Visualizzazione post con etichetta Petrolio. Mostra tutti i post
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21 febbraio 2018
Rex Tillerson, da ExxonMobil al Dipartimento di Stato
Tillerson per dieci anni (2006-2016) è stato presidente e amministratore delegato della compagnia petrolifera ExxonMobil, da dove si è trasferito al Dipartimento di Stato per dirigere la politica estera all'inizio del 2017. È entrato a far parte dell'azienda nel 1975 come ingegnere di produzione, [2] arrampicandosi fino a raggiungere la cima. Era anche un membro dell'American Petroleum Institute [3] e il National Petroleum Council. [4] Va ricordato che nel 2007 ExxonMobil fu l'unica compagnia statunitense, insieme alla ConocoPhillips, che ha rifiutato di accettare le nuove regole stabilite nella legge sugli idrocarburi, promulgata sotto la presidenza di Hugo Chávez,
17 febbraio 2018
E’ in arrivo un colpo di stato militare o un’invasione del Venezuela?
4 febbraio 2018
Macron a Tunisi: Quando la rondine crede di fare primavera
Macron ha schierato l'artiglieria pesante, promettendo a dritta e a manca: 500 milioni qua, 100 là, 50 laggiù. La Francia raddoppierà la sua "presenza economica", emergerà un'università franco-tunisina, che formerà gli studenti dell'Africa sub-sahariana. Sei alleanze francesi fioriranno nel territorio di Ifirqyen, che ospiterà il Vertice della Francofonia nel 2020. Una parte del debito tunisino verso la Francia si trasformerà in investimenti. A breve, farà il bagno nell'olio.
L'olio: parliamone...
31 dicembre 2017
Petrolio, droni e italiani: il Niger è ai confini della realtà
Pubblichiamo la terza e ultima puntata della nostra inchiesta sul Niger in occasione del decreto che, a Camere sciolte, istituisce la missione nel paese africano. Petrolio, miseria biblica, guerra dei droni: più che un paese il Niger sembra una zona ai confini della realtà dove accade di tutto, tutto assieme e in modo apocalittico. E' la nuova frontiera di un governo che, parole sue, vuol espandere l'influenza italiana in Africa. Visti i precedenti, antichi e moderni, in Somalia e in Libia c'è solo da fare gli auguri a tutti noi.
“L’uranio sta trasformando il Niger da uno degli stati più poveri del mondo in un paese da boom economico”. Così recitava il New York Times nel 1972 parlando di Arlit, che sarebbe poi diventata la capitale mondiale dell’uranio impoverito. Il New York Times di allora raccontava, oltre a indicare gli interessi al potenziale investitore americano, di italiani, francesi e tedeschi che erano già sul campo per fare affari. Quasi cinque decenni dopo il Niger è ancora uno degli stati più poveri del mondo e americani, francesi, tedeschi e italiani si intrecciano, talvolta alleandosi talvolta facendosi concorrenza, per il controllo di quel paese. Nel frattempo sono stati fatti profitti da boom, finiti regolarmente fuori dal paese, e, come sappiamo, il sessanta per cento degli abitanti del Niger vive al di sotto della soglia di povertà. Potenza della crescita economica.
14 dicembre 2017
Nino Galloni: "La scarsità di denaro? Così ci rendono servi"!
Nino Galloni, economista, per molti anni direttore generale del Ministero del Lavoro, torna nuovamente su Byoblu.com, nel servizio di Eugenio Miccoli.
Nino, secondo Roberto Napoletano, ex direttore del Messaggero e del Sole 24 Ore: “La Francia ha un disegno di conquista strategico e militare sull’Italia: indebolirne le banche, prenderne i gioielli, conquistare il Nord e ridurre il sud a una grande tendopoli“. (Corriere della Sera, 4.12.2017 p.10). Cosa ne pensi?
23 novembre 2017
Come l'Arabia Saudita compra gli "alleati" globali e regionali
L'Arabia Saudita ha costruito una potente rete di relazioni politiche, militari ed economiche regionali e locali che integrano un'appartenenza religioso-estremista condivisa. Di conseguenza, nonostante la reputazione di monarchia clericale dispotica e arretrata con una fortissima dipendenza dalle vendite di petrolio, l'Arabia Saudita è diventata una forza politica micidiale nel Medio Oriente e altrove.
Per comprendere le dinamiche e le proiezioni del potere saudita, è importante identificare e analizzare come utilizza le sue armi militari, religiose ed economiche.
Arabia Saudita: senilità e protezione mercenaria
L'Arabia Saudita ha finanziato e fornito feroci eserciti mercenari in Siria, Iraq, Somalia, Yemen, Libia, Libano, Afghanistan, Pakistan, Filippine, Malesia e molti altri paesi asiatici e africani.
L'intollerante ramo wahhabita dell'Islam sunnita, quello saudita e i suoi mercenari agiscono per rovesciare e distruggere i regimi arabi e le società che vantano una leadership moderna, nazionalista e laica indipendente o praticano la tolleranza multietnica o multireligiosa. Hanno anche preso di mira le repubbliche con governi a maggioranza sciita contro la dominazione saudita-wahhabita in Medio Oriente.
Arabia Saudita: senilità e protezione mercenaria
L'Arabia Saudita ha finanziato e fornito feroci eserciti mercenari in Siria, Iraq, Somalia, Yemen, Libia, Libano, Afghanistan, Pakistan, Filippine, Malesia e molti altri paesi asiatici e africani.
L'intollerante ramo wahhabita dell'Islam sunnita, quello saudita e i suoi mercenari agiscono per rovesciare e distruggere i regimi arabi e le società che vantano una leadership moderna, nazionalista e laica indipendente o praticano la tolleranza multietnica o multireligiosa. Hanno anche preso di mira le repubbliche con governi a maggioranza sciita contro la dominazione saudita-wahhabita in Medio Oriente.
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15 settembre 2017
Il genocidio dei Rohingya
"Aung San Suu Kyi: Vergognati" |
Aung San Suu Kyi ha svolto il suo ruolo come previsto, ottenendo l’appoggio della Destra e l’ammirazione della Sinistra. Per questo ha ottenuto il Premio Nobel per la Pace nel 1991: è entrata nel gruppo degli ‘Anziani’ ed è stata pubblicizzata da molti giornalisti e da vari governi come una figura eroica che si doveva imitare.
Una volta Hillary l’ha definita “una donna straordinaria.” Il percorso della ‘Signora’ della Birmania da pariah politica nel suo paese dove è stata per 15 anni agli arresti domiciliari, è finalmente terminato con un trionfo quando è diventata la leader della Birmania in seguito a un’elezione multipartitica nel 2015.
10 settembre 2017
L'illegittimo debito nascosto del Mozambico
Il rapporto dell'audit sul debito "nascosto" del Mozambico (2 miliardi di dollari) eseguito su richiesta del procuratore generale del paese, ha cominciato a circolare da fine giugno 2017, con molti mesi di ritardo. Solo le conclusioni sono disponibili in questo momento. Essi sono chiari: al di là dei limiti imposti dal gabinetto statunitense Kroll: gran parte di questi prestiti sono illegittimi.
Questa revisione è stata richiesta dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) per riprendere il proprio sostegno al bilancio alle autorità del Mozambico, interrotto nell'aprile del 2016, quando è stato scoperto questo debito "nascosto".
23 agosto 2017
Verità e bugie di Donald Trump
Nel dichiarare che la guerra in Afghanistan "continuerà finché avremo raggiunto la vittoria finale", il presidente Trump ha affermato insieme una grande verità e una grande bugia.
La grande verità è che i presidenti americani in politica estera non contano praticamente nulla. Già Obama era entrato alla Casa Bianca dichiarando di voler mettere fine all'invasione dell'Afghanistan, ma dopo pochi mesi si era trovato a fare marcia indietro, mandando invece altri 30.000 soldati proprio in quel territorio.
Anche Donald Trump aveva, fra le sue promesse elettorali, quella di "mettere fine all' invasione inutile e costosissima dell'Afghanistan", ma dopo pochi mesi ha invece dovuto dichiarare, appunto, che la guerra continua fino a nuovo ordine. Evidentemente c'è qualcosa che il neo presidenti non sanno, e che vengono ad apprendere soltanto dopo essere entrati nell'ufficio ovale.
27 giugno 2017
Guerra psicologica in Venezuela
Il Venezuela è in guerra. Lo è da molto tempo, ma in questi ultimi mesi tutto indica che questa guerra è entrata in una nuova fase. Coloro che la provocano sembra che abbiano scommesso che questo sia il momento finale di questo scontro. Cioè: una guerra che deve avere uno sbocco; e come in ogni guerra, uno dei due lati che combattono deve vincere ma, in questo caso – da quanto si deduce dai fatti attuali – schiacciando il vinto, non negoziando ma neutralizzandolo completamente, senza lasciare spazio alcuno ad una reazione.
“Dove ci sono le pallottole, le parole sono di troppo”, si poteva leggere a volte sui muri di una strada anonima all’inizio di una dittatura sanguinosa, una delle tante che hanno popolato la regione latinoamericana. Quando si passa dalle parole – i simboli, la ricerca del consenso – al fatto concreto -le pallottole, la violenza dura e pura, l’intervento armato e sanguinario - l’unica cosa che conta è la forze bruta. E in Venezuela pare che si vada verso questo.
Ora: arrivare all’uso della forza bruta, almeno nei termini della dinamica socio-politica, non è qualcosa di semplice, richiede preparazione. Le guerre non spuntano per generazione spontanea. Sono possibili, senza dubbio, (“la violenza è la levatrice dell’umanità”, disse Marx), ma le popolazioni, o le forze armate, non fanno uso della violenza solo per un presunto “spirito aggressivo” sempre pronto ad entrare in azione: è necessario un condizionamento sociale-politico-ideologico-culturale che prepari le condizioni.
18 maggio 2017
Le Dame in bianco di Tintori oscurano la scena
Ieri, in Venezuela, le marce delle donne sono state due, e hanno messo nuovamente a tema il quadro dello scontro in atto fra due modelli di paese. Da una parte le destre, i settori agiati e parte di quelle classi medie impoverite dagli anni di neoliberismo selvaggio, poi tornate a vivere periodi di vacche grasse con la ridistribuzione petrolifera voluta dal chavismo (e il barile sopra i 100 dollari) e ora di nuovo scomode in periodo di «guerra economica». Dall'altra le femministe dei settori popolari che appoggiano il socialismo bolivariano: i collettivi – Ni una menos, Lgbtq, Comitati di rifornimento e produzione (Clap), media alternativi, studenti, «classe media socialista»… – che muovono critiche, ma difendono le conquiste sociali.
LE AGENZIE STAMPA – tutte, rigorosamente tutte – e i media mainstream hanno però annunciato entusiasticamente solo quella delle damas en blanco: che hanno sfilato vestite di bianco, per richiamare le anticastriste di Miami. Indubbiamente numerose. È così da un mese. È stato così ogni volta che «l'insopportabile ex operaio del metro» ha segnato qualche punto nella «diplomazia di pace», sostenuta dal papa, dalla Unasur e da un gruppo di ex presidenti guidati dallo spagnolo Zapatero. Impossibile essere informati da più fonti. Oltre una decina di lanci, invece, – su un profluvio dedicati a una sola campana – per lodare enfaticamente «la grinta e il coraggio delle donne venezuelane».
13 aprile 2017
Il petrolio nigeriano porta l’ENI e la Shell in tribunale
Un grande giacimento di petrolio al largo della Nigeria è al centro di uno scandalo finanziario che si svolge tra il paese africano, il Regno Unito, i Paesi Bassi e ormai anche l’Italia. È noto con la sigla Opl 245 e si trova al limite meridionale del delta del fiume Niger, in mare, tra i 1.700 e i duemila metri di profondità. Racchiude circa nove miliardi di barili di petrolio greggio, abbastanza da farne il più grande giacimento noto in Africa.
Nel 2011 l’italiana Eni e l’anglo-olandese Royal Dutch Shell hanno acquistato la concessione dell’intero blocco pagandola 1,3 miliardi di dollari. Ma quei soldi non sono andati nelle casse dello stato nigeriano, se non in minima parte. E ora quel contratto è oggetto di indagini giudiziarie in Nigeria, in Italia e nei Paesi Bassi.
La storia della licenza Opl 245 rivela qualcosa su una delle industrie più opache al mondo, quella dell’estrazione petrolifera. Protagonisti sono un ex ministro del petrolio nigeriano, accusato di aver sottratto i soldi versati dalle compagnie petrolifere; una ditta di facciata, la Malabu oil and gas, dietro a cui si nasconde lo stesso ex ministro; alcuni intermediari di varie nazionalità, affaristi, un paio di ex agenti del controspionaggio britannico.
12 gennaio 2017
Messico: Cronaca di una privatizzazione occulta
"Sono solo investitori stranieri, non esagerare" |
Il nuovo 'gasolinazo' che fu in precedenza annunciato un paio di giorni dopo Natale, ha generato un'ondata di indignazione popolare che nella prima settimana di proteste, mobilitazioni, presa di stazioni di servizio, sciopero dei trasporti e saccheggi, lasciando un saldo di almeno sei morti, 15 feriti e più di 1.500 detenuti.
Crismar Lujano
CELAG
Crismar Lujano
CELAG
Molti economisti concordano sul fatto che questo è un duro colpo per le tasche dei messicani. E l'effetto moltiplicatore della benzina si rifletterà in un aumento previsto dell'inflazione del 3% e che inevitabilmente aumenterà il costo della vita di tutti, che utilizzino i veicoli o meno.
6 gennaio 2017
Nord Dakota/USA: Le grandi banche finanziano il controverso oleodotto a Standing Rock
Un nuovo progetto di oleodotto in Nord Dakota, Stati Uniti, ha provocato un grande movimento di opposizione internazionale. L'oleodotto di 1770 km e con un costo di 3.700 milioni di dollari, prevede di trasportare più di 500.000 barili di petrolio al giorno, dividendo i territori sacri dei nativi americani, nonché le terre attribuite loro da un Trattato. Ma minaccia anche la qualità dell'aria e delle risorse idriche nella regione e presume una spinta importante per l'industria petrolifera nel pericoloso scenario che ci colloca nel cambiamento climatico.
Yago Martínez Álvarez
El Salmon Contracorriente
Yago Martínez Álvarez
El Salmon Contracorriente
Il 30 novembre, più di 500 organizzazioni della società civile provenienti da 50 paesi hanno firmato una lettera aperta indirizzata a 17 banche, tra le quali ING, BNP Paribas, Citigroup e BBVA, chiedendo il ritiro del finanziamento al progetto del Dakota Acces Pipeline (DAPL).
Questo progetto prevede la costruzione di un oleodotto di 1770 km, con un costo di 3,7 miliardi di dollari, che prevede di trasportare più di 500.000 barili di greggio al giorno, dal North Dakota al centro-ovest e, infine, alla costa orientale e meridionale degli Stati Uniti. Il progetto di costruzione di questo oleodotto ha generato un notevole movimento di opposizione internazionale, guidato dalla tribù Sioux di Standing Rock, ma supportato da governi tribali di oltre 280 altre città e alleati in tutto il mondo. Questa crescente resistenza in tutto il mondo si oppone al Dakota Acces Pipeline (DAPL) perché il percorso dell'oleodotto divide i territori sacri dei nativi americani, nonché le terre a loro attribuite dal Trattato, e minaccia la qualità dell'aria e delle risorse idriche nella regione. Inoltre, questa infrastruttura è una minaccia a tutti gli effetti del clima, poiché ciò significherebbe un notevole impulso per l'industria petrolifera nella regione.
Questo progetto prevede la costruzione di un oleodotto di 1770 km, con un costo di 3,7 miliardi di dollari, che prevede di trasportare più di 500.000 barili di greggio al giorno, dal North Dakota al centro-ovest e, infine, alla costa orientale e meridionale degli Stati Uniti. Il progetto di costruzione di questo oleodotto ha generato un notevole movimento di opposizione internazionale, guidato dalla tribù Sioux di Standing Rock, ma supportato da governi tribali di oltre 280 altre città e alleati in tutto il mondo. Questa crescente resistenza in tutto il mondo si oppone al Dakota Acces Pipeline (DAPL) perché il percorso dell'oleodotto divide i territori sacri dei nativi americani, nonché le terre a loro attribuite dal Trattato, e minaccia la qualità dell'aria e delle risorse idriche nella regione. Inoltre, questa infrastruttura è una minaccia a tutti gli effetti del clima, poiché ciò significherebbe un notevole impulso per l'industria petrolifera nella regione.
25 luglio 2016
“In ginocchio da te”: l’amore incondizionato della Mogherini per i sauditi si compie nel silenzio assoluto
Mogherini: “I paesi del Golfo sono il quarto mercato di esportazione dell’Ue, per un flusso commerciale totale pari a 155,5 miliardi di dollari all’anno nel 2015”.
Se i giornalisti antiestablishment volessero fare qualcosa di davvero utile, dovrebbero recarsi in gruppo – le azioni solitarie non sono servite – alle conferenze stampa dei potenti e fare domande scomode o anche lanciare scarpe, metaforiche o vere, come fece il loro collega iracheno con rischi ben maggiori. Temi che non ti accreditino la volta successiva? Ne andranno altri. Non è forse il web pieno di giornalisti blogger analisti editorialisti?
Se i giornalisti antiestablishment volessero fare qualcosa di davvero utile, dovrebbero recarsi in gruppo – le azioni solitarie non sono servite – alle conferenze stampa dei potenti e fare domande scomode o anche lanciare scarpe, metaforiche o vere, come fece il loro collega iracheno con rischi ben maggiori. Temi che non ti accreditino la volta successiva? Ne andranno altri. Non è forse il web pieno di giornalisti blogger analisti editorialisti?
Niente di tutto questo è successo il 18 luglio a Bruxelles in occasione dell’incontro ministeriale congiunto fra Consiglio d’Europa e Consiglio di Cooperazione del Golfo-Ccg che comprende Arabia saudita, Kuwait, Emirati arabi, Qatar, Bahrein, Oman. Un giornalista del filosaudita Al Quds Al Arabi e un cronista dell’agenzia stampa kuwaitiana Kuna hanno porto domande genuflesse alla conferenza stampa congiunta dell’alto rappresentante (in ginocchio) della politica estera Ue Mogherini Federica e del ministro saudita Adel al Jubeir.
18 marzo 2016
La nuova colonizzazione del Messico
Questo venerdì 18 marzo celebriamo il 78esimo anniversario dell’espropriazione petrolifera ad opera del Presidente messicano Lazaro Cardenas del Rio, in un contesto di tradimento assoluto dei principi della sovranità nazionale, della democrazie e del benessere sociale, incarnati dal grande generale della rivoluzione. Un tempo la forza enorme dello stato messicano veniva posta al servizio degli interessi e del benessere del popolo messicano. Oggi invece questo stesso stato è stato messo a servizio degli interessi internazionali più vili che stanno facendo di tutto per smantellare il paese, annientando la resistenza popolare.
Il 22 febbraio scorso il presidente Enrique Peña Nieto si è recato a Houston in Texas per partecipare al congresso annuale dell’IHS Energy CERAWeek. Nel suo tentativo disperato di svendere il nostro oro nero, il presidente messicano si è abbassato al livello dei burocrati di secondo ordine e dei dirigenti delle compagnie petrolifere internazionali che si riuniscono ogni anni. Era l’unico capo di stato a partecipare a questo evento (vedi la lista dei partecipanti qui). In maniera scandalosa Peña Nieto ha anche approfittato del suo viaggio per incontrare il governatore del Texas, Greg Abbott, riducendo in questo modo lo stato messicano a rango di entità federale degli Stati Uniti.
18 gennaio 2016
USA e NATO coinvolti nel contrabbando di petrolio tra Turchia e ISIL
Il governo turco non agisce da solo in Siria e Iraq. La leadership corrotta del governo regionale del Kurdistan, la Gran Bretagna, Israele e gli Stati Uniti sono altrettanto coinvolti. Essi hanno giocato un ruolo diretto o indiretto anche nel furto del petrolio. Dopo che il ruolo della Turchia nel trafugare petrolio alla Siria è stato scoperto, il governo degli Stati Uniti ha iniziato a darsi da fare per mascherare e nascondere le operazioni di contrabbando del petrolio.
Responsabilità degli USA e della NATO
Il primo dicembre, Alexander Gruskho, rappresentante permanente della Russia presso il Quartier Generale della NATO, ha evidenziato che USA e NATO avevano fornito "copertura politica" alla Turchia per il suo attacco al bombardiere russo Sukhoi SU-24 in Siria. Nello stesso giorno, la parlamentare russa Irina Yarovaya ha indicato che l'alleanza militare è altresì coinvolta nella protezione dell'ISIL e nel furto del petrolio siriano e iracheno. La risposta della NATO all'incursione Turca in Iraq è stata inoltre debole e smorzata, anche dopo che il primo ministro iracheno Al-Abadi ha chiamato il Segretariato della NATO l'8 dicembre chiedendo al medesimo di ingiungere alla Turchia quale membro NATO di ritirare le sue forze.
Responsabilità degli USA e della NATO
Il primo dicembre, Alexander Gruskho, rappresentante permanente della Russia presso il Quartier Generale della NATO, ha evidenziato che USA e NATO avevano fornito "copertura politica" alla Turchia per il suo attacco al bombardiere russo Sukhoi SU-24 in Siria. Nello stesso giorno, la parlamentare russa Irina Yarovaya ha indicato che l'alleanza militare è altresì coinvolta nella protezione dell'ISIL e nel furto del petrolio siriano e iracheno. La risposta della NATO all'incursione Turca in Iraq è stata inoltre debole e smorzata, anche dopo che il primo ministro iracheno Al-Abadi ha chiamato il Segretariato della NATO l'8 dicembre chiedendo al medesimo di ingiungere alla Turchia quale membro NATO di ritirare le sue forze.
18 novembre 2015
Attentati a Parigi e interessi USA-UE-Francia in Siria...
Alessandro Di Battista parla di terrorismo, 11 settembre, Medio Oriente, diritti umani e "diritti delle armi"...
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11 febbraio 2015
Che cos’è la teoria della cospirazione? Qual è la verità?
Obama è sul piede di guerra. La civiltà occidentale è apertamente "minacciata dallo stato islamico". La "guerra globale al terrorismo" è lanciata come un’impresa umanitaria. "Noi abbiamo una responsabilità da proteggere". La guerra umanitaria è la risposta.
"Brutta gente" è in giro. "Buttateli fuori", disse G.W. Bush.
I media occidentali battono i tamburi di guerra. L’agenda militare di Obama è supportata da vasti apparati.
Uno degli obiettivi principali della propaganda occidentale è quello di "fabbricare un nemico".
Se
la legittimazione politica di Obama viene in dubbio, sorgono dubbi
sull’esistenza di questo nemico "esterno", ed A.Q. e la sua rete di
affiliati (CIA) deve
dispiegarsi nel mondo.
Lo
scopo è quello di tacitamente instillare – attraverso ripetuti
interventi dei "media" – fatti ad nauseam, entro la coscienza interiore
della gente, la nozione
che i musulmani costituiscono un pericolo per l’Occidente.
Quindi
le guerre umanitarie si dispiegano in diversi fronti quali Russia,
Cina, Medio oriente che costituiscono oggi gli obiettivi odierni.
L’ondata
di xenofobia diretta contro i Musulmani che ha imperversato in Europa è
legata mani e piedi alla geopolitica corrente; è parte della strategia
militare
di demonizzare il nemico.
I
paesi musulmani posseggono più del 60% della risorse energetiche.
8 febbraio 2015
«American Sniper umanizza e glorifica un assassino che ha ucciso per l'imperialismo americano»
Un film “profondamente reazionario”, che “umanizza e glorifica un cristiano fondamentalista che agisce da assassino e uccide 160 iracheni”, e che invece “demonizza e disumanizza ogni singolo iracheno”. E’ destinata a far discutere la durissima critica che Larry Everest, corrispondente del giornale Revolution, scrittore ed esperto di Medio Oriente, fa dell’ultimo film di Clint Eastwoood, che Everest ritiene un omaggio alla propaganda americana.
Innanzi tutto, per inquadrarne l’esperienza, c’è da spiegare chi è Larry Everest. Corrispondente per il giornale Revolution, autore di Oil, Power & Empire: Iraq and the U.S. Global Agenda (Common
Courage, 2004), nel 1991 ha viaggiato attraverso l’Iraq per seguire la
Guerra del Golfo e ha girato il video pluripremiato Iraq: War Against the People. Nel 2005 ha testimoniato nella sessione finale del World Tribunal on Iraq a Istanbul in Turchia.
Everest
è uno dei milioni di individui ad avere visto “American sniper”, il
film di Clint Eastwood sulla storia di un Navy Seal americano, Chris
Kyle, film basato sull’autobiografia dello stesso soldato. Kyle ha
combattuto in Iraq dal 2004 al 2009 quando gli Usa occupavano il paese.
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