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10 novembre 2010

GLI USA PREVEDOVO DI APPROPRIARSI DELL'ARSENALE NUCLEARE DEL PAKISTAN

“Mentre la guerra in Afghanistan, la maggiore e più lunga del mondo, continua con un numero record di vittime tra i civili e combattenti su entrambe le frontiere afgano-pakistane, ci sono piani in atto per espandere ancora di più la guerra verso il Pakistan e minacciare anche l’Iran….Si fanno comparazioni con la guerra di Washington in Indocina. Ma il Pakistan, con i suoi 180 milioni di abitanti ed armi nucleari, non è la Cambogia, e l’Iran, con la sua popolazione di più di 70 milioni non è il Laos”.

© 2010 Rick Rozoff 

Due notizie recenti provenienti dagli USA hanno cominciato a risuonare nel Pakistan e causano speculazioni sul fatto che l’aumento degli attacchi dei droni statunitensi e gli attacchi degli elicotteri della NATO in questo paese potrebbero essere il presagio di azioni molto più grandi: Niente meno che l’espansione della guerra dell’Occidente in Afghanistan verso il Pakistan con l’obiettivo finale di appropriarsi delle armi nucleari di questa nazione.

24 settembre 2010

Crisi Reali o Crisi False: Nascondono il Rischio di una Guerra Nucleare

Siamo arrivati ad un punto decisivo della nostra storia. Gli USA e i suoi alleati preparano una guerra nucleare con conseguenze devastanti.
Durante la Guerra Fredda, fu introdotto il concetto di "mutual assured destruction"(Mutua Distruzione Assicurata, MAD in inglese, NdE). La comprensione delle conseguenze di una guerra nucleare ha contribuito considerevolmente ad evitare lo scoppio di una guerra tra gli USA e l’Unione Sovietica.
di Michel Chossudovsky
 
Oggi, nell’era post Guerra Fredda, tale comprensione non prevale.
Lo spettro di un olocausto nucleare, che ha ossessionato il mondo per mezzo secolo, è stato relegato al rango di "danni collaterali".
Questa avventura militare nel vero senso della parola minaccia il futuro dell’umanità.
Anche se è possibile concepire la perdita di vite umane e distruzione derivante dalle guerre in corso, compreso l’Iraq e l’Afghanistan, è impossibile valutare e comprendere pienamente la devastazione che risulterebbe da una Terza Guerra Mondiale, con “nuove tecnologie” e sistemi avanzati di armi, fino a quando si verifica effettivamente e diventa una realtà.

14 giugno 2010

L'ARABIA SAUDITA APRE IL SUO SPAZIO AEREO AD ISRAELE PER UN PROBABILE ATTACCO ALL'IRAN

In un accordo nel quale hanno preso parte gli USA, è stato assegnato un corridoio di volo sul suo territorio.
Londra. Il governo dell’Arabia Saudita permetterà l’uso del suo spazio aereo affinchè aerei israeliani sorvolino il suo territorio per dirigersi verso l’Iran, in un probabile attacco ad installazioni nucleari iraniane, secondo quanto riportato da un quotidiano britannico.
Le autorità saudite hanno consegnato uno stretto corridoio al nord di questo paese che permetterà di ridurre il tempo di volo da Israele all' Iran, lo riporta il quotidiano The London Times.

“I sauditi hanno dato il loro permesso agli israeliani per passare sul loro spazio aereo e far finta di non vedere. Loro hanno già fatto prove per assicurarsi che i loro aerei riconoscano il codice delle navi israeliane per evitare di essere colpite, tutto questo si è fatto attraverso un accordo con il Dipartimento di Stato”, ha indicato una fonte del Dipartimento della Difesa degli USA al Times.

24 maggio 2010

LULA E IL NUOVO SCENARIO INTERNAZIONALE

Brasile, giocatore globale 
di  Edgardo Mocca
L’accordo con l’Iran affinchè si realizzi il processo di arricchimento di uranio in un altro paese - in questo caso la Turchia- ottenuto dal presidente brasiliano Lula, con la collaborazione del suo omologo, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan è un fatto di straordinaria portata, i cui significati sicuramente saranno apprezzati meglio con il passare del tempo.

Secondo i governi del Brasile e della Turchia, l’accordo è nel rigoroso rispetto degli accordi fatti dalla OIEA (Organizzazione Internazionale dell’Energia Atomica) di fronte al progetto di sviluppo di energia nucleare da parte dell’Iran. Tuttavia, il governo americano ha lanciato un’immediata e poco velata azione per far deragliare il progetto.

20 maggio 2010

LA DEMOCRAZIA OCCIDENTALE È UN SEGRETO MILITARE

Come era prevedibile, e come era stato in effetti previsto da alcuni ambientalisti, una volta passate le elezioni è cominciata nel Partito Democratico la “revisione” della posizione contraria al ritorno del nucleare in Italia. L’occasione per “rivedere” è consistita in una lettera che la stampa ha presentato come “firmata da un gruppo di “scienziati e tecnici”, anche se il gruppo è infoltito soprattutto da imprenditori e manager. Il primo dei firmatari è l’oncologo Umberto Veronesi, la cui nota sensibilità umanitaria si esprime soprattutto nell’ambito di quel fenomeno, tipicamente ed esclusivamente umano, che sono gli affari.

IRAN: L' ACCORDO NUCLEARE CON BRASILE E TURCHIA COMPLICA LE SANZIONI USA


di Jim Lobe

WASHINGTON, 18 maggio 2010 (IPS) - L’amministrazione del presidente statunitense Barack Obama ha reagito con scetticismo all’accordo di scambio di materiale nucleare firmato lunedì scorso tra Iran, Turchia e Brasile. La Casa Bianca suggerisce che Teheran dovrà comunque compiere ulteriori e significativi passi per soddisfare le richieste statunitensi ed occidentali rispetto al suo programma nucleare. 

“Rispettiamo gli sforzi fatti da Turchia e Brasile – ha detto l’addetto stampa della Casa Bianca Robert Gibbs in un comunicato diffuso poco dopo la notizia della firma avvenuta a Teheran –. Gli Stati Uniti continueranno a lavorare con i nostri partner internazionali e attraverso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite per rendere evidente al governo iraniano che deve dimostrare con i fatti, e non solo con le parole, la sua volontà di rispettare gli obblighi internazionali o di affrontare sanzioni”.

6 maggio 2010

ISRAELE: UN'OASI NUCLEARE IN MEDIO ORIENTE


La sua strategia dissuasiva è avere l’esclusiva  nucleare nella regione
L’ambiguità e la segretezza sono state le costanti di tutti i governi israeliani. Perfino Ehud Olmert, in un lapsus, ha riconosciuto che avevano la bomba.

Secondo diversi studi, Israele possiede tra le 75 e le 400 testate nucleari, cosa che lo trasforma nell’unico paese del Medio Oriente ad avere questo tipo di armamento. La segretezza che circonda il programma israeliano nucleare, i cui principi risalgono agli anni 50, impedisce di riconoscere le dimensioni precise dell’arsenale. Con l’aiuto della Francia e del Regno Unito, Israele ha costruito la centrale nucleare di Dimona, nel deserto di Neguev, che nel 1965 era operativa ed in condizioni di produrre plutonio a livello richiesto per uso militare.

8 febbraio 2010

AVVISO ALLA NATO: LA RUSSIA IMPONE LE REGOLE DEL "GRANDE GIOCO"

Nell'immagine, la bandiera USA, e dietro la bandiera della Romania,  
dove gli Usa prevedono di installare missili intercettori.

Nella scacchiera del “Grande Gioco” geopolitico e militare mondiale ci sono due conflitti strategici che (a causa dei loro allineamenti ed influenza globale) si riassumono in “uno solo” e possono far scoppiare il pianeta in un finale militare:
A) La guerra fredda tra USA- Russia e
B) La guerra fredda tra gli USA-Cina. I fattori detonanti che trasformano questi due fronti di conflitto in "uno solo", sono l’Iran e il conflitto nel mondo islamico con Israele (la miccia di incendio verso qualsiasi sviluppo militare futuro). Nella settimana trascorsa, il Cremlino, senza sottigliezze diplomatiche, ha segnato la scacchiera e ha messo i limiti al gioco USA- NATO nell’ex spazio sovietico. 

Di Manuel Freytas

Mosca “nuclearizza” la guerra fredda
Così come Washington questa settimana (attraverso la sua “Revisione della Difesa Quadrieannale 2010”), ha identificato il “terrorismo” con l’Iran (l’alleato chiave di Pechino e Mosca) come le minacce principali alla “sicurezza globale”, la Russia ha identificato l’espansione della NATO (alleanza USA- Europa) come una delle principali minacce alla sua sicurezza nazionale.
Ma Mosca è andata oltre: In una riaffermazione dottrinale della sua potenza militare ha rivendicato il diritto della Russia di usare armi nucleari se l’esistenza del paese fosse in pericolo.

12 dicembre 2009

ARMI NUCLEARI IN EUROPA

Il legame transatlantico segreto della NATO

di Rick Rozoff


“Vent’anni dopo la caduta del Muro di Berlino, piloti olandese, belga, italiani e tedeschi continuano ad essere pronti per partecipare ad una guerra nucleare”


“Le forze nucleari con base in Europa e impegnate con la NATO
forniscono un collegamento essenziale politico e militare tra i membri europei e americani dell'Alleanza. L' Alleanza quindi manterrà forze nucleari adeguate in Europa”.

“Anche se tecnicamente sono proprietà degli USA, le bombe nucleari conservate nelle basi della NATO sono destinate ad essere lanciate da aerei del paese ospitante”.


“Il dipartimento della Difesa, in coordinazione con il Dipartimento di Stato, dovrebbe coinvolgere gli alleati della NATO nella rivalutazione e conferma del ruolo delle armi nucleari nella strategia politica dell’Alleanza per il futuro”.

28 ottobre 2009

IRAN-VERTICE G20: CREARE UNA CRISI PER COPRIRE LE DIVISIONI

di Sara Flounders

La riunione del G-20 a Pittsburgh riunì i ministri della finanza, banchieri e dirigenti politici delle economie più grandi del mondo, apparentemente, per dibattere la più seria crisi economica del capitalismo in tre generazioni. Invece hanno attaccato l’Iran.

Senza proporre misure dirette ad alleviare la sofferenza dei cento milioni di lavoratori che hanno perso il lavoro, senza annunciare programmi d’impiego o costruzioni di infrastrutture, l’imperialismo statunitense, britannico e francese si sono uniti con enfasi per minacciare l’Iran con accuse totalmente false. Loro hanno chiesto che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e i membri del G-20 lavorassero ad un nuovo round di sanzioni contro l’Iran.

22 ottobre 2009

OBAMA S'IMPEGNA A MANTENERE SEGRETE LE ARMI NUCLEARI DI ISRAELE


di Eli Lake

Il presidente Obama ha riconfermato un accordo segreto di 40 anni fa che ha permesso ad Israele di mantenere un arsenale nucleare senza aprirlo alle ispezioni internazionali, secondo quanto detto da tre funzionari a conoscenza dell’accordo.


I funzionari, hanno parlato alla condizione di non essere nominati perché stavano discutendo su questioni private, hanno detto che Obama si è impegnato a mantenere l'accordo la prima volta che ha ospitato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca maggio.


Secondo l'accordo, gli Stati Uniti non hanno fatto pressione su Israele perché rivelasse le sue armi o firmasse il Trattato di non Proliferazione Nucleare (TNP) secondo il quale Israele avrebbe dovuto rinunciare, in base alle stime, a diverse centinaia di bombe nucleari.

24 settembre 2009

CAMPAGNA DELLA "LOBBY" NUCLEARE TEDESCA


Attivisti antinucleare con falsi fusti di rifiuti radioattivi
nel corso di una protesta a Monaco di Baviera.



Un documento confidenziale spiega come far pressione sui partiti prima delle elezioni federali.


Tutti i lobbisti lavorano intensamente prima delle elezioni come quelle che si svolgeranno in Germania domenica prossima. Poco viene alla luce sulle loro attività, a meno che improvvisamente non sfugga un documento di lavoro. Questo è quello che è appena successo alla lobby nucleare tedesca, che da mesi elabora dettagliatamente la situazione pre-elettorale per far pressione sui politici a favore dei propri interessi.
"L'obiettivo finale di questa strategia è quello di influenzare positivamente il dibattito sulla proroga delle licenze di esercizio della centrale tedesca", dice un dossier di 109 pagine datato 11 novembre 2008, firmato dalla consulenza politica di Berlino PRGS sotto incarico di Eon Kraftwerkw GmbH, la sezione nucleare del gigante energetico tedesco, a cui ha avuto accesso Pubblico.
Il colosso industriale Eon non vuole che si parli di energia durante la campagna elettorale.
Vari giornali web ieri si sono fatti eco dell'esistenza del dossier, che contiene una lista di media e di giornalisti classificati in base alla loro affinità con l'energia nucleare.

Diffusione imbarazzante.
La sua diffusione, 4 giorni prima delle elezioni, risulta molto imbarazzante non solo per Eon ma anche per i partiti pro-nucleare, come l' Unione Democratica Cristiana (CDU) di Angela Merkel e dei suoi alleati del Partito Libero Democratico (FDP), sostenitori del programma di abbandono completo dell'energia nucleare nei prossimi 15 anni.
La maggior parte dei tedeschi rifiuta l'energia nucleare in un momento in cui gli incidenti e i guasti nelle centrali di Krümmel e Brunsbüttel e nel deposito di residui di Asse si sono moltiplicati. Inoltre, la Germania continua senza avere un deposito centrale, dato che la miniera di sale di Gorleben in Bassa Sassonia, si è rivelata inadeguata.

Il dossier raccoglie una serie di esaustivi argomenti a favore del nucleare: un' energia sicura e a basso costo che riduce la dipendenza dalle importazioni. Analizza la posizione dei diversi partiti, uno ad uno, e raccomanda di evitare che l'energia nucleare si trasformi in argomento della campagna elettorale, perchè questo potrebbe mobilitare i potenziali votanti del Partito Social Democratico Tedesco (SPD) e dei Verdi.
La strategia, chiaramente formulata, consiste nell'accentuare il compromesso di Eon con le energie pulite e lavorare di nascosto a favore del nucleare. La consulta raccomanda, per esempio, diffondere la paura "della dominazione russa" per la somministrazione energetica. "Questo argomento geostrategico risveglia vecchie paure storiche", dice. Questo passaggio è specialemente delicato per Eon, che vuole importare gas russo in Germania.
Eon e PRGS ieri hanno dichiarato che il dossier non è altro che un progetto di relazioni pubbliche che la consulta ha proposto, senza successo, al consorzio energetico.

Fonte: http://www.publico.es/internacional/254668/campana/lobby/nuclear/aleman

Tradotto per Voci Dalla Strada da Vanesa

18 agosto 2009

LA FREGATURA DEL NUCLEARE

di Daniele Rovai

Per le nuove centrali nucleari Italiane lo Stato non darà alcun sussidio perché la loro costruzione sarà interamente finanziata dagli operatori privati. Lo ha dichiarato qualche giorno fa il ministro Scajola a margine dell'inaugurazione del cantiere di Mochovce, in Slovacchia, dove Enel sta costruendo due unità nucleari. Peccato che sia una menzogna. Il “nuovo” nucleare costerà molto alle indebitate casse dello stato ed Enel avrà tutti gli aiuti che servono. Anzi qualcuno l’ha già avuto. Per esempio, l’aver fatto pagare alle famiglie italiane un contratto che riguarda la messa in sicurezza di materiale radioattivo di sua proprietà. Negli anni 80 la Francia, la Germania e l’Italia si accordarono per sviluppare un progetto di reattori veloci che si sarebbero alimentati con le scorie prodotte da loro stessi. Fu usato il termine di centrali autofertilizzanti.

Di quel fallimentare progetto è rimasta una vecchia centrale a Cres Melville, in Francia, dove sono anche stoccate le barre di plutonio usate durante la breve vita dell’impianto. Un terzo di quel combustibile nucleare è di Enel che nel 1998 stipula un contratto per tenerle presso la centrale. Quel contratto aveva una clausola: entro il 2007 l’Enel doveva riprendersi le barre oppure pagare perché fossero ritrattate in Francia, trasformate in rifiuti radioattivi e quindi riconsegnate. Il 30 aprile dell’anno scorso il governo Berlusconi, usando l’azienda pubblica Sogin, perfeziona quell’accordo pattuendo il ritrattamento in 170 milioni di Euro. Il contratto prevede anche un ulteriore spesa di 133 milioni per la cessione a terzi del plutonio recuperato. Le scorie rienteranno entro il 2025.

Il problema è che nel definire il perimetro degli oneri nucleari il legislatore non aveva menzionato le scorie francesi. Quelle erano parte di un accordo di Enel con Edf che non rientrava nello smantellamento del sistema nucleare italiano. Eppure a maggio del 2008 la Sogin - per conto del governo - chiede all’Autorità per l’Energia ed il Gas, che ha il compito di erogarle i fondi per lo smantellamento, i soldi per onorare quel contratto. L’Autorità eroga quei soldi (del Arg/elt 57/09) “in via provvisoria” solo perché il governo le promette di sanare la situazione a posteriori modificando il decreto ministeriale del26 gennaio 2000, cioè la legge che definisce quali sono gli oneri nucleri

Nella sostanza: visto che il governo, maggior azionista di Enel, non vuol far pagare alla sua azienda quei soldi, li fa pagare alle famiglie italiane usando impropriamente fondi per lo smantellamento dei vecchi impianti nucleari. La legge non lo permette? Il governo sanerà la situazione a posteriori modificando a suo pro una vecchia legge. Funziona cosi la democrazia in Italia. Ma non è finita. Un’altro aiuto è arrivato solo qualche settimana fa grazie alla legge “Sviluppo” approvata dal Parlamento il 9 luglio. Con questa legge si ordina al Gestore della Rete Elettrica di immettere in rete “tassativamente” una determinata quota di energia prodotta dagli impianti nucleari “costruiti sul territorio italiano”.

Questo è possibile modificando retroattiva un legge del marzo 1999 - una consetudine ormai - che voleva favorire la produzione di energia da fonte rinnovabile. E’ infatti bastato aggiungere alla frase “fonti energetiche rinnovabili” le parole “energia nucleare prodotta sul territorio nazionale” ed il gioco è stato fatto. Inoltre con quella stessa legge le fonti rinnovabili vengono tassate indirettamente perché si costringe il produttore a pagare l’onere per la trasmissione e la distribuzione anche se la produzione e l’utilizzazione di quell’energia elettrica è sul posto. Una tassa occulta? Dire che il nucleare serve al paese è una bugia. Ed infatti nella sua ultima uscita il ministro Scaiola ha corretto il tiro. Ha detto che “sarà un’affare”. Siamo daccordo con lui. Sarà un affare. Per questo governo.

Fonte: http://www.altrenotizie.org/

6 aprile 2009

LA ROTTA DELL'URANIO E DEI CLANDESTINI





di Fabrizio Gatti


Dal Niger quasi 10 mila africani fuggono verso le nostre coste. La guerra per l'uranio e l'alleanza Gheddafi-Sarkozy favoriscono i trafficanti. E gli accordi Italia-Libia diventano così una beffa.
Visto da Agadez, l'ultimo abbraccio tra il premier Silvio Berlusconi e il colonnello Muhammar Gheddafi è una beffa. In questa splendida città di fango rosso in mezzo al Sahara in Niger, l'accordo sull'immigrazione ratificato a Tripoli il 2 marzo scorso è già carta straccia. Da Agadez i camion e i fuoristrada stracarichi di emigranti africani che sperano di arrivare a Lampedusa, in Italia o in Europa hanno ripreso i loro viaggio verso la Libia. Il traffico è ripartito come ai tempi d'oro. Sotto lo sguardo indifferente e spesso interessato dell'esercito libico che controlla la pista di rocce e sabbia alla frontiera di Tumu, nel silenzio del deserto.

Gheddafi, a sud del Sahara, oggi è soltanto un esecutore di decisioni prese a Parigi. Per fermare o rallentare la marcia dei clandestini verso il loro futuro, Berlusconi dovrebbe piuttosto chiedere l'intervento del presidente francese Nikolas Sarkozy: perché la via ai trafficanti di uomini è stata riaperta proprio grazie alla guerra dei tuareg. Una guerra per l'uranio sostenuta dalla Francia nella regione di Agadez. Da novembre 2008 migliaia di persone sono passate dalla città rossa per andare a nord. Con un record di partenze tra gennaio e febbraio: quasi 10 mila ragazzi e ragazze in fuga dall'Africa occidentale. Dalla prossima estate capiremo se questa generazione di ventenni avrà trovato lavoro in Libia o apparirà nei telegiornali sui barconi alla deriva nel Mediterraneo. Il loro obiettivo, dicono, è arrivare in Italia o da qualche parte in Europa.

Il 24 febbraio Berlusconi ha incontrato Sarkozy. Ma non gli ha parlato di immigrazione. I due hanno discusso di ritorno all'energia nucleare in Italia. E di contratti per miliardi di euro da oggi al 2030 a vantaggio di Parigi. Areva, il colosso statale del nucleare francese, ha bisogno di nuovi clienti. Perché dal 2012 la società avrà così tanto uranio a disposizione che, per ammortizzare un investimento iniziale di 1,2 miliardi di euro, deve trovare subito qualcuno disposto a comprarlo. Altrimenti rischia di pagare cara la crisi finanziaria in cui è caduta. Tutto quell'uranio, però, non è ancora arrivato in Francia. Per il momento è in Niger, vicino ad Agadez: a Imouraren, sotto la sabbia nel mega-giacimento che comincerà a produrre fra tre anni, il secondo al mondo dopo McArthur River in Canada.

Quello che nella sua visita a Roma il 24 febbraio Sarkozy non ha detto a Berlusconi è che la Francia in Niger ha giocato una partita sporca. Come era abituata a fare in Africa ai tempi del generale Charles de Gaulle. E solo alla fine Areva è riuscita a strappare al Canada e alla Cina la concessione per il mega-giacimento di Imouraren. Ma Sarkozy nemmeno ha raccontato a Berlusconi che i tuareg, sostenuti dagli 007 francesi nei giochi di guerra, si sono rimessi a trafficare con gli emigranti che vogliono approdare in Italia. In fondo, si tratta sempre di energia e forza lavoro destinate ad alimentare l'economia europea. La differenza è che i minerali di uraninite trasformati in sali di uranio viaggiano protetti fino agli impianti di arricchimento in Francia. Gli emigranti sono invece sottoposti a ogni tipo di violenze e il 12 per cento muore prima di arrivare in Europa.

È italiano uno dei testimoni di questo gioco sporco francese. Un commerciante di Torino, T. P., 50 anni, fermato per immigrazione clandestina in Niger. Abitava ad Agadez. Ha trascorso qualche mese nel deserto con i guerriglieri tuareg. E quando ha tentato di lasciare il Niger è finito in commissariato. La polizia l'ha messo sotto torchio e lui che aveva il permesso di soggiorno scaduto, in cambio della liberazione ha dovuto raccontare quello che sapeva. Alla fine è stato espulso. Cittadino indesiderato. L'intreccio tra la via dei clandestini e la via dell'uranio va raccontato proprio da Agadez, dove il commerciante torinese aveva aperto un negozio e dove migliaia di ragazzi africani ora approdano con la certezza di sopravvivere al deserto che li aspetta.

La città-monumento al tramonto si incendia di rosso. Non sembra però una comunità sotto assedio, né in guerra. A parte i pastori nomadi tamashek venuti ad accamparsi nelle vie del centro, lontano dalle piste infestate dalle mine e dalle imboscate. Sulla strada asfaltata davanti all'autogare, l'autostazione dove arrivano gli autobus e partono i camion del deserto, gli affari vanno al massimo. Centinaia di bancarelle sui due lati della via vendono di tutto. Dalle scarpe usate ai filoni di pane fresco. Sacchetti di datteri e biscotti. Barattoli di latte in polvere. Bidoni di olio ricoperti di cartone e canapa e riciclati come taniche d'acqua. Passano carretti spinti a mano. Persone ovunque. È il mercato dei poveri. Il posto di rifornimento di quanti aspettano la partenza e cercano di spendere il meno possibile. Perché ogni giorno di attesa è una piccola erosione ai 250 euro che servono per attraversare il Sahara fino in Libia. E, per chi li ha già a disposizione, ai 1.500 euro chiesti dai passatori libici di Al Zuwara per sfidare la vita fino a Lampedusa. Gli emigranti bloccati ad Agadez mangiano il meno possibile per non mettere a rischio il piccolo capitale necessario al viaggio. Spesso solo gari, un impasto energetico fatto con le radici di tapioca.

Ma questa strada è anche un mercato per ricchi. È la contraddizione di ogni guerra. Broker, passeur, mediatori. Prendono in consegna gli emigranti in arrivo da Nigeria, Ghana, Liberia, Benin, Mali. E in questi mesi, per la prima volta, anche dal Senegal. L'età di questa generazione in fuga va dai 14 ai 30 anni. Hanno un progetto, un'idea, un sogno da realizzare. Sono i fratelli e le sorelle minori degli emigranti passati da Agadez tra il 2003 e il 2005. Sanno che le loro braccia si aggrapperanno sicuramente a un lavoro. Il passaparola e l'esperienza di quelli sopravvissuti prima di loro raccontano che è dura, ma qualcosa si trova. I clandestini come motore insostituibile della ricchezza sommersa. Soprattutto in Italia dove la produzione esentasse e in nero rappresenta il 23 per cento del Prodotto interno lordo.
Dentro il cortile dell'autogare centinaia di persone aspettano che tramonti anche questo giorno. Una postazione di soldati, con mitragliatrice pesante montata sul fuoristrada, sorveglia l'ingresso. A guardare bene ci sono soldati ovunque. Meglio non entrare. Ad Agadez oggi è vietato fare domande, fare fotografie, fare riprese filmate. Può capitare di essere visti o ascoltati dalle spie in borghese o da chiunque voglia mettersi in mostra con la gendarmeria in cambio di una soffiata. A fine febbraio il presidente del Niger Mamadou Tandja ha rinnovato lo stato d'allerta, proclamato il 25 agosto 2007 come risposta agli attacchi dei tuareg. Nella regione di Agadez la democrazia è sospesa e l'amministrazione è affidata all'esercito. Giornalisti locali e francesi mesi fa sono finiti in cella. E l'arresto è automatico per chiunque venga a fare indagini in città o nel deserto. Gli stranieri, se non sono emigranti in partenza o tecnici minerari, devono tenersi alla larga. E se passano, lo fanno a loro rischio.

La tensione appare già al posto di blocco alla periferia della città. Un ufficiale, sempre con gentilezza, vuole trattenere il passaporto. "Questa è la frontiera", dice: "Agadez in questo momento è come se non fosse in Niger. Qui comandiamo noi". Lasciare il passaporto ai militari significa però rischiare di perderlo. E dover poi affrontare l'ignoto della burocrazia di guerra. L'ufficiale accetta un compromesso: "Allora facciamo così. Stasera un ispettore di polizia verrà in hotel a interrogarla". I militari stanno raccogliendo davanti al loro piccolo ufficio gli emigranti in transito. Scendono dai pullman, dai minibus, dai camion. Oggi, come all'arrivo di ogni convoglio, sono più di 400. Se ne stavano seduti, in cima alla cupola di sacchi, teli e scatoloni. Devono pagare dieci dollari a testa come tassa di passaggio. E chi non ha i documenti in regola, 20 dollari. Già qui l'immigrazione per l'Europa è un affare.

Per arrivare ad Agadez c'è un solo modo. Bisogna unirsi ai convogli scortati dall'esercito. Partono a giorni alterni da Zinder, 431 chilometri di deserto a sud lungo la via dei clandestini. Un viaggio che dura una giornata. I ragazzi dei camion devono scendere. Camminano oltre. Le grandi ruote alleggerite superano le onde di sabbia a tutta potenza. Qualche autista rallenta, ma non si ferma. E i suoi passeggeri devono correre per non rimanere a terra, per non finire abbandonati prima ancora di attraversare la parte più difficile del viaggio. I soldati scortano il convoglio sui loro fuoristrada Toyota armati di mitragliatrice. Dicono che rischiamo un attacco dei guerriglieri tuareg o dei banditi. Ma soprattutto, passando di qui fuori dai convogli, il vero pericolo è di finire impallinati da loro. L'esercito ha l'ordine di sparare a vista. È già successo. Alcuni emigranti sono stati uccisi con gli autisti nel deserto del Ténéré, prima che i militari potessero identificarli. Per arrivare in Italia avevano pagato il viaggio sbagliato.

"Dove li metterete tutti questi immigrati con la crisi che avete in Europa?", sorride un passatore tuareg di Agadez. Ovviamente non vuole essere filmato né fotografato: "Da novembre scorso è come se la Libia avesse dato il via libera. Ora che Gheddafi è stato eletto presidente dell'Unione africana, non può certo rimandare indietro i suoi concittadini africani. Abbiamo saputo che l'Italia investirà in Libia 5 miliardi di dollari. Apriranno cantieri, ci sarà lavoro. Avranno bisogno di manodopera e noi gliela portiamo. Se poi qualcuno vuole proseguire il viaggio in Europa, dal nostro punto di vista è normale. Grazie all'immigrazione clandestina potrebbe addirittura essere firmata la pace. È l'unico punto su cui esercito del Niger, esercito libico, ribelli tuareg e noi tuareg esterni alla ribellione andiamo d'accordo".

L'accordo sottobanco funziona dal novembre 2008. Il problema ora è la mancanza di camion. "Ne stiamo facendo arrivare dalla Nigeria. Abbiamo più gente disposta a partire che mezzi", racconta un altro broker ad Agadez: "A novembre i ribelli tuareg amici della Francia, i militari libici e nigerini e i trafficanti di tutto il Sahara hanno raggiunto un patto: tutti fanno finta di non vedere e incassano la loro parte. Gli autisti tuareg dicevano che senza lavoro, a causa della guerra, si sarebbero uniti alla ribellione. Così adesso l'esercito del Niger scorta i camion fino a Dirkou. I libici chiudono gli occhi. E i tuareg hanno il lavoro. Il limite è che anche per Dirkou bisogna muoversi in convoglio. Fuori convoglio i militari sparano a vista e c'è il rischio delle mine". Quelli di venerdì 13 marzo e martedì 17 marzo sono convogli giganteschi: una fila di decine di fuoristrada e 60 camion carichi di merci, sigarette di contrabbando ed emigranti. Le mine anticarro sono ovunque. In settembre a 40 chilometri dal confine con la Libia, l'esplosione improvvisa sotto le ruote di una camion ha ucciso cinque passeggeri tra cui un ragazzo di 19 anni. Ma l'affare vale il rischio: 10 mila emigranti per 250 euro fanno 2 milioni e mezzo di incasso.

Dirkou in questi giorni è un'oasi che non sa come sfamare i suoi ospiti in transito. Almeno 15 emigranti sono morti di fame e di sete negli ultimi giorni e i loro cadaveri sono stati visti dagli autisti di camion a sud di Tumu, la frontiera con la Libia. Forse sono stati abbandonati dai trafficanti, forse avevano deciso di proseguire a piedi.

La fuga dall'Africa è un dramma anche nelle città dove le generazioni più istruite si dissolvono lungo la rotta del deserto. Proprio in questi giorni una delegazione del ministero dell'Educazione della Nigeria è venuta ad Agadez a chiedere alle autorità di non lasciar passare i minori di 15 anni nigeriani. L'incubo sono gli spacciatori di sogni che avvicinano i minorenni davanti alle scuole: non vendono droga, ma un futuro impossibile. "I broker mandano loro emissari davanti alle scuole nigeriane", spiega un funzionario: "Raccontano che arrivare in Italia è facile. Ma una volta in viaggio i ragazzi vengono rapinati dei loro soldi. E le ragazze devono prostituirsi per pagarsi il resto del percorso". Irin, l'agenzia di analisi dell'ufficio Affari umanitari dell'Onu, ha raccolto testimonianze di camion attaccati dai banditi sulla rotta per Dirkou e di adolescenti rapite e scomparse nel deserto.

Tutto questo, dalla fine del 2005 all'autunno 2008, era stato fermato. L'esercito del Niger aveva bloccato il traffico di clandestini lungo la pista degli schiavi: 1.500 chilometri di deserto che attraversano il Ténéré e superata l'oasi di Dirkou salgono in Libia, la rotta che ha avuto il suo picco di emigranti e cadaveri nel 2003 con 15 mila passaggi al mese. Tutto questo non si sarebbe ripetuto se la guerra telecomandata dei tuareg non avesse destabilizzato la regione. A fine 2006 Agadez è ancora una città aperta al mondo e piena di turisti. Ma quelli sono i mesi in cui il costo del petrolio corre. E il prezzo dell'uranio anche. Il presidente Mamadou Tandja e il governo decidono che il Niger può finalmente puntare sulla risorsa strategica di cui è piena la regione di Agadez. Le concessioni per la ricerca dei minerali di uraninite, coffinite e pechblenda vengono messe a disposizione del miglior offerente. La diplomazia francese mugugna. Parigi ha sempre avuto il monopolio dell'uranio in Niger. Lo stabilisce già nel 1961 l'Accordo di difesa firmato tra i due paesi, in piena dominazione coloniale. Il colosso Areva chiede per sé i primi 35 permessi di ricerca. Tandja resiste e rilascia 15 concessioni a società canadesi, sete all'Australia, sei al Sudafrica, solo quattro alla Francia, tre all'India e due a Cina e Russia. In sospeso c'è ancora lo sfruttamento del giacimento di Imouraren, vicino ad Agadez: una quantità di uranio estraibile di 5 tonnellate all'anno per 35 anni che porta il Niger dal quarto al secondo posto tra i paesi esportatori al mondo. E che da solo equivale a tutta la produzione mondiale di Areva.

L'attacco alla postazione dell'esercito nell'oasi di Iferouane, a nord di Agadez l'8 febbraio 2007, è un'azione a sangue freddo. Un piano che ricorda la morte dei dieci soldati francesi massacrati il 19 agosto 2008 in Afghanistan. Da quel giorno di febbraio intorno ad Agadez muoiono padri di famiglia e ragazzi che hanno indossato la divisa in cambio di uno stipendio. Dietro l'assalto di Iferouane però non ci sono i talebani di Al Qaeda. C'è un gruppo minoritario di tuareg fino a quel giorno sconosciuto. Si fanno chiamare Mnj, Movimento dei nigerini per la giustizia, che nel giro di qualche settimana riceve armi e munizioni dalla Libia. A loro si unisce presto il capitano Mohamed Ajidar, comandante di un plotone del Fnis, la Forza nigerina di intervento e sicurezza, reparto dell'esercito costituito da tuareg. Il comandante Ajidar conosce da vicino gli interessi francesi nella regione. Sette mesi prima Areva gli ha affidato la sorveglianza di tre aree di concessione. E gli ha versato sul suo conto personale 56 milioni di franchi africani, 85 mila 365 euro, un capitale da queste parti. Perché tutti quei soldi? Tanto basta a far insospettire il governo che in pochi giorni caccia dal Niger l'ex colonnello Gilles de Namur, responsabile per Areva della sicurezza sul mega-giacimento di Imouraren. Una coincidenza: de Namur è addetto militare all'ambasciata di Francia a Niamey durante la prima rivolta tuareg sostenuta apertamente da Parigi. Il Mnj fa altri morti. E il governo ordina l'arresto e l'espulsione del direttore generale di Areva Niger, Dominique Pin. Nuova coincidenza: negli anni '90 Pin, mentre de Namur lavora in ambasciata a Niamey, fa parte della sezione Africa dell'Eliseo dove il presidente François Mitterrand ha un consigliere che farà strada nell'industria strategica. Il consigliere è Anne Lauvergeon, attuale amministratore delegato di Areva. Il retroscena più delicato sulla presunta benevolenza tra la società statale di Parigi e i nuovi ribelli tuareg lo rivela senza volerlo il commerciante di Torino messo sotto interrogatorio in una camera di sicurezza a Niamey. Racconta che il vice presidente del movimento tuareg, Asharif Mohamed-Almoctar, poi ucciso in combattimento nell'estate 2008, chiama spesso la Francia con uno dei due telefoni satellitari rapinati il 20 aprile 2007 dal cantiere di Areva sul megagiacimento di Imouraren.

La cosa che stupisce la polizia di Niamey, secondo fonti investigative, è che mesi dopo, a fine 2007 e in piena guerra, Areva stia ancora rinnovando il credito dei due telefoni rapinati dai tuareg. Un curioso mistero mai chiarito. Così come resta un giallo la rivendicazione da parte di Al Qaeda del sequestro, tuttora in corso nel Sahara, dell'inviato dell'Onu in Niger: l'ex ambasciatore del Canada a Roma, Robert Fowler, monsieur Afrique nella politica estera di Ottawa, rapito il 14 dicembre a nord della capitale con il connazionale Louis Guay e il loro autista nigerino Soumana Mounkaila. Secondo i giornali del Canada, il paese che in Niger ha fatto il pieno di concessioni per l'uranio, Fowler e Guay si occupavano di miniere fuori dal mandato dell'Onu. Mouadibou Sisse, 19 anni, di Bamako, Mali, nemmeno immagina il risiko che si sta giocando sulla testa di questa terra in cima alle classifiche di povertà. Aspetta l'autobus per Agadez alla stazione di Niamey. Vuole arrivare in Italia per raggiungere la Spagna. È già stato espulso una volta da Madrid. Ma non s'arrende.
La rotta dell' uranio e dei clandestini Mappa

Fonte: http://espresso.repubblica.it/

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11 marzo 2009

IL NUCLEO DELL'IGNORANZA...

di Monia Benini

1987: il 65% degli italiani va a votare per 3 referendum che prevedono:

*la cancellazione dell'intervento statale se il Comune non concede un sito per la costruzione di una centrale nucleare;

*l’abrogazione dei contributi di compensazione agli enti locali per la presenza sul proprio territorio di centrali nucleari;

*l’esclusione della possibilità per l'Enel (allora unico ente per l’energia elettrica, di proprietà statale) di partecipare alla costruzione di centrali nucleari all'estero.

I primi due quesiti ottengono il consenso di circa l’80% dei votanti; per l’ultimo si esprime a favore il 71% degli elettori.

2008: il Governo calpesta la volontà espressa nell’87 dagli Italiani, rendendolo carta straccia e violando la Costituzione laddove riconosce la sovranità ai cittadini.

2009: il Primo Ministro italiano sigla con la Francia un accordo palesemente fuori legge.

Giorno dopo giorno si susseguono sondaggi relativi all’opinione italiana in merito al ritorno al nucleare, mentre i media profondono i loro sforzi nello spaccio delle “verità di stato” necessarie: il nucleare è necessario; il nucleare è sicuro; il nucleare renderà autonoma l’Italia dal punto di vista energetico; tutti paesi stanno investendo nel nucleare, mentre solo l’Italia resta al palo, ecc... Così, siccome la propaganda televisiva, per gli Italiani anestetizzati, è “la realtà”, si assiste ad un’esplosione di consenso (per cosa o per chi?).

Vediamo di chiarire alcuni punti:

  1. L’energia nucleare è necessaria per poter garantire al nostro paese una maggiore indipendenza energetica.
    L’Italia, così come gli atri paesi europei, non possiede riserve significative di uranio. Se anche le avesse, immaginando di poter produrre con il nucleare tutta l’elettricità, potrebbe soddisfare circa un quarto del proprio fabbisogno energetico: i restanti tre quarti degli attuali consumi energetici sono infatti costituiti da combustibili, non generabili con le centrali nucleari.
  2. Le impennate del costo del petrolio vengono contrastate dal nucleare.
    Il petrolio serve per derivarne prodotti chimici e soprattutto per produrre combustibili liquidi per i trasporti, mentre l’energia nucleare è unicamente elettricità. Ad esempio, la Francia che produce il 78% dell’elettricità che consuma per via nucleare, utilizza più petrolio dell’Italia, che, pur avendo una popolazione simile, non ha centrali nucleari.
  3. L’Italia è costretta ad importare energia elettrica dalla Francia con prezzi elevatissimi.
    Il problema non è nostro: è un’esigenza dei Francesi. Le centrali nucleari devono funzionare a ciclo continuo e di notte, quando la domanda è minore, il sistema elettrico d’oltralpe ha la necessità tecnica - per garantire la propria stabilità - di smistare elettricità ai Paesi confinanti. Si tratta di una vendita a prezzi molto bassi, estremamente gradita dalle società energetiche italiane.
  4. Le centrali a fissione di nuova generazione e la fusione nucleare risolveranno presto e per sempre il problema energetico.
    La fattibilità e la convenienza economica delle centrali nucleari di quarta generazione sono ancora da dimostrare: nella migliore delle ipotesi, se ne prevede la commercializzazione fra 30-40 anni.
  5. Tutti gli altri Paesi investono nel nucleare; solo l’Italia resta a guardare, lasciandosi sfuggire un approvvigionamento energetico sicuro e conveniente.
    Da vent’anni il numero di centrali nel mondo è stabile (circa 440 impianti), e la stragrande maggioranza è costituita da vecchie centrali di seconda generazione (tipo Chernobyl e Three Mile Island). Il tempo di ritorno (ovvero il cosiddetto payback time, il tempo che occorrre all’impianto per restituire l’energia che è stata necessaria per costruirlo) è piuttosto lungo: alcuni ricercatori australiani hanno dimostrato che, con le tecnologie attualmente più avanzate nel loro paese, occorrerebbero ben 7 anni per il pareggio. Nella stessa Australia, dove sono localizzati i maggiori giacimenti di uranio al mondo, non è mai stato costruito alcun impianto nucleare. Per il funzionamento standard annuale di una centrale nucleare servono 160.000 tonnellate di materiale, che andrà riprocessato, in modo da poterne ricavare le 160 tonellate di uranio necessarie. Le 159.840 tonnellate di scarto saranno impregnate di prodotti chimici utilizzati per il riprocessamento e conterranno ovviamente isotopi radioattivi. Il costo dell’uranio e del plutonio, fonti esauribili, ha subito una notevole impennata, rendendo tutt’altro che economico l’approviggionamento. La pericolosità di queste sostanze è molto elevata: ad esempio, basta inalare meno di un milionesimo di grammo di plutonio per sviluppare un cancro al polmone.
  6. Le scorie degli impianti non costituiscono un problema: saranno racchiuse in cassoni di cemento armato e seppellite (terra o mare).
    Il tempo di dimezzamento della radioattività del Plutonio è 24.000 anni. Per quanto riguarda il materiale primario (il plutonio è prodotto dalle centrali elettronucleari: sino ad oggi ne sono state create circa 1550 tonellate). L’Uranio-235 ha un tempo di dimezzamento di 704 milioni di anni e l’Uranio-238 di 4,5 miliardi di anni.

Cemento armato? Non c’è cemento che tenga e di “armato” dovrebbe esserci solo il cervello degli Italiani, in modo da non bersi più certe esplosioni di ignoranza.

Fonte: http://www.perilbenecomune.org/

3 gennaio 2009

NUCLEARE: LA RISPOSTA SBAGLIATA


L'Enel oramai ha la ricetta pronta per il ritorno al nucleare entro il 2020, in barba ad un referendum dove la volontà dei cittadini si è espressa contraria, ma in Italia dove oramai vige la dittatura, lo stato non siamo noi cittadini.
L'amministratore delegato dell'Enel Fulvio Conti, è stato di grande aiuto alla "nobile" causa del nucleare, rilasciando interviste a vari quotidiani della casta, dove parla di blackout: "Rischiamo di restare al freddo e al buio".
Dietro questa preoccupazione per noi cittadini, si nascondono sempre interessi economici con molti ma molti zeri.
L'UBS la grande banca svizzera privata (legata a filo doppio con Clearstream) con il suo eccellente cast di analisti esperti in paradisi fiscali e riciclaggio di denaro, ha stimato dal progetto dell'Enel sul nucleare un aumento del titolo dall'attuale 7 a 9 € entro la fine dell'anno.
La valutazione deriva dal prezzo pagato da E.On per le centrali di Endesa Italia che sono state valutate circa 8 miliardi di euro per un valore implicito di 1.108 euro per kW di potenza installata.
Quindi come ha dichiarato il ministro Scaiola: "Entro 5 anni la prima pietra delle nuove centrali italiane nucleari"...e di questo affare colossale.
L'Enel parla di "centrali di terza generazione" e di "terza generazione migliorata" con 2 iter di autorizzazioni per un super contesto normativo ancora da "allestire"...
Questo vuol dire che i criteri delle norme sono ancora da definire, ma ricordiamoci che al di là della sicurezza, che può venir meno di fronte ai grandi interessi economici, il grande problema delle centrali nucleari non è la sicurezza ma gli scarti: le scorie radioattive. oramai non si sa più dove metterle, a meno chè non trovi un posticino la criminalità organizzata, grande esperta del settore...
Gli Stati Uniti hanno investito 8 miliardi di dollari in 18 anni per stoccare i residui all’interno delle montagne Yucca, lì dovrebbero essere al sicuro per 10 mila anni… ma hanno già cominciato a contaminare l’area.
Inoltre gli studi dell’agenzia internazionale per l’energia atomica dicono che l’uranio comincerà a venir meno dal 2025-2035, come il petrolio, e i prezzi, quindi, andranno su. Si potrebbe usare il plutonio, peccato che si presti divinamente a farci le atomiche.
Il nucleare ha bisogno di troppa acqua. Il il 40% dell’acqua potabile francese serve a raffreddare i reattori. 5 anni fa molti anziani morirono per il caldo, e scarseggiò l’acqua per raffreddare gli impianti, sicché fu ridotta l’erogazione di energia elettrica. E morirono ancora più anziani per mancanza di aria condizionata.
Come dice Roberto Saviano: "le organizzazioni criminali non sono mai all'opposizione".
Cosa ci dobbiamo aspettare da uno stato governato dagli interessi personali di onorevoli "abusivi" che sono lì di prepotenza perchè nessuno ha avuto la possibilità di votare?
L'abitudine non è mai una bella cosa, fa sembrare normale anche ciò che non lo è. Siamo abituati all'illegalità dopo mani pulite ora viviamo tranquillamente l'era di "mani sporche". Vediamo la delinquenza negli "stranieri" ma non nei nostri governati.
E' vero: "quando c'è la salute c'è tutto", ma proprio per questo ci dobbiamo pensare dicendo NO alle centrali nucleari...e ad altro, ma ne parleremo la prossima volta!

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