29 novembre 2011

IN MORTE DELLA BELLEZZA NELL’ERA POSTMODERNA

Che cosa è vera Arte ? Perché non si perde mai la capacità di fremere davanti ai capolavori immortali di Omero, Dante, Michelangelo, Leonardo, Caravaggio, Shakespeare, Mozart, Beethoven, Van Gogh, Picasso, Dostoevskji, Pirandello, ecc… ? Ma anche senza scomodare la perfezione, la presa avvolgente dei capolavori di ogni tempo quale misterioso meccanismo ci costringe a sospendere il tempo della nostra quotidianità per tentare di mettersi in sintonia e contemplazione della poesia, dell’arte figurativa, della pittura, della scultura, della musica classica, del teatro, della letteratura “alta” e di certuni prodotti dell’architettura ? 
Di HS
Senza ricorrere alle riflessioni filosofiche di Kant e a tutta la tradizioni della speculazione estetica – territori arditi per chiunque non mastichi attentamente e dovutamente la filosofia – non posso fare a meno di spiegare con parole esclusivamente mia cosa è Arte. Essa scaturisce dallo spirito creativo dell’artista che attinge alle segrete e oscure forze dell’anima che si configura come luogo abitato da un caleidoscopio di sentimenti, emozioni, pensieri, colori, immagini, fantasia e sogno…


Non solo l’artista fa emergere questo universo del profondo che è parte della natura umana, ma lo riorganizza e lo oggettiva, conferendogli una forma “concreta” nei versi, nei colori, nelle note e nelle parole assemblate in modo tale da dare vita, respiro e impulso a una creazione assolutamente unica. Indubbiamente si tratta di una grande qualità – quella artistica – perché il mondo segreto in cui si addentra l’artista è talmente vasto e immenso da non poter essere semplicemente descritto o reso a parole… Non si può dire, il regno della magnificenza…

L’esperienza artistica è, quindi, quanto di più religioso la vita possa offrire, perché, scandagliando il grande Mistero che è dentro e sopra di noi, immanente e trascendente al tempo stesso, si accede alla dimensione più autenticamente spirituale. In tal senso l’artista è il sacerdote di una religione senza religione, che celebra la gloria di un dio che sfugge a qualsiasi religione istituzionalizzata. L’artista non fa proseliti e non impone la sua visione, la offre all’altrui contemplazione perché essa è il frutto colto dal suo solo ed esclusivo spirito creativo.

Tuttavia quel mondo profondo, misterioso, segreto e fantastico a cui accede l’artista è anche patrimonio degli altri, di coloro che contemplano e, per tale motivo si instaura una sorta di complessa, travagliata e magnifica comunicazione fra il soggetto dell’opera d’arte e i destinatari. E da tale rapporto fioriscono la Bellezza e, quindi, il sentimento del Bello, del Sublime e della Magnificenza. Mai si sa veramente dire che cosa è Bellezza e, tuttavia, l’opera d’arte e il suo artefice ce la fanno conoscere ed apprezzare. Se tale è il territorio e l’ambito dell’Arte, al di fuori si collocano le opere impegnate, didascaliche e “morali” esclusivamente finalizzate a dimostrare una tesi. A tale stregua si possono considerare quelle che aprono e chiudono i discorsi “d’autore” su argomenti filosofici, politici, sociali, morali, psicologici, ecc…

A maggior ragione si distanziano dal territorio dell’Arte i prodotti di consumo e dello spettacolo che servono ad intrattenere un pubblico con il ricorso di espedienti facili e ben collaudati al solo scopo di ricavarne il massimo successo e le maggiori entrate economiche. In una certa misura e in maniera diversa le opere didascaliche e i prodotti di intrattenimento e di evasione confliggono con quella che ritengo sia l’Arte nella sua dimensione più pura. Purtroppo occorre prendere atto che questo elevato ambito d’attività umana si è praticamente ormai dissolto, perché quel rapporto che poc’anzi ho tentato di descrivere non fa parte del bagaglio culturale della postmodernità. Se proprio ci abbandoniamo allo stupore e alla meraviglia è per le creazioni del passato ormai piuttosto remoto.

Forse quel mondo che è fonte di Bellezza e del Sublime è ormai lontano al nostro sguardo, al di là del nostro orizzonte. La postmodernità ha ucciso l’Arte con l’affermazione dell’industria e della grande impresa commerciale dello spettacolo, dell’intrattenimento e dell’evasione imponendo linguaggi e modelli di comunicazione commerciali, omologanti e standardizzati senza lesinare sul cattivo gusto che punta all’epidermide e alle viscere del pubblico – consumatore. Nulla più si crea…

L’artista è stato rimosso e il suo spazio è stato occupato dai saltimbanchi e dai fenomeni di baraccone dell’immenso circo della postmodernità, ossia i deejay, gli showman, i presentatori televisivi, i cantanti di musica pop o commerciale, i registi e gli attori cinematografici di successo, i divi del calcio e dello sport, i fumettisti e i progettisti di videogame, ecc… Lo spirito creativo è andato bellamente a farsi fottere…

I saltimbanchi cercano solo di soddisfare pubblici sempre meno esigenti e sempre più deculturati. Miserie di questi grami tempi materialistici, edonisti e consumisti che deprimono la natura complessa degli individui cancellandone le ispirazioni genuinamente spirituali e contemplative. E è da quel bistrattato spirito che è anche creativo e artistico, bistrattato, dileggiato e bistrattato che si deve cominciare per resuscitare l’Arte e i suoi antichi fasti…
Solo così sarà possibile recuperare quelle facoltà che permettevano di immergersi nel segreto mondo spirituale per trarne i molteplici e variegati elementi per contemplarli, per armonizzarli, metterli in conflitto o assemblarli…

Orsù, beviamo a quella fonte…

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