5 luglio 2023

UE e ONU discutono su come affrontare la "disinformazione" sulle piattaforme digitali

In un'apparente dimostrazione di sinergia burocratica, l'Unione Europea e le Nazioni Unite si sono riunite per riflettere sull'attuazione di nuove norme sui social media, apparentemente alla ricerca di un ambiente digitale più sicuro e trasparente. A suscitare apprensione, tuttavia, è il palese entusiasmo della sottosegretaria generale delle Nazioni Unite per le comunicazioni globali, Melissa Fleming, che prevede che il Digital Services Act dell'UE stabilirà un "nuovo punto di riferimento normativo globale de facto". Lo scetticismo nasce dal sospetto di velate intenzioni di limitare la libertà di parola con il pretesto di combattere la "disinformazione".

Le piattaforme sono costantemente incolpate della proliferazione della "disinformazione" e dell'"hate speech", e i detrattori le dipingono come avversarie della scienza, della democrazia e dei diritti umani. Il Segretario generale dell'ONU António Guterres brandisce un pennello da giorno del giudizio, affermando che la disinformazione su larga scala costituisce "un rischio esistenziale per l'umanità".

L'aspetto cruciale è l'essenza del dialogo e la risposta che cerca di suscitare. L'ONU sta preparando un Codice di condotta basato su un documento politico che sottolinea l'imperativo di una stretta internazionale sulla disinformazione. Il documento delinea quello che sembra essere un quadro ambizioso e completo, che coinvolge governi, aziende tecnologiche, inserzionisti e altre parti interessate. Tutto molto bello, ma ciò che rimane in sospeso è la questione di chi debba definire cosa sia la "disinformazione" e quali criteri determinino il confine tra libertà di parola e disinformazione.

Il Codice di condotta, intriso di un'aura di rigore accademico e ricerca globale, prevede un cambiamento nel tessuto delle piattaforme digitali. Tuttavia, gli aspetti che enfatizza - distaccandosi dai modelli di business orientati all'impegno e ponendo apparentemente in primo piano i diritti umani, la privacy e la sicurezza - sono nebulosi in termini di attuazione e di potenziale portata. Inoltre, l'ammissione dell'ONU di esercitare l'autorità morale senza sanzioni può essere vista come una tacita approvazione della coercizione del soft power.

Sebbene le parole di Melissa Fleming trasmettano un apparente impegno a proteggere i diritti umani e l'accesso all'informazione, la fraseologia da lei utilizzata - "basata sui diritti umani", "multi-stakeholder" e "multi-dimensionale" - sono parole d'ordine che fanno poco per placare le preoccupazioni di censura e di prevaricazione istituzionale.

La preoccupazione non riguarda gli obiettivi dichiarati di promuovere un ambiente digitale sicuro e aperto, ma piuttosto lo spettro di entità globali come l'UE e le Nazioni Unite che usano il mantello della "disinformazione" per violare il principio fondamentale della libertà di parola.

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