Una
decisione che apre nuovi paradigmi in materia giuridica e potrà servire
a far riconsiderare tutte le altre delibere commerciali che regolano
gli OGM in Brasile, dal momento che in nessun caso si è mai valutato il
rischio per i bioma su tutto il territorio nazionale.
Giovedì
scorso (13 marzo) i giudici della Corte Federale d'Appello – TRF4 –
hanno deciso all'unanimità di annullare la decisione della Commissione
Tecnica per la Sicurezza Nazionale – CTN-Bio – sulla autorizzazione
all’uso del mais transgenico Liberty Link, della multinazionale Bayer. La decisione è stata presa sulla base della mancanza di studi di valutazione dei rischi da OGM. La sessione ha emesso un giudizio sulla Azione Pubblica Civile promossa nel 2007 da Terra
de Direitos, dall'Istituto Brasiliano per la Difesa dei Consumatori -
IDEC e dall'Associazione Nazionale dei Piccoli Agricoltori, la AS-PTA, che avevano contestato la legittimità della licenza commerciale rilasciata alla Liberty Link.
Gli Stati Uniti e i sui servizi segreti stanno lavorando per promuovere l'eliminazione del diritto universale alla privacy online, minando il disegno di legge che il Brasile e la Germania hanno presentato alle Nazioni Unite. Secondo un documento del governo degli Stati Uniti ottenuto dal quotidiano 'The Cable', si sta sviluppando una "battaglia diplomatica" in un comitato dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che sta valutando la proposta di Brasile e Germania di imporre restrizioni sulla sorveglianza in Internet. I rappresentanti degli Stati Uniti, che hanno parlato a condizione di mantenere l'anonimato in The Cable, hanno chiarito che non tollerano questi controlli nella rete di sorveglianza globale. I diplomatici degli Stati Uniti stanno spingendo duramente per eliminare le disposizioni del progetto brasiliano e tedesco, il quale prevede che "la sorveglianza extraterritoriale" e l'intercettazione di comunicazioni, informazioni personali e metadati possono costituire una violazione dei diritti umani. Secondo i diplomatici, gli Stati Uniti e i loro alleati La Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR), non si applica allo spionaggio estero.
Sette anni fa, quando si parlava della necessità di cambiamenti nella geografia economica globale e si diceva che il Brasile ed altri paesi dovrebbero svolgere un ruolo maggiore nell'Organizzazione Mondialedel Commercio (OMC) o di integrarsi in modo permanente al Consiglio di Sicurezza del Commercio,molti hanno reagito con scetticismo.
di Celso Amorim
http://www.amersur.org.ar/ Da allora, il mondo e il Brasile sono cambiati ad un ritmo accelerato, ed alcune presunte "verità" del passato stanno cedendo di fronte all'evidenza dei fatti.Le differenze nel ritmo di crescita economica rispetto ai paesi sviluppati hanno trasformato i paesi in via di sviluppo in attori centrali dell'economia globale.
La maggior capacità d’articolazione Sud-Sud nell’OMC, nel FMI nell’ONU e in nuove coalizioni, come il BRIC, alza la voce dei paesi che prima erano relegati ad una posizione secondaria. Quanto più parlano e cooperano tra di essi i paesi in via di sviluppo, più vengono ascoltati dai ricchi. La recente crisi finanziaria ha rivelato ancor più chiaramente il fatto che il mondo non può più essere governato da un consorzio di pochi.
L’accordo con l’Iran affinchè si realizzi il processo di arricchimento di uranio in un altro paese - in questo caso la Turchia- ottenuto dal presidente brasiliano Lula, con la collaborazione del suo omologo, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan è un fatto di straordinaria portata, i cui significati sicuramente saranno apprezzati meglio con il passare del tempo.
Secondo i governi del Brasile e della Turchia, l’accordo è nel rigoroso rispetto degli accordi fatti dalla OIEA (Organizzazione Internazionale dell’Energia Atomica) di fronte al progetto di sviluppo di energia nucleare da parte dell’Iran. Tuttavia, il governo americano ha lanciato un’immediata e poco velata azione per far deragliare il progetto.
WASHINGTON, 18 maggio 2010 (IPS) - L’amministrazione del presidente statunitense Barack Obama ha reagito con scetticismo all’accordo di scambio di materiale nucleare firmato lunedì scorso tra Iran, Turchia e Brasile. La Casa Bianca suggerisce che Teheran dovrà comunque compiere ulteriori e significativi passi per soddisfare le richieste statunitensi ed occidentali rispetto al suo programma nucleare.
“Rispettiamo gli sforzi fatti da Turchia e Brasile – ha detto l’addetto stampa della Casa Bianca Robert Gibbs in un comunicato diffuso poco dopo la notizia della firma avvenuta a Teheran –. Gli Stati Uniti continueranno a lavorare con i nostri partner internazionali e attraverso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite per rendere evidente al governo iraniano che deve dimostrare con i fatti, e non solo con le parole, la sua volontà di rispettare gli obblighi internazionali o di affrontare sanzioni”.
La scalata militare attuata negli ultimi due anni dal Pentagono e dal Comando Sud nella regione sudamericana, con i suoi insediamenti di basi in Colombia e Panama e l’occupazione di Haiti dopo il terremoto di gennaio, è resistita e affrontata dal Brasile, da quanto si evince dai recenti movimenti dell’esercito che suppongono una completa redistribuzione delle forze- La riorganizzazione della difesa ed il considerevole aumento della spesa militare mostrano che sia le forze armate quanto il governo del Brasile fanno una corretta lettura della transizione egemonica in corso nella regione, che non può che aumentare la tensione e l’instabilità,senza scartare conflitti armati.
Intervista a Emir Sader, segretario generale del Consiglio Latinoamericano di Scienze Sociali
Le analisi del segretario esecutivo del Consiglio Latinoamericano di Scienze Sociali (Clacso) sono ormai diventate una lettura obbligata per avvicinarsi ai mutamenti che si stanno verificando nel continente. Brasiliano (1943) di origine libanese, Sader ha appena terminato una visita in Spagna per presentare il suo nuovo saggio politico: “El nuevo topo” (La nuova talpa)
Il Brasile ha assunto la leadership regionale. Esiste il consenso necessario per esercitarla?
Credo che quella leadershipsi sia consolidata proprio nel suo esercizio. Secondo la mia opinione, questo ruolo gli è arrivato quasi senza averlo pianificato e come conseguenza di una politica interna ed estera molto corretta.
C’è chi considera Hugo Chavez il rivale di Lula. Come sono i rapporti fra di loro?
Sono ottimi. Vi è molta reciprocità e fiducia fra i rispettivi paesi, e rispettando le diversità di modelli. Hanno le stesse priorità, cioè l’integrazione regionale al posto dei trattati di libero commercio (TLC) e lo sviluppo di una politica sociale al posto di riforme fiscali. Tanto Lula che Chavez si fanno forti di queste politiche. Sono entrambi coscienti che se si scontrano finiscono col perdere tutti e due.
Quali sono le differenze fra il modello venezuelano quello brasiliano?
Chavez ha ben chiaro che il nemico è l’imperialismo statunitense. Lula, in cambio, tratta gli USA come se fossero i cugini ricchi. Non è un tipo radicale. La sua posizione è ampliare gli spazi di potere internazionale già esistenti, come il G-20, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ecc.
Chavez è più partigiano e cerca proprie alternative in cui forgiare un altro mondo possibile.
Lula rappresenta la sinistra latinoamericana buona, come dicono negli USA e in Europa?
La demarcazione in America Latina non è tra sinistra buona e sinistra cattiva. Chi vuole questa classificazione è la destra. La divisione è tra chi lavora per una politica d’integrazione e chi lo fa per i TLC. Nel primo gruppo vi sono paesi che vogliono avanzare rapidamente, come nel caso del Venezuela.
Lula è rispettato da destra e sinistra.
Verso Lula c’è una condiscendenza che non corrisponde alla realtà di un paese con le maggiori disuguaglianze del continente in termini di ricchezza.
Qual è l’opera di Lula?
Anzitutto è il primo presidente che è riuscito a diminuire la disuguaglianza in Brasile. Ha rafforzato la fiducia nell’identità dei brasiliani. La sua politica nella crisi è stata corretta Ha aumentato il microcredito, mantenuto i salari al di sopra dell’inflazione, incentivato l’occupazione ufficiale, diversificato il commercio internazionale e potenziato quello interregionale. Altri paesi hanno fatto il contrario e ne stanno patendo le conseguenze.
Come capita al Messico, che secondo me si è suicidato. Con il TLC, il 90% del suo commercio estero è con gli USA. Ciò ha prodotto una diminuzione del 7% del PIL solo nel primo semestre dell’anno in corso, ed è stato colpito duramente dal Fondo Monetario (FMI), mentre il Brasile presta denaro a quello stesso organismo. I paesi del TLC sono quelli che si muovono peggio in questa crisi globale. Ma ciò che mi preoccupa è il Messico, l’unica frontiera tra il Primo e il Terzo mondo.
La situazione è così grave?
E’ il corridoio naturale verso il primo mercato consumatore del mondo. Ciò si combina con una gestione di corruzione gravissima dei governi del PRI e la violenza tremenda che stanno esercitando le forze di sicurezza dello Stato. Il Messico vive una situazione quasi incontrollabile di decomposizione sociale.
Lula ha ricomposto la base sociale brasiliana?
Lula ha evitato, per la prima volta, che la crisi fosse pagata dai poveri. E gli è riuscito bene. Ha ottenuto una popolarità stratosferica, quasi del 80%, nonostante la stampa sia contro di lui.
Perché non ha cercato di cambiare la Costituzione per puntare alla rielezione?
Perché Lula avanza in ambiti dove incontra poca resistenza. Questa è la sua strategia. Non vuole buttare all’aria le strutture di potere esistenti, vuole solo democratizzarle. La sua rielezione provocherebbe uno scontro con i poteri mediatici in Brasile. La sua candidata, Dilma Roussef, non ha il suo carisma.
La sconfitta in Brasile potrebbe frenare il cambiamento politico in America Latina?
In gioco vi è il consolidamento di una trasformazione continentale post-neoliberale. La mia impressione è che Roussef vincerà grazie all’appoggio di Lula, che con il suoi argomenti disarma l’opposizione. Alla destra manca un progetto proprio per l’America Latina, ma ha il potere di veto per via della sua egemonia nel capitale finanziario e per il controllo dei media. Questa stampa privata è davvero sinonimo di stampa libera? Si tratta di una questione chiave per lo sviluppo regionale.