I
rifiuti ripetuti della Chevron di bonificare ed eliminare la
contaminazione tossica della foresta amazzonica ecuadoriana
costituiscono un attacco alla popolazione civile e, come tale, questo
crimine deve essere oggetto di inchiesta da parte del Tribunale penale internazionale:
lo sostengono le comunità indigene impattate dalla devastazione e
dall’inquinamento provocato dalla società petrolifera americana. «Nel
contesto della legge sui crimini internazionali, la decisione presa dal
Ceo di Chevron, John Watson, ha deliberatamente mantenuto e alimentato
l’inquinamento ambientale che minaccia la vita delle persone della
regione orientale dell’Ecuador» afferma la requisitoria inoltrata al
Tribunale internazionale dal procuratore capo Fatou Bensouda nei giorni
scorsi in rappresentanza d circa 80 comunità per complessive decine di
migliaia di persone.
Nel
2011 questi villaggi avevano già ottenuto una vittoria davanti alla
corte dell’Ecuador contro la Texaco (acquisita dalla Chevron nel 2001)
per l’inquinamento tossico provocato nel lago Agrio in una regione del
nordest tra il 1964 e il 1992, contaminazione che aveva provocato
emergenze di salute pubblica e devastazione ambientale, oltre a un
aumento dell’incidenza di cancro e difetti alla nascita nei bambini dei
residenti. L’anno scorso, il Tribunale nazionale ecuadoriano ha
confermato il verdetto ma ha dimezzato la multa portandola da 18
miliardi di dollari a 9,5.
La Chevron si è ripetutamente rifiutata di pagare quei 9,5 miliardi e ha anche provveduto a smobilitare diverse sedi in Ecuador per sottrarsi alle rivendicazioni di pagamento. I reclamanti definiscono questa condotta «attacchi collaterali multipli contro la sentenza e gli avvocati che rappresentano i villaggi colpiti». Dopo anni di battaglie legali, le comunità intossicate non hanno avuto ancora nessun risarcimento. «Le condizioni di salute oggi delle comunità agricole e indigene delle zone orientali sono pesanti» sostiene il procuratore. «I danni, che sono stati documentati e confermati da innumerevoli ispezioni, hanno conseguenze gravi, l’acqua è contaminata, aumentano i casi di cancro, si riducono gruppi etnici, certi villaggi vengono abbandonati oltre a molto altro che viene qui descritto» aggiunge il procuratore nella sua requisitoria. La richiesta è quella di ritenere questi danni sistematici come crimini contro l’umanità. «È sconcertante vedere che malgrado siano stati utilizzati tutti gli strumenti giuridici possibili, per la Chevron, società petrolifera americana dai profitti miliardari, ci sia ancora sostanziale impunità; tutto ciò sebbene siano evidenti i crimini commessi contro popolazioni vulnerabili» ha detto Pablo Fajardo, avvocato portavoce delle comunità impattate.
La Chevron si è ripetutamente rifiutata di pagare quei 9,5 miliardi e ha anche provveduto a smobilitare diverse sedi in Ecuador per sottrarsi alle rivendicazioni di pagamento. I reclamanti definiscono questa condotta «attacchi collaterali multipli contro la sentenza e gli avvocati che rappresentano i villaggi colpiti». Dopo anni di battaglie legali, le comunità intossicate non hanno avuto ancora nessun risarcimento. «Le condizioni di salute oggi delle comunità agricole e indigene delle zone orientali sono pesanti» sostiene il procuratore. «I danni, che sono stati documentati e confermati da innumerevoli ispezioni, hanno conseguenze gravi, l’acqua è contaminata, aumentano i casi di cancro, si riducono gruppi etnici, certi villaggi vengono abbandonati oltre a molto altro che viene qui descritto» aggiunge il procuratore nella sua requisitoria. La richiesta è quella di ritenere questi danni sistematici come crimini contro l’umanità. «È sconcertante vedere che malgrado siano stati utilizzati tutti gli strumenti giuridici possibili, per la Chevron, società petrolifera americana dai profitti miliardari, ci sia ancora sostanziale impunità; tutto ciò sebbene siano evidenti i crimini commessi contro popolazioni vulnerabili» ha detto Pablo Fajardo, avvocato portavoce delle comunità impattate.
Per saperne di più sulla campagna: Chevron Toxico
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