C'è uno slogan,
qui, che vuol dire più o meno “che le donne vivano in libertà”:
“Jin, Jîyan, Azadî”. Mi è stato chiesto di scrivere qualche
cosa sulle donne curde. Avrei voluto scrivere del fatto che è solo
nel combattere che la donna si emancipa davvero, che è nella lotta
che la donna arriva ad essere completa. Eppure mi sembra banale, mi
sembra un'ovvietà. Ciononostante, il fatto che queste donne prendano
le armi va al di la delle lotte femministe dei nostri Paesi, è
proprio un gesto che si pone su un altro livello.
E non lo fanno per
apparire davanti ad una telecamera o macchina fotografica, come
modelle esibizioniste. Non lo fanno per essere più belle. Vi basti
pensare a questo: in molti, quando dall'occidente guardano le foto di
queste orgogliose combattenti, la prima cosa che dicono è: “come
sono belle!”. Non importa se per belle intendono belle fisicamente
o belle dentro per il loro orgoglio e la loro fierezza, non è questo
il punto... il punto è che noi occidentali, quando vediamo delle
donne combattere, pensiamo a quanto sono belle (o in alcuni casi
addirittura che le donne non dovrebbero combattere, quasi come se
combattendo una donna smettesse di essere tale) e non alla ragione
per cui combattono. Fossero uomini, faremmo le stesse esclamazioni?
Si certo, le donne che combattono sono belle. Sono bellissime. E
cantano splendidamente. E permettetemi di dire che anche gli uomini
che combattono sono belli, bellissimi, e cantano splendidamente. Ma,
ugualmente, non è questo il punto.
Qui le donne
combattono. Per la libertà.