23 gennaio 2016

L'eredità di Martin Luther King e la lotta per le città

Cinquant'anni fa si è consumata la trasformazione del movimento antirazzista: dalla non-violenza alla ribellione urbana.
Quest'anno la commemorazione nazionale dell'87° anniversario dalla nascita di Martin Luther King, Jr. avviene in un periodo di rinnovamento nel movimento antirazzista.

King è nato il 15 gennaio 1929 ad Atlanta, in Georgia. Negli Stati Uniti si commemora la sua nascita il terzo lunedì di questo mese.
Nel 1986 la giornata è stata designata come festività nazionale. Tuttavia, nei comunicati trasmessi dai media, dal sistema educativo o dalle numerose organizzazioni che tengono eventi in onore di King, sono pressoché assenti informazioni che parlino direttamente delle iniziative per i diritti civili e contro la guerra nelle quali egli era coinvolto.

I canali ufficiali raramente parlano del fatto che King fu arrestato più di trenta volte o che verso la fine della sua vita divenne uno strenuo oppositore dell'invasione militare e dell'occupazione statunitense del Vietnam. Né si accenna al suo convincimento che si dovesse eliminare la povertà negli Stati Uniti o che rivendicasse la piena occupazione e un reddito minimo garantito.

Tre importanti campagne della Southern Christian Leadership Conference (SCLC), co-fondata da King nel 1957, diedero, nel corso dei suoi ultimi due anni di vita (1966-1968), rilevanza alle azioni che gli afroamericani, la classe operaia e il movimento progressista in generale dovrebbero intraprendere oggi. Le più significative di queste azioni vedevano il coinvolgimento della SCLC nel 1966 nella lotta antirazzista a Chicago, dove i neri non potevano vivere in quartieri bianchi; il collegamento della lotta per i diritti civili con la rivendicazione del ritiro unilaterale dal Vietnam; l'appoggio dello sciopero contro l'amministrazione della nettezza urbana di Memphis (Tennessee) dei lavoratori afroamericani che lottavano per il riconoscimento del loro sindacato contro l'amministrazione razzista del sindaco Henry Loeb.

L'eredità di King e la lotta antirazzista nel 2016

Da quando la polizia ha ucciso Michael Brown a Ferguson, Missouri il 9 agosto 2014, i media hanno (giustamente) dato risalto all'alto numero di afroamericani uccisi da poliziotti nelle città, nelle periferie e nei piccoli centri in ogni parte degli Stati Uniti. Prima di questi fatti in alcuni ambienti politici circolavano miti che descrivevano gli Stati Uniti come una società "post-razziale".

Gli eventi reali hanno frantumato tali illusioni. L'omicidio di Trayvon Martin da parte di un vigilante a Sanford, in Florida, nei primi mesi del 2012 e la successiva assoluzione dell'assalitore nel 2013, ha risvegliato la coscienza dei giovani oppressi e antirazzisti in tutto il paese.

Anche se il presidente Barack Obama è stato eletto per due volte, diventando il primo inquilino di origine africana della Casa Bianca, le relazioni razziali e la condizione sociale degli afroamericani sono peggiorate durante il suo mandato. I dati del censimento e di diverse ricerche sulla correlazione tra povertà e razza indicano chiaramente che l'oppressione nazionale e di classe stanno aumentando nell'attuale periodo di crisi e di ristrutturazione.

Non è solo nelle aree urbane che questa coscienza è in aumento: numerose manifestazioni di studenti universitari hanno focalizzato l'attenzione sui simboli del razzismo istituzionale e la mancanza di sensibilità da parte degli amministratori alle esigenze degli studenti afroamericani. Le prime di queste manifestazioni durante l'autunno del 2015 hanno avuto luogo in alcune delle più prestigiose università e sono state guidate da studenti afroamericani, ritenuti dalla classe dominante degni di uno status privilegiato e destinati a trovare una posizione sicura all'interno della società borghese.

In questo cosiddetto contesto sociale "daltonico", nessuno contestava la presenza di facoltà ed edifici pubblici con nomi di schiavisti e di razzisti. L'odiata bandiera confederata sventolava ancora su alcune sedi del congresso e sedi amministrative negli stati del sud, 150 anni dopo la fine della guerra civile nel 1865, che presumibilmente bandiva la riduzione in schiavitù di 4 milioni di africani.

La realtà è stata ulteriormente messa in chiaro quando Dylan Roof ha massacrato nove afroamericani a Charleston, South Carolina in uno storico luogo di culto, Mother Emanuel African Methodist Episcopal Church, che risale al periodo prima della guerra civile in uno degli stati più schiavisti degli Stati Uniti in rapporto alla popolazione.

Ma nonostante tutte le manifestazioni di massa e tre significative ribellioni a Ferguson, seguite da altre a Baltimora nel 2015, non è stata intrapresa dal governo federale alcuna misura per fronteggiare il peggioramento della situazione. L'amministrazione asserisce che la crisi finanziaria del 2008 sta finendo e che il tasso di disoccupazione è solo del 5 per cento.

Il fatto che il tasso di partecipazione al mercato del lavoro sia al livello più basso degli ultimi quattro decenni e che tra gli afroamericani la percentuale di poveri sia in aumento come conseguenza diretta della Grande Recessione, è la prova del fallimento del Partito Democratico che ha vinto le ultime elezioni alla Casa Bianca. La campagna dell'aspirante candidata Hillary Clinton non ha proposto nessun programma legislativo o esecutivo per migliorare la condizione sociale degli afroamericani, lasciando il campo aperto alle forze di sinistra di articolare e organizzare un programma che parli direttamente allo status degli oppressi e dei lavoratori negli Stati Uniti.

Rilanciare il movimento antirazzista nelle città

Una cinquantina di anni fa, King e la SCLC arrivavano a Chicago dagli stati del sud dove avevano fino ad allora combattuto, per aderire al movimento per la libertà in un contesto urbano. C'era stata un'esplosione di rabbia da parte delle masse afroamericane quando il sindaco Richard Daley del Partito Democratico aveva rifiutato di prendere in seria considerare le rivendicazioni per eliminare i quartieri degradati e adottare politiche atte a porre fine alla segregazione razziale (era impossibile per i neri comprare o affittare casa nei quartieri bianchi).

SCLC in alleanza con le organizzazioni locali smascheravano l'ipocrisia degli apparati politici controllati dal Partito Democratico, come quello di Daley a Chicago, che dichiaravano di essere alleati del movimento per i diritti civili ma in pratica erano razzisti e quindi agevolavano lo sfruttamento dei neri. La campagna di Chicago nata subito dopo la ribellione di Watts (quartiere dei neri a Los Angeles) nell'agosto del 1965, ha acuito le tensioni tra l'amministrazione e la comunità afroamericana portando a manifestazioni di massa contro il razzismo e una ribellione in piena regola nel West Side della città a fine luglio dello stesso anno.

Nel 1966 ribellioni erano scoppiate in numerose città, comprese Cleveland (Ohio) e Omaha (Nebraska). A Chicago, la più violenta e destabilizzante. Invece di accettare le richieste del Movimento per la Libertà di Chicago, l'amministrazione della città accusò King e le altre organizzazioni di aver incitato i neri alla ribellione.

Ci sono lezioni profonde da imparare dal Movimento per la Libertà di Chicago che aiutano a capire l'avversa situazione attuale delle città in relazione alle questione abitative, alla brutalità della polizia e al potere politico ed economico.

Anche se la questione abitativa nel 2016 è ben diversa da quella del 1966, è ancora una preoccupazione pressante per le persone oppresse e i lavoratori. Milioni di persone sono state cacciate dalle loro case durante la grande recessione, mentre le amministrazioni sia del Presidente George W. Bush che di Obama non han fatto nulla per alleviare le sofferenze di queste persone.

Nel 1966 la segregazione de facto (non de iure) era diffusa in città come Chicago, Detroit, New York, Cleveland, Los Angeles e molti altri posti. Cinque decenni più tardi l'emarginazione e l'oppressione degli afroamericani attraverso la negazione di posti di lavoro e di salari dignitosi, buone scuole, l'accesso all'acqua e altri servizi pubblici, la giustizia ambientale e alloggi a prezzi accessibili, rappresenta la continuazione del razzismo istituzionale nel 21° secolo.

Ci vorrà un movimento ancora più rivoluzionario di quello emerso durante i decenni 1950 e 1960 per portare a termine la lotta per la piena uguaglianza e la liberazione nazionale. Questi sforzi, come quelli di King negli anni 1967 e 1968, devono portare insieme elementi progressisti da tutte le nazioni oppresse, in alleanza con i lavoratori e i poveri.

In ultima analisi il socialismo deve diventare il grido di battaglia della maggioranza delle persone nella società capitalistica. Un vero e proprio movimento anticapitalista che rovesci la proprietà privata e i metodi di produzione basati sullo sfruttamento rappresentano l'unica soluzione alla crisi attuale negli Stati Uniti e nel mondo.


Di Abayomi Azikiweglobalresearch.ca
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare


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