Pubblico la terza parte del Documento di analisi e proposte politiche dell'Associazione Riconquistare la Sovranità.
Dal Documento di Analisi e proposte politiche dell'Associazione Riconquistare la Sovranità: § 4 Scuola e Università; § 5 Sanità; § 6 Agricoltura.
4. Scuola e Università
È
in atto da molto tempo un lento processo di distruzione della Scuola e
dell'Università pubbliche. Le continue riforme che si succedono, ad ogni
cambio di ministro, non fanno che portare avanti questa distruzione.
Nella Scuola pubblica viene in sostanza cancellata la centralità delle
discipline e dei contenuti, che sono la vera sostanza sulla quale si
basa il processo educativo specificamente scolastico. Questa perdita di
contenuti disciplinari riduce il lavoro scolastico ad una sorta di
immane servizio di “babysitteraggio”, con la perdita di ogni reale
valore educativo del tempo passato sui banchi. Le varie riforme,
inoltre, colpiscono al cuore il carattere di scuola nazionale, uguale
per tutti i cittadini, della scuola pubblica, prevedendo una sciagurata
autonomia che significa soltanto trasformazione della scuola in azienda
privata (anche se formalmente pubblica) che va a caccia di clienti sul
Mercato. Analogo destino colpisce l'Università, i cui gravi problemi non
vengono risolti ma accentuati dalle varie “riforme” succedutesi negli
anni.
La
fine della Scuola e dell'Università pubbliche, statali, nazionali, è
una perdita gravissima per la possibilità stessa di continuare a pensare
il nostro paese come una patria comune. La Scuola pubblica e
l’Università pubblica devono tornare ad essere il principale strumento
di promozione della mobilità sociale. Se oggi la mobilità sociale in
Italia è bassissima, ciò è dovuto anche alla distruzione della Scuola e
dell'Università pubbliche statali. È difficile contrastare questi
fenomeni, perché essi derivano da meccanismi culturali profondi del
nostro mondo. Per provare almeno a combatterli il recupero della
sovranità nazionale e il distacco dalla “cultura” diffusa dal pensiero
globalista e mercatista sono condizioni necessarie.
5. Sanità
In
aderenza alle pulsioni e credenze del pubblico in tema di salute,
opportunamente stimolate e pilotate, la medicina, alla quale ci si
affida come un tempo alla religione, è stata trasformata in uno dei
maggiori settori dell’imprenditoria liberista; un settore parassitario
dove la Domanda è facilmente regolata da un’Offerta senza scrupoli, e
sul quale si è sovrapposta l’economia fittizia della speculazione
finanziaria.
Noti
economisti auspicano che la quota sanità del PIL salga al di sopra del
15%; ciò è ottenibile, ma sarebbe una disgrazia, perché già oggi per far
diventare la medicina un motore di crescita economica la si è
gravemente inquinata con deviazioni e con pratiche fraudolente; così che
essa non fornisce ciò che potrebbe dare mentre storna risorse e crea
danni iatrogeni. Ad esempio, la “prevenzione” oggi non consiste
nell’assicurare un ambiente salubre, condizioni di vita equilibrate e
cibi genuini, alla luce delle conoscenze biomediche; ma in trattamenti
medici di massa ai sani mediante costosi programmi di screening,
l’inutilità e la dannosità dei quali sta venendo riconosciuta in diversi
casi anche in sedi ufficiali. Si favorisce la cronicizzazione delle
malattie, per trasformarle in rendite assicurando il maggior consumo di
costose scatolette di farmaci proclamati efficaci, e si lascia alle
famiglie la gran parte di carichi sanitari essenziali come le cure
odontoiatriche e l’assistenza ai non autosufficienti. E’ anche possibile
che, ridotta la democrazia reale al lumicino, i futuri sviluppi, che
potrebbero includere una maggiore privatizzazione della sanità, si
avvalgano di forme più tradizionali di autoritarismo, per giungere allo
“Stato terapeutico” preconizzato da alcuni commentatori. I meccanismi
coi quali il potere ottiene ciò sono oscurati da fattori psicologici e
tecnici, potenziati dalla propaganda e dalla censura; ma gli effetti
negativi sono percepiti da una quota crescente di cittadinanza.
Le
forze liberiste nel perseguire lo sfruttamento della medicina si sono
poste il problema di geometria istituzionale: “volendo impossessarci del
governo della medicina, come massimizzare la sua distanza dai due
centri naturali di controllo democratico, lo Stato e il territorio ?”.
Lo hanno risolto ottenendo dai politici la sovraordinazione della UE
allo Stato e la devoluzione della sanità alle Regioni. La UE considera
apertamente la medicina come un settore economico strategico, la cui
tutela consente deroghe ai diritti fondamentali; spodesta un governo
centrale occupato da politici “cùpidi di servilismo”. Le Regioni,
ricettacolo di corrotti, traducono in interventi legislativi e
amministrativi gli interessi dei poteri forti della sanità a livello
locale. Anche se da solo non è sufficiente, e il servizio pubblico non
sempre è superiore all’iniziativa privata, è necessario che sia lo Stato
nazionale, al servizio razionale delle necessità e richieste delle
realtà locali, a controllare la medicina. Ciò renderà possibile
l’intervento più urgente, quello di emancipare i cittadini dalla loro
condizione di stampo del potere mediante una corretta informazione;
sollecitando in loro il meglio, anziché il peggio come fa la dittatura a
stampo; in modo che sappiano ciò che devono pretendere dalla sanità e
ciò che non possono chiederle.
6. Agricoltura
L’Unione Europea con la Politica
Agricola Comune (PAC) degli ultimi decenni ha determinato un netto
decremento della produzione agricola italiana, attraverso l’introduzione
di aiuti finanziari legati esclusivamente alla proprietà del terreno ed
incuranti dell’effettivo contributo produttivo. Inducendo così alcuni
agricoltori a lasciare incolti i loro terreni per vivere di rendita o a
modificarne la vocazione a fini esclusivamente ambientali, ricreativi o
energetici. Ciò si è drammaticamente riflesso in negativo sulla bilancia
commerciale italiana. Generando un potente flusso di materie prime
agricole dall’estero che hanno ulteriormente indebolito l’agricoltura
italiana e l’economia nazionale tutta. Inoltre, i processi di
globalizzazione in atto, insieme al dirigismo tecnocratico della U.E.,
realizzato ad uso e consumo delle aziende che operano con economie di
scala, stanno ulteriormente riducendo il numero delle piccole e medie
aziende agricole disgregando il tessuto sociale che verte su di esse.
L’adozione di politiche
protezioniste, con l’adozione di dazi e tariffe, in tutti quei casi in
cui l’agricoltura nazionale risulti aggredita da fenomeni di concorrenza
da parte di paesi terzi, insostenibile da parte dei nostri agricoltori,
appare l’unica possibile soluzione per evitare l’ulteriore aggravarsi
della crisi in atto.
Infine il ripristino di una
politica agricola nazionale in luogo di quelle attuali euro-centriche ed
il recupero di una moneta nazionale con cambio monetario gestibile in
funzione delle necessità economiche appaiono sempre più una impellente
necessità, al fine di garantire la sopravvivenza ed il rilancio
dell’intero comparto agricolo.
PARTI PRECEDENTI
La prima parte del documento, intitolata L'insanabile contrasto tra Costituzione della Repubblica Italiana e Trattati dell'Unione Europea si legge qua (http://www.appelloalpopolo.it/?p=6272)
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