Per gran parte del secolo scorso, la cultura pop occidentale
ha sistematicamente denigrato e sminuito quella che dovrebbe essere la
professione più onorevole di tutte. Chi lavora la terra giorno dopo
giorno per produrre il cibo che mangiamo ha troppo spesso assunto lo
stesso stato sociale della terra che dissoda. Nessuno si pone
una semplice domanda: cosa faremo una volta che avremo fatto fuori tutti
gli agricoltori?
Alcuni ingenui cittadini diranno: “Ma abbiamo la
produzione industrializzata; ormai non c’è più bisogno di lavoro
agricolo manuale.”
E i numeri sono davvero notevoli. Prendiamo gli Stati Uniti. Nel 1950 la
popolazione totale era di 151.132.000 persone, di cui 25.058.000
agricoltori: poco più del 12% della forza lavoro totale. C’erano
5.388.000 aziende agricole con una dimensione media di 87 ettari.
Quarant’anni dopo, nel 1990, gli USA avevano una popolazione di
261.423.000, di cui meno di 3 milioni agricoltori: appena il 2,6% della
forza lavoro. Il numero delle aziende si era ridotto a 2.143.150, ovvero
una perdita del 60%, ma la dimensione media era diventata di 187
ettari.
La rivoluzione agricola dei Rockefeller
A chi fra noi si rapporta con la carne, i latticini e gli ortaggi
solo al supermercato, viene detto che questo è un grande successo: la
liberazione di quasi 23 milioni di lavoratori agricoli verso impieghi
urbani e una vita migliore.
Ma non ci vengono raccontati i veri effetti sulla qualità del cibo,
prodotti dalla meccanizzazione e dall’industrializzazione
dell’agricoltura in America da quando la Harvard Business School, grazie a donazioni della Fondazione Rockefeller, dette inizio al cosiddetto agrobusiness: la conversione dell’agricoltura in un business a puro fine di lucro e verticalmente integrato, sul modello del cartello petrolifero Rockefeller.
Dopo gli anni ’50, negli USA l’allevamento di maiali, vacche, bovini e
pollame diventò gradualmente industrializzato. I pulcini vennero
confinati in spazi così minuscoli che potevano appena stare in piedi.
Per farli crescere più in fretta vennero riempiti di antibiotici e
nutriti di mais e soia OGM. Secondo il Consiglio per la Difesa delle
Risorse Naturali, l’80% degli antibiotici venduti negli Stati Uniti
viene usato negli allevamenti animali, non dagli esseri umani. Gli
antibiotici vengono somministrati agli animali mescolati al cibo o
all’acqua, per accelerare la crescita. Dopotutto, il tempo è denaro.
Gli agricoltori tradizionali, com’era stato mio nonno in Nord Dakota,
vennero in gran parte fatti lasciare la terra dalle politiche del
ministero per l’agricoltura, che hanno favorito l’industrializzazione
senza curarsi della qualità del cibo risultante. I trattori diventarono
macchine mastodontiche computerizzate, guidate dal GPS. Un trattore così
poteva essere telecomandato e fare il lavoro di molti agricoltori.
Il risultato finanziario è stato favoloso… per gli industriali come ADM,
Cargill, Monsanto e per i venditori come Kraft, Kelloggs, Nestle,
Unilever, Toepfer e Maggi. Il modello americano di agrobusiness
Rockefeller-Harvard venne globalizzato a partire dai negoziati del GATT
tenutesi in Uruguay a fine anni ’80 per la liberalizzazione del
commercio, nei quali l’Unione Europea abbandonò la tradizionale
protezione degli agricoltori locali per favorire il libero commercio.
Mentre i negoziati del GATT stavano per dare ai giganti statunitensi
dell’agrobusiness quello che volevano (ovvero la libertà di violentare
l’UE e altri mercati agricoli con i loro prodotti industriali, e di
distruggere milioni di agricoltori europei che avevano coltivato la
terra con passione per generazioni) mi recai a Bruxelles per
intervistare da giornalista un burocrate UE di alto livello,
responsabile per l’agricoltura. Sembrava ben istruito, era multilingue,
danese di nascita. Ebbene, questi argomentò in difesa del libero
commercio, dichiarando: “Perché dovrei pagare tasse in Danimarca per
permettere agli agricoltori bavaresi di restare sul mercato con i loro
appezzamenti minuscoli?”
La risposta, che allora tenni per me, è: semplicemente perché
l’agricoltore familiare tradizionale è il solo adatto a fare da
intermediario tra noi e la natura e a produrre cibo sano per gli uomini e
gli animali. Nessuna macchina può sostituire la devozione e passione
personale che ho visto ogni volta in tutti gli agricoltori che ho
incontrato, i quali davvero si prendono cura del loro bestiame e
raccolto.
Ora la stessa gente molto ricca e molto arida, quelli che io chiamo gli
“oligarchi americani”, sta sistematicamente facendo tutto il possibile
per distruggere la qualità del cibo. Chiaramente, secondo me, lo
sta facendo con l’obiettivo di ridurre la popolazione. Non c’è altra
ragione per cui la Fondazione Rockefeller spenderebbe centinaia di
milioni di dollari (esentasse) per sviluppare tecniche OGM e supportare
Monsanto e altri giganti della chimica come DuPont, ben sapendo di
avvelenare lentamente la popolazione verso una morte prematura.
Pesticidi e depressione
Questo è stato dimostrato in test indipendenti sugli effetti tossici
sugli animali e perfino sulle cellule umane di un embrione. Ora,
indipendentemente dagli OGM, nuovi test dimostrano che i pesticidi
chimici spruzzati sui raccolti provocano danni neurologici come
depressione, Parkinson e perfino suicidio sugli agricoltori che li
spargono. L’Istituto Nazionale Statunitense di Scienze della Salute
Ambientale ha condotto un importante studio su 89.000 agricoltori e
altri applicatori di pesticidi in Iowa e Nord Carolina. Il gigantesco
studio ha concluso che “l’uso di due classi di pesticidi, (fumiganti e
insetticidi organoclorurati) e di 7 pesticidi individuali […] era
associato con i casi di depressione.
(http://dx.doi.org/10.1289/ehp.1307450
La ricerca ha collegato l’uso prolungato dei pesticidi a maggiore
incidenza di depressioni e suicidi. Anche una dose notevole in un breve
periodo raddoppia il rischio di depressione.
Dopo aver taciuto i sintomi neurologici per anni, gli agricoltori e
le loro famiglie hanno cominciato a parlare. Lorann Stallones,
epidemiologa e professoressa di psicologia alla Colorado State
University, afferma: “C’è stato un cambiamento, in parte perché ci sono
più persone che dicono di essere state mentalmente debilitate.” Vedi: Scientific American-High Rates of Suicide, Depression, Linked to Farmers.
L’epidemiologa Freya Kamel e i suoi colleghi hanno riportato che, tra
19.000 casi esaminati, quelli che avevano usato insetticidi
organoclorurati avevano fino al 90% di probabilità in più di essere
diagnosticati con depressione. Per i fumiganti il rischio era maggiore
dell’80%.
In Francia, secondo uno studio pubblicato nel 2013, gli agricoltori che
usano erbicidi hanno una probabilità quasi doppia di essere in
trattamento per depressione rispetto a quelli che non li usano. Lo
studio, condotto su 567 agricoltori francesi, ha trovato che il rischio è
ancora maggiore dopo 19 anni di applicazione di erbicidi.
In breve, stiamo distruggendo il valore nutritivo del cibo che mangiamo e
stiamo distruggendo anche gli agricoltori rimasti a coltivarlo. E’ una
ricetta perfetta per l’estinzione della vita sul pianeta. E non è
un’esagerazione.
Credo fermamente che gli agricoltori biologici onesti e consapevoli
dovrebbero ricevere notevoli agevolazioni fiscali, per incoraggiare
altri coltivatori a lasciarsi alle spalle il grottesco modello
dell’agrobusiness e tornare a coltivare e allevare come facevano fino a
pochi decenni fa. Al contempo si dovrebbe imporre un’elevata tassazione
agli agricoltori che usano prodotti chimici dimostrati tossici, come il
Roundup di Monsanto, o i neonicotinoidi come Confidor, Gaucho, Advocate e
Poncho della Bayer, o Actara, Platinum e Cruiser della Syngenta, giusto
per citarne alcuni tra i più venduti.
Al contrario, i nostri governanti nell’UE e negli USA fanno di tutto
per scoraggiarlo: cosa in effetti molto stupida, a meno che, ovviamente,
alcuni aridi oligarchi drogati dal potere, seduti sulla cima della loro
montagna a guardare con disprezzo noi comuni mortali, abbiano deciso
che è proprio quello che vogliono. In questo caso, è compito nostro
smettere di rivolgerci alla montagna e guardare cosa noi stessi abbiamo
accettato come normale, quello che sta lentamente uccidendo noi e gli
agricoltori che ci nutrono. Forse è arrivato il momento di cambiare
questa situazione malata.
*F. William Engdahl è un consulente e docente di rischi strategici;
laureato in politologia alla Princeton University e autore di
best-seller sul petrolio e la geopolitica.
Fonte: Journal-neo
Traduzione per Controinformazione di Anacronista
Nessun commento:
Posta un commento
Avvertenze da leggere prima di intervenire sul blog Voci Dalla Strada
Non sono consentiti:
- messaggi pubblicitari
- messaggi con linguaggio offensivo
- messaggi che contengono turpiloquio
- messaggi con contenuto razzista o sessista
- messaggi il cui contenuto costituisce una violazione delle leggi italiane (istigazione a delinquere o alla violenza, diffamazione, ecc.)