14 maggio 2018

70 anni di Nakba 25567 giorni di sumud

In questo 14 maggio 2018, i palestinesi commemorano il 70° anniversario della loro Nakba, la catastrofe che è stata per loro la proclamazione dello Stato di Israele.

Nel corso dei 25567 giorni da quella sinistra data, le quattro successive generazioni di palestinesi hanno dato prova di una costanza, una determinazione, in una parola, di un soumoud - una resilienza che costringe al rispetto. Alcuni per rimanere sulla loro terra, altri per tornare, e tutti con la stessa normale, naturale esigenza di vedere rispettato il loro diritto alla vita e alla terra. Un diritto universale e universalmente rispettato, tranne che per loro, e alcuni altri popoli, anche traditi dalla cosiddetta comunità internazionale (Sahrawi e Kashmiri).
I ventenni palestinesi che oggi sfidano l'occupante che li ha rinchiusi a Gaza sono i figli di coloro che hanno fatto la prima Intifada del 1987, i nipoti di coloro che hanno vissuto l'annessione del 1967, nipoti di coloro che furono cacciati dai loro villaggi nel 1947-1948.
Ognuna di queste generazioni ha sperimentato tutte le forme di lotta e resistenza immaginabili per un popolo occupato e ha fornito la sua parte di martiri. Nessuna di queste forme di lotta è riuscita. Eppure, non si arrendono, non si piegano e continuano a mobilitare la loro creatività per andare oltre la semplice sopravvivenza quotidiana.

70 anni dopo, i palestinesi sono diventati il popolo-mondo per eccellenza: si trovano dalle pampe argentine, dove sono diventati gauchos, alla Siberia russa, nelle città degli scienziati ereditate dall'URSS. Ma qualunque sia il colore del loro passaporto, la lingua che parlano ogni giorno, mantengono la loro terra nei loro cuori.
La Palestina, un paese che è ovunque e in nessun luogo, è più che mai lo specchio del nostro mondo: saccheggiato, accaparrato, violato nelle sue viscere ma popolato da umani che continuano a combinare il pessimismo della ragione con l'ottimismo della volontà, perseguendo un sogno realistico. Questo sogno, noi lo condivideremo con loro fino al nostro ultimo respiro, ignorando tutti i latrati dei pitbull del pensiero unico e della Chutzpah*.

*Chutzpah: parola yiddish entrata nell'inglese e tedesco, significa insolenza, faccia tosta. Si intende facilmente a chi si riferisce.


Traduzione di Alba Canelli

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