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1 luglio 2014

Guerra climatica in Italia: come è cambiato il modus operandi dal 2005 ad oggi

Era il mese di maggio 2005, allorquando notammo che qualcosa di anomalo si verificava nei cieli di Sanremo. Presto focalizzammo il problema, concludendo che le attività di guerra climatica iniziate alcuni lustri prima negli Stati Uniti, ora erano appannaggio anche dell'Italia e quindi, giocoforza, comprendevano anche la nostra città. Da allora sono passati nove anni. Molti governi fantoccio si sono succeduti ed hanno continuato ad avallare, coprire e favorire le operazioni di geoingegneria clandestina che, via via, si sono estese a tutto il territorio italiano nonché in tutto il mondo. Se, infatti, escludiamo paesi come la Siria e pochi altri, la diffusione di nanopartcolato di metalli pesanti e polimeri è ormai una prassi consolidata a livello globale.

Attualmente, come assodato, questo... lavoro è ora assegnato nella quasi totalità a velivoli commerciali che, spesso e volentieri, viaggiano anche senza passeggeri a bordo ed assolvono quelle che già nel 1997 Edward Teller giustificava come attività volte a contrastare un inesistente riscaldamento climatico, in realtà puerile foglia di fico adoperata per giustificare l'illegale distruzione della biosfera.

9 giugno 2014

DISINFORMAZIONE. OBAMA E I CAMBIAMENTI CLIMATICI CHE "MINACCEREBBERO" GLI USA

Stiamo per pagare la tassa più clamorosa nella storia dell'umanità. Ci aspetteremmo dei vantaggi. Vorremmo capire il motivo di questa spesa, ma in realtà lo scandalo dimostra che la base scientifica è solo fumo, una giustificazione disonesta. (James Delingpole)
Obama, il fantoccio dell'Impero di U.S.A.tana, lancia l'allarme sui cosiddetti "cambiamenti climatici" che, secondo il Gotha bugiardo degli "scienziati" mettono a repentaglio l'economia e gli equilibri ambientali del Nord America. E' vero: i fenomeni atmosferici sono stravolti negli Stati Uniti ed in Canada (e non solo), ma il caos ambientale non è originato dalle emissioni di biossido di carbonio, bensì dai pesanti e diuturni interventi di geoingegneria abusiva, come dimostrano, ad esempio, gli innumerevoli studi pubblicati da Dane Wingington. Eppure tra gli araldi del climate change di matrice antropica annoveriamo, oltre ai disinformatori classici, anche ambigui "ambientalisti". Per costoro il problema è sempre il cosiddetto "effetto serra", la montatura del secolo. Le "risoluzioni" che essi propongono sono in linea con molte nefande strategie imposte dai globalizzatori. Si farnetica di diffondere e rafforzare la “green economy”, un’altra delle molteplici frodi ideate dal sistema: spacciata come un insieme di pratiche che dovrebbero ridurre l’impatto delle attività produttive sugli ecosistemi, è in realtà greed economy, l’economia dell’avidità. Qualcuno crede che si possa combattere la battaglia contro le manipolazioni dell'ambiente, aggregandosi a certi personaggi carismatici ma infidi. Stanno allevando delle serpi in seno e probabilmente se ne accorgeranno quando sarà ormai troppo tardi.

21 agosto 2013

DAL RISCALDAMENTO GLOBALE ALLA DITTATURA MONDIALISTA

Il termine Global Warming è un neologismo entrato nel vocabolario della lingua italiana, a tal punto che lo stanno insegnando nei libri di scuola fin dalle elementari. Tutti, soprattutto i più piccoli, devono sapere che il problema più impellente al mondo è il riscaldamento. L’immensa grancassa dei mezzi di comunicazione di media, e quindi dei poteri forti che li gestisce e controlla, sta allarmando il mondo intero del pericolo mortale del riscaldamento globale, attribuendone la causa all’uomo. Come mai?
Di Marcello Di Pamio
Il riscaldamento del clima è un fatto e nessuno lo mette in discussione - anche se poi vedremo che le cose non stanno proprio così’ - ma da questo affermare che è solamente l’attività umana la causa, ce ne passa di acqua sotto il ponte.
La storia per fortuna viene in aiuto: nella Francia del 1719, una canicola eccezionale fece morire oltre 450 mila persone. 

Entro il 2070 si scioglieranno i ghiacciai
Questo è uno dei tanti titoli pubblicati a caratteri cubitali e ripreso dai media maistream di tutto il mondo. Non abbiamo scampo, si stanno sciogliendo i ghiacciai e finiremo sommersi dalle acque o cotti dal calore del sole.
I ghiacciai alpini si stanno liquefacendo, come pure la calotta polare, si restringe la Groenlandia, i mari si alzano,  ecc.
Colpa ovviamente dell’uomo!
Le previsioni sono infauste, per non dire apocalittiche: dove fa caldo farà caldissimo, e dove fa freddo avremo una glaciazione tipo Siberia. In più spariranno molte città costiere.

28 giugno 2012

EVO MORALES - G20: "L’economia verde è il nuovo Colonialismo per sottomettere i Popoli"

I popoli del Sud oggi festeggiano il nuovo anno Andino Amazzonico, festeggiano l’Inti Raimy, in quechua Festa del Sole, l’Inca Cuti, in Aymara il ritorno del padre sole, l'orologio cosmico che ci indica i secoli della Madre Terra. Oggi anche in Bolivia è festa, festeggiamo l’anno nuovo andino amazzonico. Voglio fare gli auguri a tutti i popoli del sud, specialmente al movimento indigeno, ai popoli originari. Vent’anni fa, al Vertice della Terra realizzato qui in Brasile, si poneva una riflessione profonda sulla vita e sull’umanità prendendo in considerazione il nostro pianeta terra. Ricordo il grande messaggio di un uomo saggio, Fidel Castro, presidente e Comandante della Cuba Rivoluzionaria che ci diceva «ammazzate la fame, non l’uomo, pagate il debito ecologico, non il debito estero».
Selvas Blog
Adesso ci rendiamo conto che quest’uomo aveva ragione, quando affermiamo che bisogna condannare il debito del sistema capitalista, giacchè noi Paesi cosiddetti poveri, o in via di sviluppo, sentiamo che il debito dei paesi capitalisti è impagabile.
In questa conferenza è importante fare profonde riflessioni tenendo presenti le generazioni future. Si discute sulla cosiddetta Economia Verde che, secondo il sentimento dei movimenti sociali del mondo, e specialmente del movimento indigeno, è il nuovo colonialismo per sottomettere i nostri popoli e i governi anticapitalisti.
L’ambientalismo dell’economia verde è un nuovo colonialismo con doppia faccia, da una parte è un colonialismo della natura, dato che commercializza le risorse della vita e dall’altro è un colonialismo dei paesi del Sud, che portano sulle loro spalle la responsabilità di proteggere l’ambiente distrutto dall’economia capitalista industriale del Nord.

25 aprile 2012

ROCKEFELLER FOUNDATION: "Scenari inquietanti per il futuro mondiale"

I rapporti della Fondazione Rockefeller contengono informazioni e illustrazioni, che meritano molta attenzione ...

Il rapporto "Scenari per il futuro della tecnologia e dello sviluppo internazionale", è stato pubblicato nel maggio 2010 dalla Rockefeller Foundation e la Global Business Network. Questa relazione descrive scenari apocalittici, ipotetici, dicono, utili per portare la coscienza verso la necessità di riflettere e considerare il futuro altrimenti.
Non ho fatto uno studio approfondito, poiché richiederebbe un'attenta lettura. Tuttavia, dopo una lettura veloce, ho notato alcuni elementi interessanti. A pagina 34, si parla di disastri che si sono già verificati, come l'11 settembre 2001, lo tsunami del 2004 e il terremoto di Haiti nel 2010. Abbiamo poi le previsioni potenziali di un decennio, tra il 2010 e il 2020, di disastri ed eventi apocalittici:
un attacco durante i Giochi Olimpici del 2012 con 13.000 vittime, seguito da  un terremoto in Indonesia, con 40000 vittime, uno tsunami che distrugge quasi completamente il Nicaragua e l'inizio di una carestia in Cina, causato da una siccità legati al cambiamento climatico. 
A pagina 18 della stessa relazione, c'è un'altra proiezione altrettanto inquietante: un ipotetico scenario in questo anno 2012, la tanto attesa pandemia mondiale del 2009 colpisce il 20% della popolazione mondiale e uccide 8 milioni di persone in sette mesi, specialmente giovani adulti sani. Questa pandemia globale dovrebbe avere, ovviamente, un "fatale" impatto sull'economia.

21 febbraio 2011

GEOINGEGNERIA: Giocare ad essere Dio

Piogge anticipate, controllo degli uragani, neve per mitigare la siccità, riduzione della dimensione della grandine, tutto questo è tecnicamente possibile, grazie alla geoingegneria. Intervento tecnologico e scientifico su scala globale per cercare di contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Un gioco pericoloso con conseguenze imprevedibili. 
Di Mariló Hidalgo

Primavera tutto l'anno
In un primo momento un gruppo di scienziati autorevoli, sostenuti dagli Stati Uniti, nega categoricamente gli effetti del cambiamento climatico. In seguito non solo lo accetta, ma propone misure tecnologiche per salvare il pianeta dalla crisi climatica. Lo stesso percorso seguono la maggior parte degli stati del nord del pianeta, responsabili della maggior parte delle emissioni di CO2. Il settore privato, in cui rientrano le multinazionali chimiche, silvicole, petrolifere e agro-alimentari, lo stesso che aveva contribuito e beneficiato di questo caos, dà il benvenuto a questa specie di piano B provvidenziale che pretende di   ignorare il cambiamento climatico.
Che cosa provoca questo cambio di opinione? Ammettere fin dall'inizio i fatti avrebbe significato riconoscere il fallimento del modello economico attuale, cosa che non interessa in alcun modo, perché continua a produrre benefici. D'altra parte, parlare di un cambiamento di paradigma sarebbe una misura molto impopolare tra la popolazione. Soluzione? Lasciare le cose come stanno e cercare altre "vie d'uscita" per mitigare gli effetti di questo ormai inarrestabile cambiamento climatico. Qualcosa che consenta di proseguire con le emissioni di CO2, il livello attuale di produzione e ovviamente di consumo  e che garantisca la continuità del sistema attuale.

1 febbraio 2011

Consigliere ONU: "Bisogna porre fine alla democrazia per salvare il pianeta!"

Un importante professore e membro del Panel on Climate Change (IPCC) suggerisce chiaramente che le nazioni devono porre fine alla democrazia per risolvere il problema del cambiamento climatico.
DictaduraGlobal.es
David Shearman, un emerito professore dell’Università di Medicina ad Adelaida e ricercatore aggiunto del Dipartimento dell’Università di Geografia e Scienze Ambientali e della Facoltà di Diritto, è stato l’autore di vari libri sul cambiamento climatico, uno di questi intitolati La sfida del Cambiamento Climatico ed il Fallimento della Democrazia. In questo dichiara che “...l’autoritarismo è lo stato naturale dell’umanità”.
Il Prof. Shearman è stato consigliere delle relazioni di valutazione dell’IPCC delle Nazioni Unite.
Spesso ci dicono che le Nazioni Unite non sono un’istituzione autoritaria e che cerca solo di risolvere i problemi del mondo, e non quello di creare un sistema di potere mondiale; ma è abbastanza evidente che molti degli allarmisti del cambiamento climatico delle Nazioni Unite hanno ideologie fasciste che potrebbero usare l’influenza delle Nazioni Unite per infiltrarsi nelle democrazie.

7 dicembre 2010

Circo di Cancun: Gli scienziati chiedono un razionamento da guerra

In primo luogo è stata la dichiarazione del vice capo del Gruppo III dell’IPCC, che le politiche del clima non cercano la protezione dell’ambiente nè la salvezza del pianeta ma la distribuzione delle risorse naturali. Si propone ora il taglio di tutti i tipi di prodotti come successe con il razionamento durante la Seconda Guerra Mondiale. Il Circo a Tre Piste a tutto vapore!
Di Eduardo Ferreyra
http://www.mitosyfraudes.org/

Il giornale inglese Ther Telegraph.co.uk ci fa sapere le inesattezze della dichiarazione senza anestesia:
Summit del Clima a Cancun: scienziati esigono razionamento nei paesi sviluppati.
Di Louise Gray, Corrispondente ambientale. Novembre 29 Novembre 2010.
Il riscaldamento globale è adesso una così seria minaccia per l’umanità che gli esperti sul cambiamento climatico stanno esigendo un razionamento-  tipo quello avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale - nei paesi ricchi per abbassare le emissioni di carbono.
In una serie di studi pubblicati dalla Royal Society, fisici e chimici di alcune delle istituzioni scientifiche più rispettate, inclusa l’Università di Oxford e la Met Office, concordano che gli attuali piani per affrontare il riscaldamento globale non sono sufficienti.
A meno che le emissioni non siano ridotte drammaticamente negli ultimi 10 anni, il mondo è destinato a vedere un aumento delle temperature di più di 4° entro il 2060, causando inondazioni, siccità e migrazioni in massa.

19 novembre 2010

Elezioni in USA: Atroci e Sbagliate

Le elezioni americane di medio termine registrano un livello di rabbia, paura e disillusione nel paese come nulla che io possa ricordare nella mia vita. Poiché che i democratici sono al potere, sono loro che ottengono l'effetto di rigetto in relazione alla nostra attuale situazione politica e socioeconomica.
di Noam Chomsky
La Jornada

Più della metà degli “statunitensi della corrente principale”, secondo una inchiesta Rasmussen dello scorso mese, si sono detti favorevoli al movimento del Tea Party, una chiara dimostrazione dello spirito di disincanto. Le lamentele sono legittime. Per oltre 30 anni, i redditi reali della maggior parte della popolazione sono rimasti stazionari o diminuiti mentre le ore di lavoro e l' insicurezza sono aumentate, insieme al debito. La ricchezza è stata accumulata, ma nelle tasche di pochi, generando disuguaglianze senza precedenti.

20 settembre 2010

I MEDIA: UNA MINACCIA ALLA SICUREZZA DELL'AMERICA

Introduzione dell’editore di TomDispatch

Chiamatelo strano o chiamatelo sintomatico. Queste ultime settimane, il comandante della guerra afghana, il generale David Petraeus è stato oggetto di una "guerra mediatica". Ha rilasciato interviste come se fossero regalini durante una festa. Eppure, per quanto posso dire, non un singolo intervistatore gli ha chiesto nulla di simile: “Generale Petraeus, il 20% del Pakistan, che si suppone ospiti Osama Bin Laden e diversi gruppi di combattimenti coinvolti nella Guerra Afgana, è ormai sott'acqua. Strade, ponti, ferrovie, e quindi le linee di rifornimento degli Stati Uniti sono stati distrutte. Come siaspetta che il cataclisma incidaa sulla Guerra Afgana a corto e lungo termine?

16 gennaio 2010

IL LAGO CIAD RISCHIA LA SCOMPARSA

Di Paul Virgo

Cinquanta anni fa, il lago Ciad era più vasto dello stato di Israele. Oggi, ha una superficie dieci volte più piccola, e si prevede possa scomparire del tutto entro 20 anni.


Il cambiamento climatico e il sovrasfruttamento hanno messo in pericolo l’esistenza stessa di uno dei più imponenti laghi africani, e con esso la vita di 30 milioni di persone che dipendono dalle sue acque.


Secondo gli esperti, sta per profilarsi una crisi senza precedenti, che aggraverà il problema della fame in una regione che già soffre di una grave insicurezza alimentare, creando una seria minaccia per la pace e la stabilità.

6 gennaio 2010

2010: DI MALE IN PEGGIO...

http://iarnoticias.com/images/varios_07/5_calentamiento_global_2.jpg
di Guillermo Almeyra

Entriamo in un anno che, per i lavoratori e i settori popolari di tutto il mondo, porterà ancora più difficoltà, penurie e disgrazie.
I guadagni delle banche e le borse non vogliono dire che la crisi è finita, ma che il loro salvataggio sulle spalle dei contribuenti, ha mantenuto la bolla finanziaria, facendo si che gli investimenti in questo settore speculativo sia più attraente dell' investimento nella produzione di beni industriali. Le politiche di rianimazione industriale che la prima potenza mondiale applica- gli USA- aggravano la stessa crisi. In effetti, mantenere e aumentare la produzione sovvenzionata di automobili equivale ad un maggiore sperpero di materie prime, con un aumento della produzione di gas ad effetto serra che aumenterà il riscaldamento globale. E sia la produzione di energia nucleare come quella di biocarburanti eserciteranno una pressione molto più grande sulle risorse idriche, sempre più scarse e minacciate dalla privatizzazione e a questo si dovranno aggiungere i costi della distruzione dei suoli, in competizione con l’alimentazione o la contaminazione da rifiuti radioattivi.

Interi paesi africani si priveranno della loro terra- come fa l’Etiopia- per darla alla Cina, Corea del Sud, India che semineranno in esse gli alimenti di cui hanno bisogno,
ovviamente a costo della fame dei paesi ospitanti. L’impossibilità di arrivare ad un accordo a Copenaghen sul problema climatico perchè ogni potenza difende ai “suoi” capitalisti a spese del futuro umano (inclusa la Cina) avrà anche enormi conseguenze a causa dell’innalzamento dei mari, minaccerà tutte le zone e città costiere (sia dei paesi meno industrializzati come delle metropoli), la desertificazione di intere regioni e la crescente carenza di acqua è unita in altre zone a grandi inondazioni e aumenteranno l’intensità ed il numero dei sempre più distruttivi uragani tropicali.

Dall’altra parte,
continuerà la debolezza del dollaro ma tutti quelli che annunciano la fine del biglietto verde e la sua sostituzione per un altro equivalente, così come quelli che credono in un crollo del sistema capitalista, sono pessimi analisti e non tengono conto nè dei fatti nè della storia. La Cina, in effetti, sta cercando disperatamente un accordo a lungo termine con gli Stati Uniti, la cui economia è sostenuta con l'acquisto di buoni e i suoi investimenti e da cui dipende il mercato delle esportazioni. Gli Stati Uniti, inoltre, hanno un potere militare che supera di di gran lunga quello degli altri concorrenti (Cina, Russia,India, Giappone, UE e Brasile) messi insieme e, anche se dalla Seconda Guerra Mondiale ha perso (o “pareggiato”) tutte le guerre (Corea, Vietnam, Iraq, Afghanistan) continua a subordinare alla sua politica bellica gli europei, come dimostra la trasformazione della Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), nata per affrontare l’Unione Sovietica, in un apparato militare che agisce in Medio e Estremo Oriente in funzione della geopolitica di Washington.

L’egemonia statunitense è in crisi ma non è in discussione e la Cina, che ha bisogno di crescere economicamente al meno di un 8% annuo per mantenere i suoi posti di lavoro, sente già gli effetti della crisi negli USA e in Europa ( i suoi mercati di export), ai quali è strettamente legata e
comincia ad avere gravi problemi sociali, in modo che non può nè vuole aspirare ad essere il nuovo Egemone. In quanto al BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) non bisogna vedere le etichette “made in Cina” o “feito em Brasil” ma chi produce ed esporta. Robert Reich, ex ministro del Lavoro di Bill Clinton, ha scritto al riguardo ne "Il lavoro delle nazioni" che “il cittadino statunitense che, ad esempio, compra una macchina della General Motors entra senza saperlo in una transazione internazionale. Dei 10.000 dollari pagati alla GM, circa 3000 vanno alla Corea del Sud per il montaggio, 1750 al Giappone per i componenti avanzati, motori, albero di trasmissione, elettronica; 750 alla Germania per la progettazione stilistica; 400 a Taiwan e Singapore per i piccoli componenti; 250 al Regno Uniti per servizi pubblicitari e marketing e 50 all’Irlanda e alle Barbados per l’elaborazione dei dati”. Non esportano, in effetti, “i paesi” ma le grandi transnazionali che in esse sfruttano la mano d’opera in modo che non è possibile ignorare nè la lotta di classe tra gli sfruttati, oppressi e sfruttatori capitalisti, nè la lotta delle transnazionali con i governi e il capitale nazionale.

Questo è il grande problema:
il capitalismo non crollerà se nessuno lo seppellisce e se le sue vittime non sono capaci di usare la crisi per unirsi in un ordine chiuso, per affrontarlo su scala regionale, continentale, internazionale, per rompere con la politica criminale di continuare a produrre lo stesso per i consumi inutili a scapito di tutto e tutti, e se è possibile, in cambio, imporre direttamente, in autonomia, una produzione alternativa e un consumo socialmente responsabile. Più disoccupazione- per il capitalismo- significa più offerta di mano d’opera a basso costo, meno sindacati, più disunione dei lavoratori. Cioè, poter alzare il tasso di guadagno per uscire da questa crisi, fino alla prossima. Per questo non basta preservare le attuali fonti di lavoro: se vogliamo uscire dal disastro, inoltre, bisogna ri-orientare la produzione ed il consumo e lottare per costruire un altro sistema sociale.

Fonte:
http://www.jornada.unam.mx/2010/01/03/index.php?section=opinion&article=012a2pol

Traduzione per Voci Dalla Strada a cura di
VANESA

1 gennaio 2010

IL RUOLO DEL PENTAGONO NELLA CATASTROFE GLOBALE

Valutando la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico a Copenaghen - con più di 15.000 partecipanti da 192 paesi, e più di 100 capi di Stato, così come 100.000 manifestanti per strada- è importante chiedersi: come è possibile che l' inquinante peggiore del biossido di carbonio e altre emissioni tossiche nel pianeta non sia oggetto di nessuna discussione, proposte o restrizioni, durante la conferenza?

In ogni caso, il Pentagono è il più grande utilizzatore istituzionale di prodotti petroliferi e energetici. E, nonostante questo,
il Pentagono è esente da ogni accordo climatico internazionale.

Le guerre del Pentagono in Iraq ed in Afghanistan; le sue operazioni segrete nel Pakistan; il suo equipaggiamento in oltre 1.000 basi statunitensi in tutto il mondo; le sue 6.000 installazioni negli USA; tutte le operazioni della NATO; le sue portaerei; aerei jet; sperimentazione; formazione e vendita di armi, non saranno prese in considerazione per quanto riguarda i limiti dei gas ad effetto serra degli USA o inclusi in alcun conteggio.


Il 17 febbraio, l’Energy Bulletin aveva dettagliato il consumo di petrolio del Pentagono solo per aerei, barche, veicoli terresti e installazioni
che lo hanno reso il consumatore singolo di petrolio più grande del mondo. Fino ad allora, l’Armata degli USA aveva 295 navi da combattimento e ausiliarie e circa 4000 velivoli operativi. L’esercito degli USA aveva 28.000 veicoli blindati, 140.000 High-Mobility Multipurpose, più di 4.000 elicotteri da combattimento, varie centinaia di aerei di ala fissa ed una flotta di 187.493 veicoli. Fatta eccezione per 80 sottomarini e portaerei nucleari, che propagano inquinamento nucleare, tutti gli altri veicoli sono a petrolio.

Secondo il CIA World Factbook del 2006, solo 35 paesi (su 210 al mondo) consumano più petrolio, al giorno, del Pentagono.


Le forze armate degli USA usano ufficialmente 320.000 barili di petrolio al giorno.
Tuttavia, questo totale non comprende il combustibile utilizzato dalle imprese appaltatrici o il combustibile consumato nelle strutture in affitto e privatizzate. Nè include l’enorme quantità di energia e di risorse utilizzate per produrre e mantenere il suo equipaggiamento di morte o le bombe, granate o missili che utilizza.

Steve Kretzmann, direttore dell’Oil Change International, informa che : “La guerra in Iraq ha prodotto almeno 141 tonnellate di biossido di carbonio (MMTCO2e) da marzo del 2003 a dicembre 2007….
La guerra emette più del 60% di tutti i paesi. ...Queste informazioni non sono facilmente disponibili….perché le emissioni di militari all'estero sono esenti da obblighi di comunicazione nazionale, per la legge degli USA e della Convenzione quadro dell’ONU sui Cambiamenti Climatici (www.naomiklein.org, 10 dicembre). La maggior parte degli scienziati danno la colpa alle emissioni di biossido di carbonio per i gas ad effetto serra e al cambiamento climatico.

Bryan Farrell nel suo nuovo libro “The Green Zone: The Environmental Costs of Militarism”, dice che
“il più grande attacco contro l’ ambiente, contro tutti noi nel globo, viene da un’agenzia…le Forze Armate degli USA”.

Come è riuscito il Pentagono ad essere esente dagli accordi climatici?
Durante le negoziazioni degli Accordi di Kyoto, gli USA hanno chiesto (esigendo) come condizione per la loro firma che tutte le loro operazioni militari nel mondo e tutte le operazioni nelle quali partecipano con l’ONU e/o con la NATO fossero totalmente esenti dalle misure di riduzioni. Dopo aver ottenuto questa gigantesca concessione, il governo Bush rifiutò di firmare l’accordo.

In un articolo del 18 maggio del 1998, intitolato “
National security and military policy issues involved in the Kyoto treaty” (Sicurezza nazionale e questioni politiche-militari coinvolte nel trattato di Kyoto) il direttore Jeffrey Salmon descrisse la posizione del Pentagono. Cita il documento annuale del 1997 al Congresso dell’allora segretario della Difesa William Cohen: “Il dipartimento della difesa raccomanda energicamente che gli USA insistano su una clausola di sicurezza nazionale nel protocollo sul cambiamento climatico che si sta negoziando”.

Secondo Salmon, questa disposizione nazionale per la sicurezza è stata avanzata in un progetto
che specificava “esenzione militare totale dei limiti di emissioni di gas ad effetto serra. Il progetto comprende operazioni multilaterali come attività approvate dalla NATO e dall' ONU, ma include anche azioni legate ampiamente con la sicurezza nazionale, che sembrerebbe comprendere tutte le forme di azioni militari unilaterali e la formazione di tali azioni.

Salmon ha citato anche al sottosegretario di Stato, Eduard Eizenstat, che diresse la delegazione degli USA a Kyoto. Eizenstat ha informato che “
il Dipartimento della Difesa e i militari in divisa che sono stati insieme a me a Kyoto, hanno ottenuto tutte le richieste che avevano detto di volere. Cioè, autodifesa, mantenimento della pace, aiuto umanitario”.

Anche se gli Stati Uniti avevano già ricevuto queste garanzie durante le negoziazioni,
il Congresso degli Stati Uniti approvò una clausola esplicita garantendo l’esenzione militare degli USA. L’Inter Press Service, ha riferito il 21 maggio 1998: “I legislatori degli Stati Uniti, nel loro più recente golpe conto gli sforzi internazionali per contenere il riscaldamento globale, hanno esentato oggi le operazioni militari degli USA dall’accordo di Kyoto che specifica gli impegni vincolanti per ridurre emissioni di “gas effetto serra”. La Camera dei Rappresentanti ha approvato un emendamento alla legge dell’autorizzazione militare che l’anno prossimo “proibisce la restrizione delle forze armate sotto il Protocollo di Kyoto”.

Attualmente, a Copenaghen, continuano a valere gli stessi accordi e linee direttive sui gas ad effetto serra- Ma, è estremamente difficile trovare la più minima menzione di questa omissione manifesta.


Secondo la giornalista e ambientalista, Johanna Peace,
le attività militari continueranno ad essere esenti da un ordine esecutivo firmato dal presidente Barack Obama che prevede che le agenzie federali riducano le loro emissioni di gas d’effetto serra fino al 2020. Peace segnala che: “Le forze armate rappresentano un 80 % dei bisogni energetici del governo federale”. ( http://solveclimate.com/ , 1 settembre)

L’esclusione generale delle operazioni globali del Pentagono fanno sembrare le emissioni di
anidride carbonica degli USA appaiono molto meno di quello che in realtà sono. Ma, anche senza contare il Pentagono, gli USA hanno le maggiori emissioni di biossido carbonio del mondo.

Più che emissioni


Oltre ad emettere biossido di carbonio,
le operazioni militari degli USA liberano nell’aria, nell’acqua e nel suolo, altri materiali altamente tossici.

Armi statunitensi fatte con uranio impoverito hanno scaricato decine di migliaia di chili di microparticelle
di rifiuti radioattivi altamente tossiche in tutto il Medio Oriente, Asia Centrale e Balcani.

Gli Stati Uniti vendono mine
antiuomo e bombe a grappolo che sono una delle principali cause di esplosioni ritardate, di mutilazioni e di disabilità soprattutto dei contadini e le popolazioni rurali in Africa, Asia e America Latina. Ad esempio, Israele ha lanciato più di un milione di bombe a grappolo fornite dagli USA nel Libano durante l’invasione del 2006.

La guerra degli Stati Uniti in Vietnam lasciato vaste aree così contaminata con l'erbicida Agente Orange
che attualmente, più di 35 anni dopo,la contaminazione da diossina è di 300 a 400 volte superiore rispetto ai livelli di “sicurezza”. Gravi malformazioni alla nascita e alti tassi di cancro derivanti dalla contaminazione ambientale stanno continuando in una terza generazione.

La guerra del 1991 degli USA in Iraq, seguita da 13 anni di crudeli sanzioni, l’invasione del 2003 e l’occupazione seguente, hanno trasformato la regione- che ha una storia di 5000 anni come granaio del Medio Oriente- in una catastrofe ambientale. La terra coltivabile e fertile dell’Iraq
è diventata una landa desolata del deserto dove il minore dei venti causa una tempesta di sabbia. L’Iraq, che era esportatore di alimenti, adesso importa l’80% dei suoi alimenti. Il Ministro dell’Agricoltura irachena stima che il 90% della terra soffre una severa desertificazione.

Guerra ambientale negli USA


Inoltre, il dipartimento della difesa si è opposto sistematicamente ad ordini dell’
Environmental Protection Agency (Agenzia Protezione Ambientale-EPA) di ripulire le basi statunitensi contaminate. (Washington Post, 30 giugno 2008). Le basi militari del Pentagono sono in testa alla lista dei siti più inquinati del Superfund, e gli inquinanti penetrano nelle falde acquifere di acqua potabile del suolo.

Il Pentagono si è anche opposto agli sforzi dell’EPA di stabilire nuovi standard di inquinamento per due prodotti chimici che si trovano ampiamente nei siti militari: perclorato, trovato nel propellente di razzi e missili; e tricloroetileno, uno sgrassante per parti di metallo.


Il tricloroetileno è l’inquinante d’acqua più diffuso nel paese ed è assorbito dalle falde acquifere
in California, New York, Texas, Florida e altrove. Più di 1.000 siti militari negli USA sono contaminati con questa sostanza chimica. Le comunità più povere, in particolare comunità di gente di colore, sono le più colpite da questo avvelenamento.

I test statunitensi di armi nucleari nel sud-ovest e nelle isole del sud del Pacifico hanno
contaminato con radiazioni milioni di ettari di terre ed acqua. Montagne di scorie radioattive e tossiche di uranio sono state abbandonate in terre indigene nel sud-ovest. Più di 1000 mine di uranio sono state abbandonate in riserve navajo in Arizona e New Mexico.

In tutto il mondo, in vecchie basi ed altre ancora operative in Porto Rico, Filippine, Corea del Sud, Vietnam, Laos, Cambogia, Giappone, Nicaragua, Panama e la vecchia Jugoslavia, barili arrugginiti di prodotti chimici e solventi e milioni di proiettili sono criminosamente abbandonati dal Pentagono.


Il miglior modo per pulire drammaticamente
l'ambiente è chiudere il Pentagono. Quello che serve per combattere il cambiamento climatico è un completo cambiamento del sistema.

Sara Flounders è co-direttore delL' International Action Center


Fonte:
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=16609

Tradotto per Voci Dalla Strada da
VANESA

10 dicembre 2009

COMMERCIO DEL CARBONIO: L' ACQUISTO DEL DIRITTO DI INQUINARE


di Carmelo Ruiz Marrero


Inquinare senza preoccupazioni. Contribuire al riscaldamento globale e al “disastro che il cinema anticipa” senza che l' immagine corporativa si veda colpita. Già ci sono aziende che vi vendono grandi quantità di carbonio, equivalenti agli inquinanti che disperdono nell’atmosfera.


IL RISCALDAMENTO GLOBALE ha dato luogo ad un nuovo tipo di commercio: il commercio del carbonio. Questa nuova attività consiste nell’acquisto e nella vendita di “servizi ambientali”. Tali servizi, che includono la rimozione dei gas che causano l’effetto serra dell’atmosfera, sono identificati ed acquistati da aziende di eco- consulenza e dopo venduti ad individui o corporazioni per “compensare” le loro emissioni inquinanti. Alcune ONG e aziende “ecologiche” favoriscono il commercio del carbonio e lo vedono come la soluzione nella quale tutti vincono, che concilia la tutela dell’ambiente
con l'imperativo del profitto capitalista. Ma ci sono ambientalisti e organizzazioni di base che sostengono che questo commercio non è una soluzione al riscaldamento globale dato che non prestano attenzione alle cause del problema.

Funziona in questo modo: un' azienda di eco-consulenza fa un’eco- assistenza ad un cliente e arriva ad un calcolo presumibilmente esatto di quanto carbonio
rilascia nell'atmosfera con le sue attività. Il carbonio è il denominatore comune di tutti i gas inquinanti che causano il riscaldamento globale. L' azienda cerca in tutto il mondo servizi ambientali che possano compensare le emissioni dei loro clienti. Questi servizi sono di solito boschi e progetti di semina di alberi e sono conosciuti come serbatoi di carbonio (gli alberi rimuovono carbonio dall’atmosfera e lo fissano “sequestrandolo” nel loro legno).

Usando una varietà di metodologie, l’agente dei servizi ambientali arriva ad un calcolo di quanto carbonio "sequestra" un somministratore particolare, gli assegna un valore monetario e lo vende a qualcuno dei suoi clienti. Il cliente allora può sottrarre dal suo conto la quantità di carbonio "sequestrata" dal somministratore che ha comprato.
Quando un cliente possiede sufficienti somministratori per compensare tutte le emissioni si può vantare di non inquinare. Il commercio del carbonio ha l'approvazione dal Gruppo Intergovernativo degli Esperti sul Cambio Climatico (IPCC), prestigioso corpo scientifico che consiglia la Convenzione sul Cambiamento Climatico ed è anche autorizzato dal Meccanismo dello Sviluppo Pulito (MDL) del Protocollo di Kyoto, accordo internazionale per affrontare la minaccia del riscaldamento globale. Contrario a quanto molti ecologisti credono, il Protocollo non contempla realmente le soluzioni sostanziali nelle emissioni di gas inquinanti. Impegna i paesi industrializzati a riduzioni di solo un 5,2 % sotto i livelli di quell’anno. Tuttavia, l'IPCC ha avvertito che per evitare una catastrofe globale queste riduzioni dovrebbero essere del 60% rispetto ai livelli del 1990. IL MDL è uno dei tre meccanismi “flessibili” del mercato nel Protocollo. Gli altri due sono il commercio delle emissioni, nel quale i paesi industrializzati commerciano tra di loro permessi per inquinare, e l’Implementazione Congiunta, nella quale i paesi industrializzati finanziano progetti di mitigazione del cambiamento climatico nell’antico blocco ex-sovietico.

I partecipanti al commercio di carbonio includono:
  • Imprese che forniscono consulenza e intermediazione dei serbatoi di carbonio, come EcoSecurities, NatSource, Co2.com e Climate Change Capital.
  • Società dedicate a "validare" e "verificare" la quantità di carbonio fissato o sequestrato da parte dei "serbatoi", come Det Norske Veritas e Societe Generale de Surveillance, entrambe europee.
  • Organismi delle Nazioni Unite, come il Programma per lo Sviluppo (UNDP) e il Programma Ambientale (UNEP), che aiuta le corporazioni ad indagare ed avere nuovi somministratori.
  • Organizzazioni ambientaliste, come la statunitense World Resources Institute e l’ Environmental Defense
  • Istituti bancari multilaterali come la Banca Mondiale, che ha stabilito il Fondo Prototipo di Carbonio.
  • Climate Care e Future Forets, entrambe in Inghilterra, sono enti privati che hanno avuto la principale voce in capitolo a favore del commercio del carbonio attraverso il dispiegamento di grandi campagne pubblicitarie. Climate Care è un gruppo no-profit che vende serbatoi di carbonio ad individui e imprese ed usa il denaro per investire in progetti ecologici come la protezione della vita silvestre in Uganda, efficienza energetica nell’isola Mauritius nell’ oceano indiano, e microaziende in Bulgaria. I clienti di Climate Care sono per la maggior parte agenzie di viaggi ed ecoturismo, come l’ Ecotours, Whale Watch Azores e Nature Trek.
  • Future Forets, azienda con fini pecuniari, dice nella sua pagina web : "Noi ti aiutiamo a vedere Quanto CO2 (anidride carbonica) viene prodotto dalle attività che realizza, e suggeriamo i modi in cui può ridurre quelle emissioni. Quello che non potrà ridurre, noi lo possiamo neutralizzare (o compensare), piantando alberi che riassorbano CO2 o investendo in progetti che riducano le emissioni di CO2, come quelli che usano risorse di energia rinnovabile”. I clienti di Future Forest includono celebrità come i Pink Floyd, Simple Red, Kitaro, il cineasta Ridley Scott, e corporazioni come la Fiat, Mazda, Volvo, la catena di hotel Marriott, BP, Price Waterhouse Coopers, Warner Brothers e Harper Collins.
Alcuni ecologisti credono che il commercio del carbonio ed il concetto di servizi ambientali non fermano veramente il riscaldamento globale. A maggio del 2004 vari gruppi hanno pubblicato un comunicato contro Climate Care e Future Forests, protestando contro quello che considerano una “propaganda ingannevole” da parte di queste aziende.

Heidi Bachram, del Carbon Trade Watch, ha dichiarato: “Ci preoccupa che queste compagnie stiano indirettamente ostacolando la vera soluzione al riscaldamento globale,
che è quello di ridurre e poi smettere di bruciare combustibili fossili... L’idea che la gente possa bruciare combustibili fossili e piantare alberi per pulire il diossido di carbonio risultante è semplicemente sbagliata. Questa falsa “soluzione” continuerà solo a mantenere l’estrazione di petrolio e del carbonio invece di passare ad energie pulite”.

"Affermare che una tonnellata di carbonio immagazzinato negli alberi è la stessa di una tonnellata di carbonio fossile ignora i concetti più elementari del ciclo naturale del carbonio", ha detto Jutta Kill, che è a capo Sinkswatch.
“C’è una grande controversia scientifica riguardo a quanto diossido di carbonio può emettere nell’aria una piantagione di alberi e per quanto tempo. C’è una differenza tra il piantare alberi, di cui beneficia il clima, e piantare alberi come parte di un programma che sancisce che si continui a bruciare combustibili fossili, di cui non beneficia il clima”, ha sostenuto Mandy Haggith, di Worldforests.

“La vera soluzione è la conservazione dell’energia, la riduzione del consumo, un uso delle risorse più equitativo, e la distribuzione di fonti energetiche a basso impatto, pulite e rinnovabili”, ha dichiarato il
Movimento Mondiale per i Boschi Tropicali, che è molto critico sul MDL e sull’uso della fornitura di carbonio. “Anche se è quasi un’ovvietà dirlo, la volontà politica dei governi sarà necessaria. Questa è scarsa, e quando esiste, si deve scontrare con interessi molto potenti ed implacabili”.

Fonte:
http://www.ecoportal.net/Contenido/Temas_Especiales/Cambio_Climatico/Comercio_de_Carbono._La_Compra_del_Derecho_a_Contaminar

Traduzione per Voci Dalla Strada a cura di
VANESA

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28 novembre 2009

NON TROVANDONE NEMMENO UNO, AL GORE AEROGRAFA URAGANI PER IL SUO NUOVO LIBRO

di Anthony Watts


Il nuovo libro di Al Gore ha un problema – nessun grande uragano dopo Katrina da mettere sul libro per farlo sembrare minaccioso agli Stati Uniti. Qualsiasi collegamento immaginato fra gli uragani e il riscaldamento globale è evaporato.

Soluzione: l’aerografia artistica.


Ryan Maue, esperto di uragani dell’università della Florida, scrive:


Anthony,

Non ci sono molti uragani qui.


La copertina si apre e chiude una metà sull’altra, così potete vedere solo un uragano…come nella foto del comunicato stampa o in quella su Amazon. Ma questa è la reale sequenza dell’immagine dal libro che ho guardato oggi da Borders e della quale ho fatto una foto col cellulare. L’originale (prima del ritocco di qualche “artista”).

Notare tutto il ghiaccio artico e la dimensione della penisola della Florida…

Ecco il prodotto finale:

Ora con 4 terribili uragani. Hey dov’è il ghiaccio?


Un ciclone nano dell’emisfero sud è al largo della Florida, un altro uragano è seduto sull’equatore al largo delle coste del Perù – e il ghiaccio artico è andato (forse è estate) e la penisola della Florida è andata per metà.

Ci sono altre differenze che sono sicuro troverete – ma gli uragani sono sciocchezze..
Ryan


Ecco la copertina del libro:

Sciocchezze? Non più dell’allarmismo, specialmente quando è stato dimostrato ancora una volta che non c’è alcun legame tra uragano e riscaldamento globale, e ci troviamo in un trentennio con una minima presenza di uragani.


Sig. Gore, lei è un ciarlatano.


Fonte: http://wattsupwiththat.com/2009/11/19/not-finding-any-gore-airbrushes-in-hurricanes-for-his-new-book/


Tradotto e segnalato per Voci Dalla Strada da Andreaatparma

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