La vera notizia di questi giorni non riguarda i video-omicidi dell'ISIS,
 ma il fatto che, con il pretesto dell'ISIS, gli USA stiano bombardando 
la Siria. Da molti giorni gli aerei USA stanno colpendo le installazioni
 petrolifere siriane, con la giustificazione che sarebbero sotto il 
controllo dell'ISIS, ma nessuna prova è stata mai fornita a riguardo. La campagna mediatica sull'ISIS denota le tipiche tecniche 
dell'infantilizzazione dell'opinione pubblica, costretta ad inseguire i 
fantasmi di fiabe/horror, mentre le notizie autentiche rimangono sullo 
sfondo. Ad esempio, il nuovo emiro del Qatar fa sapere al mondo che non vi è speranza di sconfiggere l'ISIS se non si liquida prima Assad. 
Quale potrebbe essere il nesso tra le due cose, la sconfitta dell'ISIS e
 l'eliminazione di Assad? Il nesso è lo stesso Qatar. Infatti, in base 
alle notizie non di Russia-Today, ma della stessa stampa "occidentale", è
 tuttora proprio il Qatar il maggiore finanziatore dell'ISIS;
 e siamo sull'ordine dei miliardi di dollari. Il Qatar è, dopo Israele, 
il più importante alleato/complice degli USA nella regione del 
Vicino-Medio Oriente, e ciò deve pur indicare qualcosa riguardo la vera 
natura dell'ISIS. 
Oggi per molti c'è di che spassarsi con dibattiti storici infiniti su 
quale sia il vero Islam; ma la fiaba-ISIS è fornita anche in una 
versione hard per un pubblico a cui piacciano le trame più intricate. 
Come già aveva fatto in passato per Al Qaeda, Hillary Clinton ha ammesso
 che i jihadisti dell'ISIS (o ISIL) sono una creazione degli USA,
 che poi sarebbe sfuggita di mano. L'ex segretario di Stato USA 
attribuisce però la colpa di tutto alla eccessiva prudenza di Obama, il 
quale non avrebbe saputo affondare il colpo contro Assad quando era il 
momento, ed ora si ritroverebbe con la grana ISIS da gestire. La Clinton
 fa ricorso a tutto il repertorio del machismo occidentalistico, 
arrivando ad indicare Netanyahu come il modello da imitare. Peccato che 
Netanyahu, nonostante il divario di forze a suo favore e la sua 
escalation criminale, non l'abbia affatto spuntata con Hamas. 
  
Ma queste sono circonvoluzioni demenziali per filoamericani ad ogni 
costo, infatti la Clinton non ci spiega in che modo la caduta di Assad 
avrebbe potuto rendere maggiormente gestibili le milizie ISIS, visto che
 la Libia dopo la caduta di Gheddafi è diventata appunto una base per 
milizie jihadiste. Obama e Kerry sono spesso rimproverati dai 
commentatori più "occidentalisti" per essersi dimostrati deboli nella 
vicenda siriana e di essersi ritirati ingloriosamente di fronte ai 
"niet" di Putin. Al contrario, l'attacco alla Siria, grazie 
all'invenzione dell'ISIS, ora è in pieno svolgimento. L'ISIS non è per 
niente sfuggita di mano, visti i risultati che sta dando. Obama dice che
 non invierà truppe ad occupare terre straniere, ed infatti oggi agli 
USA non conviene affrontare i costi di un'occupazione, dato che è più 
che sufficiente la destabilizzazione per ottenere i propri scopi.
 
Obama e Kerry sono probabilmente soltanto dei public relation-men a cui è
 affidata la messinscena dell'understatement, cioè di questi USA in 
panni dimessi, incerti e di basso profilo; mentre invece l'aggressività 
imperialistica si esercita in modo sempre più spregiudicato dietro le 
quinte del palcoscenico mediatico. Le cose non vanno diversamente in 
Europa, dove pure vige il rituale lamento circa una presunta carenza di 
leadership negli USA, che sarebbe alla base del presunto stallo nei negoziati per il nuovo mercato transatlantico, il TTIP. 
Che il negoziato USA-UE sul TTIP tenda allo stallo, è del tutto normale,
 visto il grado di incompatibilità delle legislazioni delle due aree. Ma
 le prospettive del TTIP non sono affatto legate alle sorti del 
negoziato. Un noto economista come Stiglitz ha potuto facilmente 
osservare che già attualmente non esistono norme o dazi che impediscano 
il crescere del volume di scambi commerciali tra USA e UE, e che il vero
 oggetto del contendere riguarda l'allargamento del margine di manovra 
per le multinazionali, ed il conseguente restringimento della 
possibilità per gli Stati di introdurre norme di tutela per i 
consumatori e per l'ambiente. In base a queste considerazioni, era stata
 consegnata alla Commissione Europea una petizione popolare
 con un milione di firme per opporsi al TTIP, ma la Commissione di 
Barroso l'ha respinta. Anche se le trattative non procedono, il TTIP 
comunque non si tocca.  
Il punto è che ciò che non può raggiungere il negoziato, può ottenerlo 
invece un annichilimento politico/istituzionale non solo dell'UE, ma 
degli Stati europei. In questo senso, ancora una volta qualsiasi 
catastrofismo giunge in ritardo, dato che la catastrofe è già avvenuta. 
Oggi infatti in Europa il soggetto dominante è già un'istituzione 
esterna all'Unione Europea, cioè il Fondo Monetario Internazionale, il 
componente principale della cosiddetta Troika. Le "cure" del FMI stanno 
riducendo la UE a quella condizione di agonia che consentiranno agli USA
 di varare il TTIP presentandosi non come un semplice partner 
commerciale, ma ancora una volta come il salvatore dell'Europa, magari 
contro la tirannia del presunto "Quarto Reich" tedesco. Ma il "Quarto 
Reich" è solo il paravento mediatico per l'ingerenza e la 
destabilizzazione di marca FMI.
Il FMI è oggi la massima potenza europea, ma non si è insediato in 
Europa solo ieri o l'altro ieri. Non provengono dal FMI solo Padoan o 
Saccomanni, o Dini. Eugenio Scalfari propone oggi di commissariare 
l'Italia affidando definitivamente le chiavi di casa al FMI. Ma già 
negli anni '60 e '70, Scalfari era un supporter di Guido Carli,
 il governatore della Banca d'Italia dal 1960 al 1975. Ebbene, Carli 
proveniva - guarda la coincidenza - proprio dal FMI, dove aveva militato
 come direttore esecutivo per l'Italia dal 1947 al 1950. Se si considera
 che il FMI è stato reso operativo solo dal 1946, Carli può essere 
considerato il pioniere di una pluridecennale conquista coloniale. 
Agli inizi degli anni '70 sul settimanale "l'Espresso" comparvero degli 
articoli di argomento finanziario con la firma "Bancor", che vennero 
attribuiti a Guido Carli. Come al solito si fornì un diversivo ludico: 
far discutere su chi fosse Bancor, e non su chi fosse veramente Carli. 
Oggi il problema è lo stesso. Basta un piccolo spostamento 
dell'attenzione, e si è pronti a farsi abbindolare dagli slogan 
dell'esercito di ghost writer messo a supporto di Matteo Renzi. 
Fonte: Comidad 
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