La terza Corte d’assise di Roma ha appena emesso la sentenza del processo contro alcuni degli esponenti
delle dittature civico-militari latino-americane degli anni ’70 e ’80, responsabili del “Plan Condor”. Come si
ricorderà il “Plan Condor”, con l’auspicio di Washington, fu il coordinamento delle dittature latinoamericane
(in particolare del Cile, Argentina e Uruguay) per la repressione e lo sterminio degli
oppositori politici. Grazie a questo criminale accordo, gli oppositori erano detenuti, interrogati,
torturati, e fatti scomparire nei diversi Paesi, da squadre “miste” delle forze della repressione latinoamericane.
La Procura di Roma ha condotto indagini interminabili, e lo stesso processo è durato 23 mesi e 61
udienze. Alla lettura della sentenza un silenzio assordante, le facce attonite dei familiari delle vittime, gli
occhi pieni di lacrime e la tristezza di chi cerca verità e giustizia da più di 40 anni.
Gli artigli del Condor sono arrivati anche a Roma e si è visto nella scandalosa sentenza per la morte di
vittime di origine italiana: su 27 richieste di ergastolo per alcuni carnefici e protagonisti dell’orrore, la
Corte ne ha concessi solo 8 (tutti già in prigione nei loro Paesi).
Vergognosa l’assoluzione di ben diciannove imputati, la maggioranza uruguaiani.
Tra questi Jorge
Nestor Fernandez Troccoli, uruguaiano di origini italiane. All’epoca dei crimini, Troccoli era capitano
del servizio segreto della marina uruguaiana (S2), dove era conosciuto come «el torturador». Nato a
Montevideo il 20 marzo 1947, passaporto italiano dal 2002, grazie alla sua doppia nazionalità (e ad
amici potenti) alla vigilia di un possibile arresto, Troccoli fuggì dall’Uruguay per nascondersi nel
salernitano, tra Marina di Camerota e Battipaglia. Già arrestato in Italia nel 2008, poi scarcerato anche
per vizi procedurali, ieri è stato vergognosamente assolto nonostante le prove schiaccianti per gli
omicidi contestati, tra cui quelli degli italo-uruguaiani Raul Borrelli, Yolanda Casco, Edmundo Dossetti,
Raul Gambaro, Ileana Garcia, e Julio D’Elia.
Il PRC-SE ricorda che la loggia massonica P2 ha avuto tra i suoi iscritti molti dei responsabili latinoamericani
dell’orrore, mentre l’Uruguay e l’Argentina erano una importante base operativa di Licio Gelli.
Incomprensibilmente, suo figlio è oggi ambasciatore del Nicaragua in Uruguay.
Con questa sentenza l'Italia sbatte la porta in faccia alla richiesta di giustizia e verità, violando la
Convenzione internazionale tra Italia ed Uruguay.
Ancora una volta i poteri occulti hanno garantito l’impunità a molti dei carnefici. In attesa dell’appello della
Procura a questa vergognosa sentenza, Rifondazione Comunista fa suo il clamore di chi esige
Giustizia, Verità e “Nunca mas !!!”.
PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA
Roma 18-1-20
www.rifondazione.it
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