Per
un presente di lotta radicato in un movimento per la difesa della causa
amerindia (indigenismo) degno e combattivo contro l’ingiustizia, in
fratellanza con gli afro-discendenti e con i meticci. Un’identità
nella lotta per una società senza sfruttatori; un’identità senza
esclusioni divisioniste né misticismi artificiali paralizzanti; senza
manipolazioni dello pseudo-indigenismo made in USAID-UE - tanto
compiacente alla genuflessione e al divisionismo neo-razzista
dell’ambito popolare quanto funzionale al Grande Capitale. Alla vigilia
del 12 Ottobre, abbiamo cominciato a ripensare la nostra identità con un
fulcro unitario nella lotta per la giustizia sociale per tutte e tutti.
Da piccoli, per molte generazioni, ci hanno insegnato a celebrare il 12 Ottobre come “Il Giorno della Razza”…
Questa distorsione della storia è solamente un dato in più di tante
altre menzogne che ci hanno fatto ripetere fino a ritenerle vere. All’inizio, questa celebrazione venne imposta a ferro e fuoco. Fu
imposta dal genocida conquistatore così come la sua lingua, le sue
religioni, le sue credenze, il suo sistema politico ed economico, la sua
cultura… attraverso lo sterminio sistematico di 70 milioni di nostri
avi che vennero assassinati in molti modi, con il proposito di strappare
loro la propria terra, spogliarli dei propri diritti ancestrali e,
molte volte, addirittura per il solo piacere di vederli soffrire – come
si può apprezzare in uno dei numerosi racconti di Fray Bartolomé de las Casas (Siviglia, 24 agosto del 1474 o 1484 – Madrid, 17 luglio del 1566) che fu un “encomendero” spagnolo [colonizzatore a cui veniva concessa un’ “encomienda”, ovvero l’assegnazione di un gruppo di indios a un colono, NdT] e poi frate domenicano, cronista, filosofo, teologo, giurista, «Procuratore o protettore universale di tutti gli indios delle Indie»,
ed è considerato uno dei fondatori del diritto internazionale moderno,
un grande protettore degli indios e precursore dei diritti umani:
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