Famosi economisti come Mariana Mazzucato, Kate Raworth, Steve Keen, insieme a Sally Svenlen, studentessa di Rethinking Economics, hanno preso parte a un atto presieduto da Larry Elliott, capo della sezione Economia di The Guardian , in cui hanno discusso le 33 tesi, insieme alla richiesta di riforme.
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16 gennaio 2018
La Nuova Riforma: 33 tesi per una riforma della disciplina economica
Il 12 dicembre, in coincidenza con il 500° anniversario delle tesi di Lutero, un gruppo di economisti e studenti ha "affisso" alla London School of Economics un elenco di raccomandazioni per procedere a una riforma economica.
Queste 33 tesi,
preparate da studenti, economisti e accademici, riunite da Rethinking
Economics e New Weather Institute, sostenute da eminenti economisti e
leader politici, come la parlamentare britannica Caroline Lucas,
riassumono una critica dettagliata della corrente principale della
disciplina economica.
Famosi economisti come Mariana Mazzucato, Kate Raworth, Steve Keen, insieme a Sally Svenlen, studentessa di Rethinking Economics, hanno preso parte a un atto presieduto da Larry Elliott, capo della sezione Economia di The Guardian , in cui hanno discusso le 33 tesi, insieme alla richiesta di riforme.
Famosi economisti come Mariana Mazzucato, Kate Raworth, Steve Keen, insieme a Sally Svenlen, studentessa di Rethinking Economics, hanno preso parte a un atto presieduto da Larry Elliott, capo della sezione Economia di The Guardian , in cui hanno discusso le 33 tesi, insieme alla richiesta di riforme.
L'evento
si è svolto martedì 12 dicembre presso l'University College di
Londra e, una volta terminato, i partecipanti, il pubblico e gli
studenti sono andati alle porte della London School of Economics dove
hanno affisso le loro tesi e richiesto quella riforma.
3 gennaio 2018
Il Debito Sovrano: un racconto di Natale
Tra le storie subnormali che la destra ha cercato di vendere c'è quella della presunta crescita del debito pubblico cileno. Luis Casado spiega un paio di cose, per ristabilire un po' di verità ...
Ho letto da queste parti che gli esperti sono preoccupati per il debito sovrano del campo di fiori ricamato (*). Sembra che la gestione del biglietto nazionale sia dispendiosa e irresponsabile. Anche se i governi di Bachelet in particolare, e quelli della Concertación/Nueva Mayoría in generale, non sono la mia tazza di tè, sono sorpreso dalla campagna di terrore scatenata sul tema di un debito pubblico che, nel bene e nel male, è un peccato minore.
Ho letto da queste parti che gli esperti sono preoccupati per il debito sovrano del campo di fiori ricamato (*). Sembra che la gestione del biglietto nazionale sia dispendiosa e irresponsabile. Anche se i governi di Bachelet in particolare, e quelli della Concertación/Nueva Mayoría in generale, non sono la mia tazza di tè, sono sorpreso dalla campagna di terrore scatenata sul tema di un debito pubblico che, nel bene e nel male, è un peccato minore.
Dal 1990 in poi, i governi non hanno fatto altro che amministrare il capitalismo puro e duro che oggi chiamano neoliberalismo. Più papisti del Papa, hanno inventato quel surplus strutturale, cioè di spendere meno di quello che è disponibile, secondo quanto stabilito dal Consenso di Washington, e dagli ordini del FMI.
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14 dicembre 2017
Nino Galloni: "La scarsità di denaro? Così ci rendono servi"!
Nino Galloni, economista, per molti anni direttore generale del Ministero del Lavoro, torna nuovamente su Byoblu.com, nel servizio di Eugenio Miccoli.
Nino, secondo Roberto Napoletano, ex direttore del Messaggero e del Sole 24 Ore: “La Francia ha un disegno di conquista strategico e militare sull’Italia: indebolirne le banche, prenderne i gioielli, conquistare il Nord e ridurre il sud a una grande tendopoli“. (Corriere della Sera, 4.12.2017 p.10). Cosa ne pensi?
4 novembre 2017
Tutto quello che sapete sul neoliberalismo è sbagliato
Diciamolo: nell’economia internazionale odierna, sempre più complessa e interdipendente, la sovranità nazionale è diventata irrilevante. La crescente globalizzazione economica ha reso i singoli Stati sempre più impotenti nei confronti delle forze del mercato. L’internazionalizzazione della finanza e la sempre maggiore importanza delle multinazionali hanno eroso la capacità dei singoli stati di perseguire autonomamente delle proprie politiche sociali ed economiche – in particolare quelle di tipo progressista – e di assicurare la prosperità ai propri popoli. Pertanto, la nostra unica speranza di conseguire qualsiasi cambiamento significativo è che i paesi “mettano insieme” le loro sovranità e le trasferiscano ad istituzioni sovranazionali (come l’Unione europea) che siano abbastanza grandi e potenti da far ascoltare la loro voce, riconquistando così a livello sovranazionale la sovranità persa a livello nazionale.
25 ottobre 2017
La BC€ ha guadagnato quasi 8 miliardi di euro dalla crisi finanziaria della Grecia
La Banca centrale europea (BCE) ha tratto buon profitto dalle sue partecipazioni al debito pubblico greco, secondo un documento visionato dal Financial Times.
Una risposta scritta alla richiesta di un parlamentare greco ha dimostrato che la banca ha raccolto 7,8 miliardi di euro di pagamenti di interessi nel periodo tra il 2012 e il 2016 sui titoli di stato greci acquisiti nell'ambito del programma Securities Market Programme (SPM)
Gli utili sono di solito ridistribuiti tra le 19 banche centrali dell'area euro. Nel 2016, la BCE aveva raccolto più di 1,1 miliardi di euro di pagamenti di interessi sui titoli greci sui circa 20 miliardi di euro di bond da essa detenuti, secondo il quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung.
Un'analisi della Jubilee Debt Campaign stima che l'altro creditore della Grecia, il Fondo Monetario Internazionale, aveva collezionato 2,5 miliardi di euro di guadagno sui suoi prestiti al paese.
Gli utili sono di solito ridistribuiti tra le 19 banche centrali dell'area euro. Nel 2016, la BCE aveva raccolto più di 1,1 miliardi di euro di pagamenti di interessi sui titoli greci sui circa 20 miliardi di euro di bond da essa detenuti, secondo il quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung.
Un'analisi della Jubilee Debt Campaign stima che l'altro creditore della Grecia, il Fondo Monetario Internazionale, aveva collezionato 2,5 miliardi di euro di guadagno sui suoi prestiti al paese.
3 luglio 2017
Bollettino BC€: non si può fare default con la propria moneta
Interazioni monetarie-fiscali e vulnerabilità dell’area €uro
le politiche monetarie e fiscali vengono condotte come nell’area euro, le profezie che si auto-avverano degli agenti economici possono portare a fluttuazioni indesiderate nella produzione, nell’inflazione e negli spread.
2 febbraio 2017
Draghi: "Che l’Italia esca pure dall’euro purchè paghi"
Per la prima volta il Presidente della BCE, naturalmente non in modo esplicito come si evince dal titolo ma con un frasario non equivocabile, ci dice – secondo l’agenzia Reuters – che dalla gabbia dell’euro si può uscire purché si saldino i conti.
E’ un fatto nuovo. Mario Draghi aveva sempre respinto un piano B. Dall’euro non si poteva uscire. Ma non è un pacifico invito ad uscire. Il conto da saldare infatti è di 357milardi di euro 1). Un saldo che- a mio giudizio – sarebbe legittimo moralmente non pagare in quanto tale debito, così come il disastro dei conti pubblici e dell’economia italiana, è opera in primo luogo di trattati fraudolenti funzionali ad alcune regioni d’Europa e penalizzanti per altre, ed in secondo luogo per l’uso manipolatorio dell’euro da parte della Germania.
E’ un fatto nuovo. Mario Draghi aveva sempre respinto un piano B. Dall’euro non si poteva uscire. Ma non è un pacifico invito ad uscire. Il conto da saldare infatti è di 357milardi di euro 1). Un saldo che- a mio giudizio – sarebbe legittimo moralmente non pagare in quanto tale debito, così come il disastro dei conti pubblici e dell’economia italiana, è opera in primo luogo di trattati fraudolenti funzionali ad alcune regioni d’Europa e penalizzanti per altre, ed in secondo luogo per l’uso manipolatorio dell’euro da parte della Germania.
"L’euro conviene alla Germania. Ecco perché ci restiamo dentro”
Così Theo Wagel, ministro delle finanze di Helmut Kohl . “Con un’uscita dall’euro e un taglio netto dei debiti la crisi interna italiana finirebbe di colpo 2) . L’ex ministro ci dice in fondo una cosa ovvia. Qualora la Germania non fosse coperta dall’euro, il marco avrebbe un apprezzamento del 20/30% che comporterebbe crisi dell’esportazione, dell’occupazione, del bilancio nazionale. La lira, con la svalutazione, creerebbe condizioni favorevoli per le esportazioni, per gli investimenti …
Così Theo Wagel, ministro delle finanze di Helmut Kohl . “Con un’uscita dall’euro e un taglio netto dei debiti la crisi interna italiana finirebbe di colpo 2) . L’ex ministro ci dice in fondo una cosa ovvia. Qualora la Germania non fosse coperta dall’euro, il marco avrebbe un apprezzamento del 20/30% che comporterebbe crisi dell’esportazione, dell’occupazione, del bilancio nazionale. La lira, con la svalutazione, creerebbe condizioni favorevoli per le esportazioni, per gli investimenti …
25 gennaio 2017
ROMANIA: 10 anni dopo l'adesione all'U€, i rumeni sono più poveri
Il primo gennaio 2017 si è compiuto il decimostato anniversario dell'integrazione della Romania all'Unione Europea. I mass media rumeni e la propaganda comunitaria hanno inondato l'opinione pubblica con comunicati e statistiche illusorie sui benefici che avrebbe avuto la Romania con l'entrata a far parte del club, in questi dieci anni di sottomissione agli interessi della Commissione Europea e dei suoi grandi poteri economici, principalmente Germania e Francia.
Per esempio, si è parlato dell'esponenziale crescita economica della Romania e del livello di vita dei rumeni. Nei dieci anni come stato membro, il PIL è cresciuto dai 98.000 milioni di euro di fine 2006, fino ai 172.000 del 2016, secondo la propaganda di Bruxelles. Tuttavia, non si menzionano gli alti costi degli alloggi, causati dalla concorrenza dopo la generalizzazione della libera circolazione di merci con le grandi multinazionali comunitarie e straniere. Inoltre, come normalmente succede ai lavoratori in una dittatura del capitale, la distribuzione del PIL è estremamente disuguale; cioè, pochi si portano a casa quasi tutto e la maggioranza rimane con le briciole.
Per esempio, si è parlato dell'esponenziale crescita economica della Romania e del livello di vita dei rumeni. Nei dieci anni come stato membro, il PIL è cresciuto dai 98.000 milioni di euro di fine 2006, fino ai 172.000 del 2016, secondo la propaganda di Bruxelles. Tuttavia, non si menzionano gli alti costi degli alloggi, causati dalla concorrenza dopo la generalizzazione della libera circolazione di merci con le grandi multinazionali comunitarie e straniere. Inoltre, come normalmente succede ai lavoratori in una dittatura del capitale, la distribuzione del PIL è estremamente disuguale; cioè, pochi si portano a casa quasi tutto e la maggioranza rimane con le briciole.
1 novembre 2016
La redistribuzione non basta, va affrontato il nodo della produzione della ricchezza
Il capitale non è più fattore di crescita ma di distruzione delle forze produttive della società
Nella presente fase storica di accumulazione capitalistica la questione centrale non è più soltanto quella della redistribuzione "equa" della ricchezza prodotta, classico tema della politica socialdemocratica, e della redistribuzione del lavoro (riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario), storico cavallo di battaglia del movimento operaio. Il perseguimento di questi due importanti temi, così come quello della inclusione dei migranti nella società europea, non può prescindere dall'affrontare il tema della produzione della ricchezza e quindi dei rapporti di produzione e del rapporto sta Stato e economia, che diventano la priorità e il tema centrale della lotta politica per una sinistra che voglia essere di classe e adeguata alle condizioni della realtà.
La crisi, iniziata nel 2007/2008 e ancora in corso, è di natura e profondità diversa rispetto a quelle che si sono verificate ciclicamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di una crisi che è manifestazione di una sovraccumulazione di capitale (cioè di un eccesso di investimenti di capitale sotto forma di mezzi di produzione) assoluta e senza precedenti. Tale crisi è irrisolvibile nell'ambito dell'attuale quadro di rapporti economici e politici se non mediante massicce distruzioni di capacità produttiva e capacità lavorative, che possono arrivare fino alla guerra. Come ho cercato di spiegare più ampiamente nel mio libro "Globalizzazione e decadenza industriale. L'Italia tra delocalizzazioni, crisi secolare e euro", ciò che caratterizza oggi il modo di produzione capitalistico, nei suoi punti centrali (la cosiddetta Triade: Usa, Europa occidentale e Giappone), è la separazione tra accumulazione (produzione di profitto) e crescita economica (misurata mediante il Pil).
Nella presente fase storica di accumulazione capitalistica la questione centrale non è più soltanto quella della redistribuzione "equa" della ricchezza prodotta, classico tema della politica socialdemocratica, e della redistribuzione del lavoro (riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario), storico cavallo di battaglia del movimento operaio. Il perseguimento di questi due importanti temi, così come quello della inclusione dei migranti nella società europea, non può prescindere dall'affrontare il tema della produzione della ricchezza e quindi dei rapporti di produzione e del rapporto sta Stato e economia, che diventano la priorità e il tema centrale della lotta politica per una sinistra che voglia essere di classe e adeguata alle condizioni della realtà.
La crisi, iniziata nel 2007/2008 e ancora in corso, è di natura e profondità diversa rispetto a quelle che si sono verificate ciclicamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di una crisi che è manifestazione di una sovraccumulazione di capitale (cioè di un eccesso di investimenti di capitale sotto forma di mezzi di produzione) assoluta e senza precedenti. Tale crisi è irrisolvibile nell'ambito dell'attuale quadro di rapporti economici e politici se non mediante massicce distruzioni di capacità produttiva e capacità lavorative, che possono arrivare fino alla guerra. Come ho cercato di spiegare più ampiamente nel mio libro "Globalizzazione e decadenza industriale. L'Italia tra delocalizzazioni, crisi secolare e euro", ciò che caratterizza oggi il modo di produzione capitalistico, nei suoi punti centrali (la cosiddetta Triade: Usa, Europa occidentale e Giappone), è la separazione tra accumulazione (produzione di profitto) e crescita economica (misurata mediante il Pil).
12 febbraio 2016
Perché gli esperti occidentali desiderano il fallimento della Cina
Fin dall'inizio del 2016, cè stato un vero e proprio proliferare di prognosi catastrofiche sullo stato asseritamente disastroso dell'economia cinese nei media occidentali. Noti organi di stampa come The Economist ed il Wall Street Journal hanno opinato che la domanda non è se, ma quando l'economia cinese andrà incontro ad una profonda recessione.
Il Wall Street Journal ha dato alla Cina cinque anni di tempo prima che l'intero sistema collassi. L'Economist sostiene che Pechino ha malgestito l'economia cinese, in particolare cercando di controllare la propria valuta, lo yuan, per troppo tempo. Si è aggiunta a queste pessimistiche previsioni anche la banca d'affari Goldman Sachs, che ha consigliato i propri clienti di abbandonare la nave cinese che affonda portando in salvo il proprio denaro.
Si è spinta sino ad affermare che "la Cina sta rischiando un insostenibile aumento del suo rapporto debito/PIL che potrebbe portare il paese ad oltrepassare il punto di non ritorno ed a precipitare nell'instabilità economica e, con ogni probabilità, politica.
Il Wall Street Journal ha dato alla Cina cinque anni di tempo prima che l'intero sistema collassi. L'Economist sostiene che Pechino ha malgestito l'economia cinese, in particolare cercando di controllare la propria valuta, lo yuan, per troppo tempo. Si è aggiunta a queste pessimistiche previsioni anche la banca d'affari Goldman Sachs, che ha consigliato i propri clienti di abbandonare la nave cinese che affonda portando in salvo il proprio denaro.
Si è spinta sino ad affermare che "la Cina sta rischiando un insostenibile aumento del suo rapporto debito/PIL che potrebbe portare il paese ad oltrepassare il punto di non ritorno ed a precipitare nell'instabilità economica e, con ogni probabilità, politica.
23 giugno 2015
Che cosa s’intende per riforma? Lo strano caso della Grecia e dell’Europa
Mentre tornavamo da Berlino, martedì, il ministro greco delle finanze Yanis Varoufakis mi ha osservato che l’attuale uso del termine “riforma” ha le sue origini nel medio periodo dell’Unione Sovietica, in particolare sotto Kruscev, quando accademici modernizzatori cercarono di introdurre elementi di decentramento e di mercato in un sistema di pianificazione sclerotico. In quegli anni, in cui la lotta negli Stati Uniti era per i diritti e alcuni giovani europei sognavano ancora la rivoluzione, il temine “riforma” non era molto utilizzato in occidente. Oggi, in una strana svolta di convergenza, è diventato la parola d’ordine della classe dominante.
Il termine, riforma, è oggi diventato centrale nel tiro alla fune tra la Grecia e i suoi creditori. Un nuovo sollievo dal debito potrebbe essere possibile, ma solo se i greci acconsentiranno a “riforme”. Ma a quali riforme e a qual fine? La stampa ha fatto circolare il termine, riforma, nel contesto greco come se ci fosse un vasto accordo sul suo significato.
Il termine, riforma, è oggi diventato centrale nel tiro alla fune tra la Grecia e i suoi creditori. Un nuovo sollievo dal debito potrebbe essere possibile, ma solo se i greci acconsentiranno a “riforme”. Ma a quali riforme e a qual fine? La stampa ha fatto circolare il termine, riforma, nel contesto greco come se ci fosse un vasto accordo sul suo significato.
Le specifiche riforme pretese dai creditori della Grecia oggi sono una miscela speciale. Mirano a ridurre lo stato; in questo senso sono “orientate al mercato”. Tuttavia sono la costa più lontana dalla promozione del decentramento e della diversità. Al contrario, operano per distruggere le istituzioni locali e per imporre un unico modello di politica in tutta Europa, con la Grecia non come fanalino di coda, bensì all’avanguardia. In quest’altro senso le proposte sono totalitarie, anche se il padre filosofico è Friedrich von Hayek, l’antenato politico, per dirla brutalmente, è Stalin.
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