18 febbraio 2009

BRUXELLES AL SERVIZIO DEI POTERI FORTI

La commissione europea finisce sotto accusa per i suoi malcelati legami con le lobbies industriali.
Il gruppo di esperti istituto dall’esecutivo comunitario per offrire consulenze politiche non è trasparente, perché fortemente sbilanciato a favore delle grandi imprese e privo di prospettive per la società civile. È quanto emerge da una relazione degli ambientalisti Friends of the Earth Europe, dal titolo emblematico: Whose views count? Business Influence and the European Commission’s High Level Group. Dall’indagine si evince che la composizione istituita ad alto livello dei sette gruppi punta a formulare raccomandazioni alla Direzione generale Imprese e Industria, ovvero la commissione industria della commissione Ue. Una situazione questa denunciata apertamente dagli ambientalisti, che hanno chiesto una moratoria per la creazione di nuovi meccanismi per gli organi consultivi affinché venga introdotto un equilibrio più equo nel funzionamento della struttura istituzionale. In sostanza i gruppi consultivi dell’esecutivo comunitario sono troppo legati alla grande industria e forniscono delle direttive per nuove proposte legislative della commissione.
Gli autori della relazione hanno rilevato, in particolare, che in due gruppi, quello relativo ai prodotti tessili e abbigliamento, e quello riguardante la regolamentazione dell’attività amministrativa, più della metà del numero dei membri appartiene alla grande industria. In altri settori come quello dei prodotti chimici, dell’energia, dell’agro-alimentare e dell’auto, più della metà dei suoi componenti proviene dal mondo dell’alta finanza. Soltanto in un gruppo, quello legato ai prodotti farmaceutici, l’attività è apparsa equilibrata, ma anche in questo sono stati messi in luce aspetti poco convincenti nella gestione.
Non è la prima volta, infatti, che con un rapporto viene evidenziato il legame fra attività politica dell’esecutivo comunitario e gruppi di pressione aziendale. Per quanto riguarda la compagine tessile e quella automobilistica - CARS 21 (Competitive Automotive Regulatory System for the 21st century) - i relatori del rapporto hanno espresso le loro preoccupazione in quanto vengono “annacquate o disattese le regole in nome della competitività”. Anche nel gruppo farmaceutico - uno di quei settori analizzati dal rapporto in cui non prevale eccessivamente la lobby industriale - cinque componenti su dieci provengono dalle grandi multinazionali come Big Pharma e le aziende del biotech, mentre gli altri cinque non rappresentano gli interessi commerciali. Tuttavia, anche lì, il solo gruppo della società civile coinvolto è la European Patients’ Forum, le cui quote di adesione costano 5000 euro ed è stata sostenuta da 337 mila euro di sponsorizzazioni aziendali. La relazione ha proposto come soluzione la nascita di un registro per l’adesione a questa compagine e un archivio dei processi verbali delle riunioni, nonché la dissoluzione del settore dominato da questi gruppi e la creazione di uno nuovo, al fine di perseguire trasparenza ed equilibrio con le altri parti sociali. La principale autrice della relazione, Christine Pohl, ha sottolineato che “l’industria ha enorme impatto su tutta la società – con implicazioni sociali, nella sanità pubblica e ambientali”. “La politica industriale non riguarda soltanto l’industria”, ha aggiunto a ragione la Pohl.

Andrea Perrone

Fonte: http://www.rinascita.info/

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