
Per quelli invece che vanno di fretta, od hanno già le idee piuttosto chiare, possono bastare le noterelle che seguono.
Il Libro bianco è scritto in occasione del Sessantesimo dei Trattati di Roma, dunque la retorica la fa da padrona, con il mito di Ventotene contrapposto al dramma di Verdun, con la descrizione di un'Europa in cui regnerebbero pace ed uguaglianza come mai nella storia, come mai in altri luoghi.
Ad un tratto questa descrizione dell'Eden europeo si interrompe, si accenna a qualche nube all'orizzonte (le difficoltà economiche, le migrazioni, l'instabilità ai confini) e si da notizia, quasi fosse un trascurabile dettaglio, che «l'anno scorso uno dei nostri Stati membri ha votato l'uscita dall'Unione». «Uno», senza neppure nominarlo, come si faceva in una disgraziata tradizione comunista con i dissidenti. Interessante.
25 gennaio 2017
ROMANIA: 10 anni dopo l'adesione all'U€, i rumeni sono più poveri
Il primo gennaio 2017 si è compiuto il decimostato anniversario dell'integrazione della Romania all'Unione Europea. I mass media rumeni e la propaganda comunitaria hanno inondato l'opinione pubblica con comunicati e statistiche illusorie sui benefici che avrebbe avuto la Romania con l'entrata a far parte del club, in questi dieci anni di sottomissione agli interessi della Commissione Europea e dei suoi grandi poteri economici, principalmente Germania e Francia.
Per esempio, si è parlato dell'esponenziale crescita economica della Romania e del livello di vita dei rumeni. Nei dieci anni come stato membro, il PIL è cresciuto dai 98.000 milioni di euro di fine 2006, fino ai 172.000 del 2016, secondo la propaganda di Bruxelles. Tuttavia, non si menzionano gli alti costi degli alloggi, causati dalla concorrenza dopo la generalizzazione della libera circolazione di merci con le grandi multinazionali comunitarie e straniere. Inoltre, come normalmente succede ai lavoratori in una dittatura del capitale, la distribuzione del PIL è estremamente disuguale; cioè, pochi si portano a casa quasi tutto e la maggioranza rimane con le briciole.
Per esempio, si è parlato dell'esponenziale crescita economica della Romania e del livello di vita dei rumeni. Nei dieci anni come stato membro, il PIL è cresciuto dai 98.000 milioni di euro di fine 2006, fino ai 172.000 del 2016, secondo la propaganda di Bruxelles. Tuttavia, non si menzionano gli alti costi degli alloggi, causati dalla concorrenza dopo la generalizzazione della libera circolazione di merci con le grandi multinazionali comunitarie e straniere. Inoltre, come normalmente succede ai lavoratori in una dittatura del capitale, la distribuzione del PIL è estremamente disuguale; cioè, pochi si portano a casa quasi tutto e la maggioranza rimane con le briciole.
24 giugno 2016
Brexit e fine dell’€uro
L’affermazione dell’“exit” al referendum britannico apre una crisi che oggi vede uscire il Regno Unito dall’Unione Europea e che in breve tempo potrebbe vedere sgretolarsi l’eurozona. È il caso di dire che i nodi vengono sempre al pettine, e per una volta nessuno potrà dire che gli economisti non avevano avvertito.
Già nel giugno 2010, ai primi segni di crisi dell’eurozona, una lettera pubblicata da economiaepolitica.it e sottoscritta da trecento economisti italiani e stranieri, lanciò un allarme sul modo in cui i governi europei reagivano alla crisi e soprattutto sui pericoli insiti nelle politiche di “austerità” imposte dai Trattati, che avrebbero ulteriormente depresso l’occupazione e i redditi, rendendo ancora più difficili i rimborsi dei debiti, pubblici e privati. Ma quell’allarme rimase inascoltato.
Già nel giugno 2010, ai primi segni di crisi dell’eurozona, una lettera pubblicata da economiaepolitica.it e sottoscritta da trecento economisti italiani e stranieri, lanciò un allarme sul modo in cui i governi europei reagivano alla crisi e soprattutto sui pericoli insiti nelle politiche di “austerità” imposte dai Trattati, che avrebbero ulteriormente depresso l’occupazione e i redditi, rendendo ancora più difficili i rimborsi dei debiti, pubblici e privati. Ma quell’allarme rimase inascoltato.
Nel novembre 2013 il Financial Times pubblicò il “monito degli economisti”, con il quale insieme ad alcuni celebri studiosi di tutto il mondo sostenevamo che in assenza di una svolta espansiva e di uno sforzo concertato per la ricomposizione dei crescenti squilibri macroeconomici, l’Unione Europea non avrebbe potuto reggere, e la stessa esperienza della moneta unica si sarebbe esaurita.
23 giugno 2016
Gli occhi miopi sul referendum U€
Chi attrae i fili della politica italiana è capace di tenere i propri satelliti molto vicini al centro. Lo dimostra - come sempre - l'attenzione grandissima conferita ai cambi di cavallo nelle battaglie elettorali comunali, mentre sullo sfondo galleggiava una nuova problematica consultazione referendaria, quella che metteva in discussione nel Regno Unito l'Unione Europea.
Le tematiche circolate mediaticamente su quest'ultimo argomento vertevano intorno a due poli. Da un lato le paure agitate anche nel nostro paese sull'inopinata uscita della Gran Bretagna, non mancando di asserire - come solito - la mancanza di conseguenze sulla nostra economia… Dall'altro la sapiente grossolana descrizione dei sostenitori della Brexit come arroccati intorno ad un blocco sciovinista e populista dominato dalla paura dell'immigrazione, col condimento del tempestivo fatto di sangue ai danni della deputata Jo Cox.
Sono lontani anni luce dal ragionare se il prossimo referendum coinvolga o meno uno dei pilastri principali del nostro sistema economico con le sue responsabilità.
Le tematiche circolate mediaticamente su quest'ultimo argomento vertevano intorno a due poli. Da un lato le paure agitate anche nel nostro paese sull'inopinata uscita della Gran Bretagna, non mancando di asserire - come solito - la mancanza di conseguenze sulla nostra economia… Dall'altro la sapiente grossolana descrizione dei sostenitori della Brexit come arroccati intorno ad un blocco sciovinista e populista dominato dalla paura dell'immigrazione, col condimento del tempestivo fatto di sangue ai danni della deputata Jo Cox.
Sono lontani anni luce dal ragionare se il prossimo referendum coinvolga o meno uno dei pilastri principali del nostro sistema economico con le sue responsabilità.
30 maggio 2016
Bruxelles chiuderà l'accesso alle informazioni sul TTIP
La Commissione europea chiuderà i punti di informazione ministeriale sull'accordo commerciale tra gli Stati Uniti e l'Unione Europea come "misura preventiva" di fronte a filtrazioni
La campagna contro TTIP, l'accordo commerciale negoziato da Stati Uniti e Unione europea, sta prendendo forza. L'episodio di filtrazione, da parte di Greenpeace Olanda, di una serie di documenti dei negoziati che erano stati tenuti segreti, ha fatto si che il trattato sia venuto alla conoscenza dell'opinione pubblica e le conseguenze sono già qui: La Commissione Europea ha annunciato ieri che taglierà l'accesso - già molto limitato - alle relazioni periodiche sullo stato di avanzamento dei negoziati.
La campagna contro TTIP, l'accordo commerciale negoziato da Stati Uniti e Unione europea, sta prendendo forza. L'episodio di filtrazione, da parte di Greenpeace Olanda, di una serie di documenti dei negoziati che erano stati tenuti segreti, ha fatto si che il trattato sia venuto alla conoscenza dell'opinione pubblica e le conseguenze sono già qui: La Commissione Europea ha annunciato ieri che taglierà l'accesso - già molto limitato - alle relazioni periodiche sullo stato di avanzamento dei negoziati.
Dopo mesi di campagne di visibilità e la pressione delle organizzazioni ambientaliste, gruppi pro trasparenza e rappresentanti politici, che si sono lamentati dell'assoluta opacità che circonda i colloqui, l'Unione europea ha dovuto consentire delle cosiddette 'sale di lettura': spazi nei ministeri di tutti i paesi membri in cui si può accedere a estratti dei negoziati, con una forte vigilanza e senza possibilità di copiare nulla.
11 aprile 2016
Terrorismo, suggerimenti per gli inquirenti di Bruxelles (e di Parigi)
Telecamere, esercitazioni e singolari coincidenze simboliche. Alcune indicazioni d'indagine per l'ennesima strage
1. Sarebbe interessante sapere come mai non è stato possibile, fino ad ora, vedere le registrazioni delle telecamere di sorveglianza delle zone in cui sono avvenute le esplosioni all'aeroporto Zaventem. Quello che il mondo ha visto fino ad ora è stato il fake del filmato dell'esplosione della bomba terroristica del 2011 nell'aeroporto Domodedovo di Mosca. Esso appare come un'operazione di diversione volta a disorientare l'opinione pubblica. Un'indagine per scoprire gli autori di questa diversione sarebbe auspicabile. Ma parto dalla constatazione che l'aeroporto di Bruxelles è pieno di telecamere di sorveglianza. Nell'area colpita dall'attentato vi erano numerose telecamere in funzione. Sicuramente più d'una ha ripreso le esplosioni.
Da quelle immagini si potrebbe facilmente scoprire sia dove furono collocate le valigie, sia dove si trovavano i terroristi al momento degli scoppi. Insieme a molte altre circostanze preziose, incluse quelle dei movimenti dei terroristi prima e dopo l'esplosione. La polizia ha detto che qualcuno dei terroristi è saltato in aria insieme alle valigie, ma non vi è alcuna prova di una tale affermazione. Immagino che voi abbiate già guardato quelle immagini. Saremmo tutti molto contenti di poterle vedere anche noi. Fino ad ora le immagini che circolano, riguardanti, Zaventem sono state girate da alcuni cellulari di testimoni presenti. Nulla che provenga dalle telecamere di sorveglianza. Non credo ci sia un segreto di Stato da custodire. O mi sbaglio?
10 aprile 2016
L'intrallazzo terroristico
Il terrorismo ha colpito ancora - "Mi fate un po' di posto?" |
Quando riceviamo massicciamente notizie su nuovi
attacchi terroristici, siamo indotti al coinvolgimento emotivo.
L’attentato di Bruxelles ha coinvolto emotivamente
molte persone. Ci hanno detto che sono morte persone innocenti, e che gruppi di
terroristi hanno colpito senza pietà nel cuore dell’Europa. Quando siamo
emotivamente coinvolti, tutto ci appare assurdo e irragionevole: c’è qualcuno
che ci vuole male, che forse è invidioso, o che di certo ha come nemici i
popoli e le autorità occidentali.
Ma tutto ciò non è vero.
Non si sta dicendo che non siano avvenuti gli
attentati, o che non ci siano stati morti. Purtroppo, le vittime ci sono, in
quanto chi ha interesse a creare questi fatti non si fa scrupoli nell’uccidere
persone inermi, nemmeno donne e bambini.
Si sta dicendo che sono falsi i significati che vi
forniscono su questi tragici eventi.
Infatti, non esiste alcun nemico arabo dei popoli
occidentali. Esiste un nemico, ma non è “arabo”, né di altra nazionalità. I
nemici sono quelle stesse persone che attraverso i media vi raccontano il fatto
terroristico, e non sono caratterizzati da un’unica nazionalità ma da come
agiscono. Ve lo raccontano in modo tale da evocare determinate emozioni,
sentimenti e credenze.
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31 marzo 2016
La propaganda UE sui corpi di Bruxelles
In un fotogramma di Quarto Potere, Orson Welles nei panni di Charles Foster Kane replica al suo interlocutore: "Lei si preoccupa di quello che pensa la gente? Su questo argomento posso illuminarla, io sono un'autorità su come far pensare la gente. Ci sono i giornali per esempio, io sono proprietario di molti giornali…".
All'alba del Terzo Millennio non esistono solamente i giornali. Il parco dei mezzi di comunicazione di massa si è notevolmente ampliato, per forma, estensione e mezzo, ma il fine dei principali media mainstream è rimasto quello di Citizen Kane: indicare il modo in cui deve pensare la gente.
Nel mondo della comunicazione, il mezzo televisivo concorre con l'immediatezza di internet e dei social network. Nonostante una potenziale pluralità, la potenza della comunicazione mainstream è in grado di coprire ogni mezzo di diffusione, esercitando la propria capacità di orientare ma anche di silenziare o scoraggiare gli approfondimenti fastidiosi e le domande scomode.
All'alba del Terzo Millennio non esistono solamente i giornali. Il parco dei mezzi di comunicazione di massa si è notevolmente ampliato, per forma, estensione e mezzo, ma il fine dei principali media mainstream è rimasto quello di Citizen Kane: indicare il modo in cui deve pensare la gente.
Nel mondo della comunicazione, il mezzo televisivo concorre con l'immediatezza di internet e dei social network. Nonostante una potenziale pluralità, la potenza della comunicazione mainstream è in grado di coprire ogni mezzo di diffusione, esercitando la propria capacità di orientare ma anche di silenziare o scoraggiare gli approfondimenti fastidiosi e le domande scomode.
27 marzo 2016
Terrorismo, vince ancora una volta il potere
A uscirne vincitore è sempre il potere. Non v’è dubbio. Anche questa volta, la versione ufficiale è lacunosa: non convince, se non quelli che già sono convinti e i tanti che sono disposti a credere a quanto vedono sugli schermi televisivi, sulle pagine dei giornali e sugli altri organi della disinformazione di massa.
Vi sono passaggi e punti che paiono montati ad hoc. Vi sono domande a cui non v’è risposta: le immagini ci restituiscono una realtà derealizzata o, se preferite, una realtà mediatizzata. Una realtà ritagliata su misura per indurci a odiare l’islam e per prepararci psicologicamente alla nuova guerra contro il terrorismo, ossia alla nuova crociata in stile postmoderno.
Chi trae giovamento da queste stragi che, come a Bruxelles, insanguinano il mondo?
Non è difficile dirlo: il potere. Più precisamente, quel potere che subito ha detto “ci vuole più Europa”, “ci vuole un’intelligence unificata”, “ci vuole un esercito unico europeo”, “ci vuole più sicurezza e quindi meno libertà”, e così via.
Per un anno almeno non si parlerà più di finanza, disoccupazione, precarietà, violenza economica: il nemico sarà sempre e solo il terrorismo, identificato impunemente con l’islam, secondo la più vieta retorica fallaciana.
Vi sono passaggi e punti che paiono montati ad hoc. Vi sono domande a cui non v’è risposta: le immagini ci restituiscono una realtà derealizzata o, se preferite, una realtà mediatizzata. Una realtà ritagliata su misura per indurci a odiare l’islam e per prepararci psicologicamente alla nuova guerra contro il terrorismo, ossia alla nuova crociata in stile postmoderno.
Chi trae giovamento da queste stragi che, come a Bruxelles, insanguinano il mondo?
Non è difficile dirlo: il potere. Più precisamente, quel potere che subito ha detto “ci vuole più Europa”, “ci vuole un’intelligence unificata”, “ci vuole un esercito unico europeo”, “ci vuole più sicurezza e quindi meno libertà”, e così via.
Per un anno almeno non si parlerà più di finanza, disoccupazione, precarietà, violenza economica: il nemico sarà sempre e solo il terrorismo, identificato impunemente con l’islam, secondo la più vieta retorica fallaciana.
23 marzo 2016
Attentati di Bruxelles
Dopo la prima analisi a caldo, sono due gli aspetti degli attentati odierni che non si possono non notare: il primo è che le bombe di Bruxelles sono esplose a soli tre giorni dall'arresto di Salah, l'ormai nota "primula rossa" degli attentati del Bataclàn. La seconda è che gli attentati sono avvenuti, appunto, a Bruxelles, che è chiaramente la città simbolo dell'unione europea.
Riguardo alla vicinanza con l'arresto di Salah, si possono fare almeno due ipotesi: la prima è che Salah fosse al corrente dei nuovi attentati in preparazione, e che quindi si sia voluto accelerare la loro esecuzione prima che lui eventualmente parlasse. (Attenzione, questa ipotesi non significa automaticamente che il terrorismo islamico sia genuino: anche un Salah manovrato dai servizi potrebbe essere stato al corrente degli attentati in preparazione, e quindi avrebbe imposto ai manovratori una accelerazione nella loro esecuzione). La seconda ipotesi è che si sia voluto arrestare Salah poco prima degli attentati di Bruxelles, per segnare un punto a favore dell'intelligence belga, prima che questa venisse messa nuovamente sotto accusa per il fallimento (previsto e prevedibile) degli attentati odierni.
Riguardo alla vicinanza con l'arresto di Salah, si possono fare almeno due ipotesi: la prima è che Salah fosse al corrente dei nuovi attentati in preparazione, e che quindi si sia voluto accelerare la loro esecuzione prima che lui eventualmente parlasse. (Attenzione, questa ipotesi non significa automaticamente che il terrorismo islamico sia genuino: anche un Salah manovrato dai servizi potrebbe essere stato al corrente degli attentati in preparazione, e quindi avrebbe imposto ai manovratori una accelerazione nella loro esecuzione). La seconda ipotesi è che si sia voluto arrestare Salah poco prima degli attentati di Bruxelles, per segnare un punto a favore dell'intelligence belga, prima che questa venisse messa nuovamente sotto accusa per il fallimento (previsto e prevedibile) degli attentati odierni.
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