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"LA TERRA CI NUTRE LA TECNOLOGIA CI GUIDA: COLTIVIAMO INSIEME IL FUTURO"
5 febbraio 2014
"VOGLIONO PREDARE LA BANCA CENTRALE DELL'IRAN"
In una sua interessante analisi, il giornalista Pete Papaherakles dell'American Free Press mette in evidenza come, dietro alle tensioni nel Vicino Oriente, vi sia il tentativo dei Rothschild di mettere le mani sulla Banca Centrale dell'Iran. È interessante notare come, a differenza dell'Italia e degli altri Paesi dell'Unione Europea dove i grandi mass media sono fortemente omologati e controllati dal "sistema", soprattutto quando si parla di questioni economiche, negli Stati Uniti riescano spesso a trovare spazio sui giornali analisi indipendenti ed obiettive sulla politica estera e sull'economia. In questo contesto merita di essere posto in risalto un recente articolo del giornalista Pete Papaherakles della American Free Press, che denuncia come, dietro alle crescenti tensioni nel Vicino Oriente e all'ostilità nei confronti dell'Iran vi sia la longa mano dei Rothschild, leader indiscussi del potere bancario e finanziario internazionale. Questa ambizione, del resto mai smentita dai grandi burattinai della finanza mondiale, appare ovvia ed evidente se si considera - come rileva Papaherakles - che l'Iran è al momento uno dei soli tre Paesi rimasti al mondo la cui banca centrale non sia sotto il controllo, diretto o indiretto, dei Rotschild. Prima dell'11 Settembre 2001, esistevano infatti nel mondo sette Paesi con questa caratteristica: Afghanistan, Cuba, Irak, Iran, Korea del Nord, Libia e Sudan. In realtà questi Paesi erano otto, perché il giornalista dell'American Free Press ha dimenticato, mi auguro per semplice distrazione, di inserire nell'elenco la Siria. E cosa sia successo a partire dallo scatenamento, da parte della presidenza di John Walker Bush, della cosiddetta "guerra al terrorismo" è sotto gli occhi di tutti.
L'Afghanistan e l'Irak sono stati attaccati, devastati militarmente, decapitati delle proprie legittime istituzioni e risultano tutt'ora sotto occupazione militare e pesantemente contaminati dalle armi all'uranio impoverito. E anche le loro economie dipendono allo stato attuale in tutto e per tutto dal controllo statunitense. Il Sudan di Omar Al Bashir, additato come "stato canaglia" e a lungo destabilizzato dall'esterno con la fomentazione degli scontri nella regione del Darfur, si è dovuto piegare ed accettare la secessione della sua parte meridionale ricca di petrolio, al momento uno stato fantoccio controllato direttamente dai Rothschild, il cui riconoscimento è stato imposto alla "comunità internazionale". Il Nord del Paese, con capitale Khartum, resiste al momento agli attacchi della globalizzazione, ma è stato di fatto strangolato economicamente e privato delle sue principali fonti energetiche. In Libia è stata scatenata dall'esterno una lunga e sanguinosa guerra civile che, con l'apporto armato degli Stati Uniti, della Francia e della Gran Bretagna, ha portato al rovesciamento del legittimo governo, al barbaro assassinio di Muammar Gheddafi e ha precipitato nel caos un Paese che, per reddito medio, per istruzione e alfabetizzazione, si poneva al vertice degli stati africani. Oggi la Libia è ripiombata nel Medioevo, è di fatto divisa in due entità statali, entrambe destabilizzate dal terrorismo, dai conflitti tribali e dalle bande armate, e l'estrazione e l'esportazione di petrolio è interamente sotto il controllo delle grandi compagnie gestite dai Rothschild. Ci fa notare Papaherakles che, addirittura, che già all'inizio della guerra civile, nella secessionista Bengasi era stata subito aperta dai Rothschild una loro banca. La Siria, altro Paese che, oltre ad avere una Banca Centrale strettamente sotto il controllo statale, non ha alcun debito nei confronti del Fondo Monetario Internazionale (colpa gravissima agli occhi dell'usurocrazia finanziaria mondialista!), ha visto sulla propria pelle ripetersi il copione della Libia. É stata anch'essa trascinata in una lunga e sanguinosa guerra civile fomentata dall'Occidente, dall'Arabia Saudita e dalle petro-satrapie del Golfo, con l'intento di destabilizzarla e di rovesciarne con la forza le istituzioni. Sta eroicamente resistendo, nonostante i tentativi di demonizzazione di discredito operati dai media occidentali (come nel caso dell'utilizzo delle armi chimiche, che i periti internazionali hanno poi ufficialmente attribuito ai ribelli) e nonostante le ingenti risorse finanziarie e gli armamenti destinati dai Paesi del Golfo a gruppi di fanatici e fondamentalisti che provengono per oltre il 90% dall'estero e vengono addestrati militarmente in campi turchi e sauditi. La Korea del Nord meriterebbe un discorso a parte, perché si tratta, di fatto, dell'ultimo caposaldo mondiale di socialismo reale. Uno stato quindi a economia rigorosamente centralizzata e pianificata, anche se nei fatti una sorta di monarchia assoluta nelle mani di una dinastia, quella dei Kim, che ne ha decretato l'isolamento internazionale. Ma intorno ad essa ruotano da tempo curiose speculazioni internazionali solitamente taciute dalla stampa occidentale, che si limita a parlare della "minaccia atomica" e del dispotismo dei suoi leader.
È quantomeno curioso, infatti, che buona parte del traffico internazionale di valuta avvenga non in Dollari o in Euro, come molti potrebbero erroneamente pensare, bensì in Won nord-coreani, una moneta che, notoriamente, non risulta neanche convertibile. Sarebbe quindi molto interessante approfondire le ragioni di questa apparentemente insensata, ma estremamente reale anomalia.* Cuba, altra nazione storicamente dall'economia centralizzata e pianificata, per via delle riforme di Raul Castro tese alla progressiva liberalizzazione economica e all'apertura al commercio privato e in conseguenza dei massicci investimenti del Brasile, che ha ormai tolto al Venezuela lo scettro di primo partner commerciale dell'isola, si sta avviando verso un modello "cinese" in salsa caraibica e tutti gli analisti danno ormai molto vicino il momento in cui la Banca Centrale Cubana scivolerà in maniera "soft" nelle mani speculative dei Rothschild. L'Iran resta quindi, agli occhi degli speculatori, l'ultima frontiera appetibile. Nonostante le pesanti sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti e dall'Occidente, è un Paese molto ricco di risorse e con un'economia forte e vivace che garantisce ai suoi cittadini un medio-alto livello di benessere, anche grazie al suo forte stato sociale che garantisce e tutela le classi sociali più deboli. Si tratta inoltre dell'unico Stato che, forte della sua struttura teocratica, applica realmente all'economia quei precetti islamici che vietano l'usura e l'addebito di interessi. Una regola che in molti altri Paesi musulmani viene spesso applicata più a livello di facciata che nel concreto, dando in realtà campo libero alle peggiori speculazioni. Una pratica che ovviamente va a a stridere fortemente con le regole del sistema finanziario mondale dettate proprio dai Rotschild. Come sottolinea sempre Pete Papaherakles, da quando i Rothschild hanno rilevato la Banca d'Inghilterra attorno al 1815, il loro controllo ha cominciato ad espandersi sulle banche di tutto il mondo. E questa folle corsa non si è mai arrestata, seguendo un percorso probabilmente stabilito a tavolino dai grandi gruppi di potere che hanno sempre regolato, a livello globale, le sorti dell'economia e il controllo sugli Stati. Il metodo più diffusamente praticato da certi gruppi di potere per implementare questo controllo è sempre stato quello di far accettare ad un Paese, spesso fatto precipitare intenzionalmente in difficoltà economiche attraverso deliberate manovre speculative, un grosso prestito che questo non sarà poi in grado di ripagare. Prestito, quindi, che causerà inevitabilmente un forte indebitamento per la risoluzione del quale il Paese di turno dovrà venire a patti e cedere consistenti porzioni di sovranità, fino alla totale perdita di controllo sull'emissione della moneta e sulla propria Banca Centrale. Il Fondo Monetario Internazionale ha fino ad oggi rappresentato il braccio operativo di questa criminale operazione finalizzata all'accentramento ed al controllo di tutte le risorse globali da parte dei soliti burattinai. Dal XIX° secolo ad oggi il copione è sempre stato lo stesso e gli Stati che hanno osato rifiutare certi "prestiti" sono sempre stati puntualmente travolti da destabilizzazioni, da guerre civili o hanno visto morire i propri leader in attentati o in sospetti "incidenti". E, quando queste azioni si sono rivelate insufficienti, si è ricorsi a vere e proprie invasioni militari. La Storia parla chiaro a riguardo. Basta documentarsi. Ecco perché i Rotschild, secondo l'analisi di Papaherakles, non rinunceranno tanto facilmente a mettere le mani sulla Banca Centrale iraniana, l'ultimo boccone appetitoso che manca nella loro "collezione", anche a costo di scatenare un nuovo conflitto mondiale.
In
una sua interessante analisi, il giornalista Pete Papaherakles
dell'American Free Press mette in evidenza come, dietro alle tensioni
nel Vicino Oriente, vi sia il tentativo dei Rothschild di mettere le
mani sulla Banca Centrale dell'Iran.
È interessante notare come, a differenza dell'Italia e degli altri Paesi
dell'Unione Europea dove i grandi mass media sono fortemente omologati e
controllati dal "sistema", soprattutto quando si parla di questioni
economiche, negli Stati Uniti riescano spesso a trovare spazio sui
giornali analisi indipendenti ed obiettive sulla politica estera e
sull'economia.
In questo contesto merita di essere posto in risalto un recente articolo
del giornalista Pete Papaherakles della American Free Press, che
denuncia come, dietro alle crescenti tensioni nel Vicino Oriente e
all'ostilità nei confronti dell'Iran vi sia la longa mano dei
Rothschild, leader indiscussi del potere bancario e finanziario
internazionale.
Questa ambizione, del resto mai smentita dai grandi burattinai della
finanza mondiale, appare ovvia ed evidente se si considera - come rileva
Papaherakles - che l'Iran è al momento uno dei soli tre Paesi rimasti
al mondo la cui banca centrale non sia sotto il controllo, diretto o
indiretto, dei Rotschild.
Prima dell'11 Settembre 2001, esistevano infatti nel mondo sette Paesi
con questa caratteristica: Afghanistan, Cuba, Irak, Iran, Korea del
Nord, Libia e Sudan. In realtà questi Paesi erano otto, perché il
giornalista dell'American Free Press ha dimenticato, mi auguro per
semplice distrazione, di inserire nell'elenco la Siria. E cosa sia
successo a partire dallo scatenamento, da parte della presidenza di John
Walker Bush, della cosiddetta "guerra al terrorismo" è sotto gli occhi
di tutti.
L'Afghanistan e l'Irak sono stati attaccati, devastati militarmente,
decapitati delle proprie legittime istituzioni e risultano tutt'ora
sotto occupazione militare e pesantemente contaminati dalle armi
all'uranio impoverito. E anche le loro economie dipendono allo stato
attuale in tutto e per tutto dal controllo statunitense.
Il Sudan di Omar Al Bashir, additato come "stato canaglia" e a lungo
destabilizzato dall'esterno con la fomentazione degli scontri nella
regione del Darfur, si è dovuto piegare ed accettare la secessione della
sua parte meridionale ricca di petrolio, al momento uno stato fantoccio
controllato direttamente dai Rothschild, il cui riconoscimento è stato
imposto alla "comunità internazionale". Il Nord del Paese, con capitale
Khartum, resiste al momento agli attacchi della globalizzazione, ma è
stato di fatto strangolato economicamente e privato delle sue principali
fonti energetiche.
In Libia è stata scatenata dall'esterno una lunga e sanguinosa guerra
civile che, con l'apporto armato degli Stati Uniti, della Francia e
della Gran Bretagna, ha portato al rovesciamento del legittimo governo,
al barbaro assassinio di Muammar Gheddafi e ha precipitato nel caos un
Paese che, per reddito medio, per istruzione e alfabetizzazione, si
poneva al vertice degli stati africani. Oggi la Libia è ripiombata nel
Medioevo, è di fatto divisa in due entità statali, entrambe
destabilizzate dal terrorismo, dai conflitti tribali e dalle bande
armate, e l'estrazione e l'esportazione di petrolio è interamente sotto
il controllo delle grandi compagnie gestite dai Rothschild. Ci fa notare
Papaherakles che, addirittura, che già all'inizio della guerra civile,
nella secessionista Bengasi era stata subito aperta dai Rothschild una
loro banca.
La Siria, altro Paese che, oltre ad avere una Banca Centrale
strettamente sotto il controllo statale, non ha alcun debito nei
confronti del Fondo Monetario Internazionale (colpa gravissima agli
occhi dell'usurocrazia finanziaria mondialista!), ha visto sulla propria
pelle ripetersi il copione della Libia. É stata anch'essa trascinata in
una lunga e sanguinosa guerra civile fomentata dall'Occidente,
dall'Arabia Saudita e dalle petro-satrapie del Golfo, con l'intento di
destabilizzarla e di rovesciarne con la forza le istituzioni. Sta
eroicamente resistendo, nonostante i tentativi di demonizzazione di
discredito operati dai media occidentali (come nel caso dell'utilizzo
delle armi chimiche, che i periti internazionali hanno poi ufficialmente
attribuito ai ribelli) e nonostante le ingenti risorse finanziarie e
gli armamenti destinati dai Paesi del Golfo a gruppi di fanatici e
fondamentalisti che provengono per oltre il 90% dall'estero e vengono
addestrati militarmente in campi turchi e sauditi.
La Korea del Nord meriterebbe un discorso a parte, perché si tratta, di
fatto, dell'ultimo caposaldo mondiale di socialismo reale. Uno stato
quindi a economia rigorosamente centralizzata e pianificata, anche se
nei fatti una sorta di monarchia assoluta nelle mani di una dinastia,
quella dei Kim, che ne ha decretato l'isolamento internazionale. Ma
intorno ad essa ruotano da tempo curiose speculazioni internazionali
solitamente taciute dalla stampa occidentale, che si limita a parlare
della "minaccia atomica" e del dispotismo dei suoi leader. È quantomeno
curioso, infatti, che buona parte del traffico internazionale di valuta
avvenga non in Dollari o in Euro, come molti potrebbero erroneamente
pensare, bensì in Won nord-coreani, una moneta che, notoriamente, non
risulta neanche convertibile. Sarebbe quindi molto interessante
approfondire le ragioni di questa apparentemente insensata, ma
estremamente reale anomalia.*
Cuba, altra nazione storicamente dall'economia centralizzata e
pianificata, per via delle riforme di Raul Castro tese alla progressiva
liberalizzazione economica e all'apertura al commercio privato e in
conseguenza dei massicci investimenti del Brasile, che ha ormai tolto al
Venezuela lo scettro di primo partner commerciale dell'isola, si sta
avviando verso un modello "cinese" in salsa caraibica e tutti gli
analisti danno ormai molto vicino il momento in cui la Banca Centrale
Cubana scivolerà in maniera "soft" nelle mani speculative dei
Rothschild.
L'Iran resta quindi, agli occhi degli speculatori, l'ultima frontiera
appetibile. Nonostante le pesanti sanzioni economiche imposte dagli
Stati Uniti e dall'Occidente, è un Paese molto ricco di risorse e con
un'economia forte e vivace che garantisce ai suoi cittadini un
medio-alto livello di benessere, anche grazie al suo forte stato sociale
che garantisce e tutela le classi sociali più deboli.
Si tratta inoltre dell'unico Stato che, forte della sua struttura
teocratica, applica realmente all'economia quei precetti islamici che
vietano l'usura e l'addebito di interessi. Una regola che in molti altri
Paesi musulmani viene spesso applicata più a livello di facciata che
nel concreto, dando in realtà campo libero alle peggiori speculazioni.
Una pratica che ovviamente va a a stridere fortemente con le regole del
sistema finanziario mondale dettate proprio dai Rotschild.
Come sottolinea sempre Pete Papaherakles, da quando i Rothschild hanno
rilevato la Banca d'Inghilterra attorno al 1815, il loro controllo ha
cominciato ad espandersi sulle banche di tutto il mondo. E questa folle
corsa non si è mai arrestata, seguendo un percorso probabilmente
stabilito a tavolino dai grandi gruppi di potere che hanno sempre
regolato, a livello globale, le sorti dell'economia e il controllo sugli
Stati.
Il metodo più diffusamente praticato da certi gruppi di potere per
implementare questo controllo è sempre stato quello di far accettare ad
un Paese, spesso fatto precipitare intenzionalmente in difficoltà
economiche attraverso deliberate manovre speculative, un grosso prestito
che questo non sarà poi in grado di ripagare. Prestito, quindi, che
causerà inevitabilmente un forte indebitamento per la risoluzione del
quale il Paese di turno dovrà venire a patti e cedere consistenti
porzioni di sovranità, fino alla totale perdita di controllo
sull'emissione della moneta e sulla propria Banca Centrale.
Il Fondo Monetario Internazionale ha fino ad oggi rappresentato il
braccio operativo di questa criminale operazione finalizzata
all'accentramento ed al controllo di tutte le risorse globali da parte
dei soliti burattinai.
Dal XIX° secolo ad oggi il copione è sempre stato lo stesso e gli Stati
che hanno osato rifiutare certi "prestiti" sono sempre stati
puntualmente travolti da destabilizzazioni, da guerre civili o hanno
visto morire i propri leader in attentati o in sospetti "incidenti". E,
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