La natura, la necessità e la portata
dell’insieme dei poteri esercitati dallo Stato sui cittadini per alcuni
aspetti sono argomenti di controversie nelle attuali circostanze del
mondo occidentale, come lo sono stati nel lontano passato medievale
pre-democratico. Nella sua opera Della Ragion di Stato, completata nel 1589,
il pensatore italiano Giovanni Botero argomentava contro l’amoralità
abbracciata e sostenuta filosoficamente da Niccolò Machiavelli ne Il Principe,
un trattato politico incentrato sui modi e i metodi della manipolazione
delle leve del potere da parte di un dominatore in uno Stato
organizzato.
Di Makinde Adeyinka
In buona sostanza, il senso generale e il motore primo del trattato
di Machiavelli insistono sul fatto che qualsiasi azione intrapresa da
un “principe” per preservare e promuovere la stabilità e la prosperità
del suo dominio sia intrinsecamente giustificabile. Pertanto, l’impiego
della violenza, dell’omicidio, dell’inganno e della crudeltà verso il
conseguimento di tali obiettivi non è ignobile, nella misura in cui "il fine giustifica i mezzi”.
Tuttavia, date le implicazioni ad un necessario ricorso
all’illegalità e a metodi conseguenti che generano ben più di un soffio
di autoritarismo, il “fine giustifica i mezzi” non corrisponde alla rappresentazione concettuale del modus operandi
con cui i moderni Stati occidentali democratici, si suppone, dovrebbero
operare, in termini di strategie politiche, sia in ambito nazionale che
all’esterno.
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