Nel 1977 Giacinto Auriti descriveva le linee guida per l’adesione
ad una moneta unica europea. A distanza di trentasette anni le
soluzioni del professore abruzzese sono ancora lontane dall’essere
adottate dall’establishment tecnocratico europeo, ma rappresentano una
prospettiva economica, politica e geopolitica necessaria per superare
l’empasse politica e strutturale dell’Unione Europea.
Nel 1977, l’allora presidente della Commissione europea, il
socialista britannico Roy Jenkins, strutturò una proposta per
l’istituzione dell’Unione economica e monetaria (UEM), che fu adottata
come Sistema monetario europeo (SME) nel 1979. Lo SME, patrocinato
politicamente dal presidente francese Valéry Giscard d’Estaing e da
quello tedesco-occidentale Helmut Schmidt, è l’antenato della Banca
Centrale Europea. Con puntuale e lucida visione pionieristica, il professor Giacinto
Auriti, allora Presidente del Centro studi politici e costituzionali,
nel dicembre dello stesso anno ha dato alle stampe il pamphlet “Principi
ed orientamenti per una moneta europea”, per Marino Solfanelli Editore.
Auriti, riprendendo le analisi anti-usurocratiche di Ezra Pound ed
elaborando un’innovativa teoria della moneta (la “teoria del valore
indotto della moneta”) ha rivestito fino alla sua morte, avvenuta nel
2006, il ruolo di “economista eretico” rispetto agli studi economici
“istituzionalmente riconosciuti”.
Nelle appena quindici pagine del pamphlet, l’autore riassume concetti
economici, storici e geopolitici, esplicando quello che è il suo
pensiero rispetto alla moneta comune europea, ben venticinque anni prima
dell’entrata in circolazione dell’Euro.
Già docente universitario di materie giuridiche, Auriti fin dalle prime
righe è esplicito: «la realizzazione di una moneta europea è un aspetto
essenziale per l’unificazione politica del nostro continente» (1).
Successivamente chiarisce che l’Europa è soggetto privo di sovranità,
perché «allo stato attuale delle cose l’Europa – e non solamente
l’Europa – è una colonia monetaria della Banca d’America e del F.M.I.»
(2).
La “questione sovranista” però non si risolve aderendo a tendenze
scissioniste, vetero-nazionaliste o etnonazionaliste, come alcuni
presunti adepti del professore abruzzese attualmente cercano di
spacciare per soluzione del problema (accodandosi in questo caso al
volere di speculatori internazionali come George Soros), bensì
attraverso una più razionale e funzionale unificazione
politico-economica del continente europeo: «l’autonomia e l’indipendenza
monetaria europea deve altresì fondarsi su di un mercato organico, cioè
autosufficiente delle materie prime fondamentali» (3). Auriti allora
proponeva di sviluppare fonti di energia alternative al petrolio, come
ad esempio il brevetto Dragoni per l’utilizzo dell’energia solare. Se al
giorno d’oggi il petrolio risulta ancora un combustibile insostituibile
e che un “futuro senza petrolio” risulta ancora una prospettiva sempre
più lontana, forse utopica, va notato come siano numerosi i paesi, anche
produttori, che lo integrano ad altre fonti energetiche, puntando sulla
cosiddetta “energia verde”.
Nel pensiero auritiano il superamento della questione coloniale
europea si raggiunge con un comune cammino politico ed economico:
«L’Europa è sotto la spada di Damocle del grande usuraio […] L’unica
risposta a questa aggressione della grande usura è la proprietà popolare
della moneta, ovvero togliere la proprietà della moneta alla Banca
Centrale (una società privata) e attribuirla ai popoli all’atto
dell’emissione» (4). Questa asserzione, pilastro del pensiero sovranista
di Auriti, non costituisce solamente un assioma economico, ma racchiude
anche una prospettiva politica e geopolitica, come veniva confermato,
poche righe sopra, dal seguente passo: «la storia, maestra di vita, ha
insegnato che nel momento in cui l’Europa stava completando l’organicità
del mercato con l’apertura ai mercati orientali, l’America è
intervenuta nel Kosovo con il ridicolo pretesto di combattere il
contrabbando del petrolio» (5).
Da un punto di vista macro-economico, il professore di Guardiagrele
propone di sostituire il sistema entrato in vigore con gli accordi di
Bretton Woods con un sistema in cui la moneta europea sia creata senza
riserva monetaria: «conservare al dollaro la qualità di moneta di
riserva, significa accettare esplicitamente una vera e propria
subordinazione coloniale – si badi bene – non nei confronti del Popolo
Americano, ma della Banca d’America» (6).
L’autosufficienza economica sbandierata da Auriti è una prospettiva
geopolitica di ampio respiro, il Grande spazio europeo, indipendente e
sovrano, che ritroviamo anche in Jean Thiriart: «Chi vuole la dignità
d’Europa dovrebbe volere il suo potere, che vuole il potere in Europa,
dovrebbe desiderare l’autarchia». L’autarchia, secondo Thiriart, non va
confusa con il protezionismo, concetto diverso e opposto: «l’autarchia
richiede un paese molto grande, un grande spazio, una grande
popolazione, le materie prime di origine nazionale. L’obiettivo
dell’autarchia è il potere, soprattutto il potere militare. Il
protezionismo è un concetto completamente diverso. Il protezionismo è
voluto dagli industriali, spesso per eludere le leggi della
competizione, vale a dire la concorrenza, la scelta e la qualità» (7).
Ritornando al volume auritiano del 1977, è importante notare come
l’economia non venga trattata come scienza neutra ed autonoma: «[il
tema] presuppone a monte un discorso che deve necessariamente toccare
aspetti di razionalità, di etica e culturali unificanti le civiltà dei
popoli europei» (8). Il rischio dello status quo è che «lo strumento
economico potrebbe impazzire nelle mani di chi lo adopera» (9), quello
che, consapevoli o meno, sta accadendo ai tecnocrati che guidano la
Comunità Europea. Ecco perché ai tecnici, quindi al sistema bancario,
deve essere sottratta la competenza della creazione della moneta,
restituendola al potere politico. Diventano quindi i cittadini a creare
il valore della moneta, accettandola come sistema di pagamento.
Le righe vergate trentasette anni fa da Auriti denunciano lo scollamento
tra la classe politica e la sovranità monetaria (delegata alle
tecnocrazie bancarie), problema tutt’ora scottante anche se sottaciuto,
come conferma questo passo di Giacomo Gabellini: «uno dei problemi più
rilevanti puntualmente sottratti a qualsiasi discussione è rappresentato
dal fatto che con l’istituzione della Banca Centrale Europea è stato
replicato il “modello italiano”, che nel 1981 venne attuato allo scopo
di sottrarre alle dirigenze politiche il potere di decidere gli
investimenti pubblici, affidando il controllo della moneta alle
ambiziose e rampanti tecnocrazie che, cavalcando il mantra liberista,
miravano a penetrare nei centri nevralgici dello Stato» (10).
La necessità di non abbandonarsi ad un vuoto populismo gettando “il
bambino con l’acqua sporca” e, quindi, denunciando la moneta comune
europea come il “male assoluto” sbandierando il ritorno alle monete
nazionali come unica cura salvifica alla crisi economica della “colonia
europea”, è così decisamente scongiurato: «i cosiddetti “euroscettici”
ritengono che la tanto decantata solidarietà tra Paesi membri sia
presente solo nella vacua e ridondante retorica degli “europeisti” di
Bruxelles. Questa tesi, non priva di fondamento, è però viziata dal
limiti di confondere l’euro, che è una delle valute adottate nel
“vecchio continente”, con l’Unione Europea, che è una costruzione
squilibrata e alquanto discutibile» (11).
*Marco Bagozzi (Trieste 1983) è laureato in Scienze
Politiche presso l’Università degli Studi di Trieste. È autore di
Nazionalbolscevismo. Uomini, storie, idee (Noctua 2012), Con lo spirito
Chollima (Chollima Football Fans 2012), Vincere con Gengis Khan (Anteo
2014) e Patria, popolo e medaglie, (Anteo 2014).
NOTE:
1)Giacinto Auriti, Principi ed orientamenti per una moneta europea, Solfanelli, Chieti 1977, p. 3
2) Ivi, p. 10
3) Ivi, p. 13
4) G. Auriti, Il paese dell’utopia. La risposta alle cinque domande di Ezra Pound, Tabula Fati, Chieti 2002, p. 26
5) ibidem
6) G. Auriti, Principi ed orientamenti per una moneta europea, op. cit., p. 9
7) G. Auriti, Principi…, p. 3
8) Bernardo Gil Mugarza, Entrevista a Jean Thiriart (1983), www.red-vertice.com/disidencias/textosdisi28.html
9) Ibidem
10) Giacomo Gabellini, Shock. L’evoluzione del capitalismo
globalizzato tra crisi, guerre e declino statunitense, Anteo, Cavriago
2013, p. 203
11) Ivi, p. 199
Fonte: Eurasia
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