6 gennaio 2011

Che cosa ci attende nel 2011?

Negli Stati Uniti i repubblicani preferiscono veder fallire Obama piuttosto che un successo economico, in Europa 27 paesi spingono in direzioni diverse. La crescita sarà lenta, le entrate fiscali diminuiranno e la diminuzione del deficit sarà deludente. Un programma di investimenti pubblici su larga scala stimolerebbe l'occupazione a breve termine e la crescita a lungo termine.
di Joseph Stiglitz

L’economia globale finisce il 2010 più divisa dell' inizio dell’anno. Da una parte, i paesi con mercati emergenti come l’India, la Cina e le economie del sudest asiatico stanno sperimentando una forte crescita. Dall’altra parte, l'Europa e gli USA affrontano una situazione di stallo- di fatto, un malessere in stile giapponese- e una disoccupazione ostinatamente alta. Il problema nei paesi avanzati non è una ripresa senza lavoro, ma un ripresa anemica. O peggio, la possibilità di una recessione a doppia caduta. 

Questo mondo a due binari comporta alcuni rischi inusuali. Mentre la produzione economica dell’Asia è troppo piccola perché dia un impulso alla crescita nel resto del mondo, può bastare per far alzare i prezzi delle materie prime.
Nel frattempo, gli sforzi da parte degli Stati Uniti per stimolare l'economia attraverso una politica diquntitative easing” possono fallire. Dopotutto, nei mercati finanziari globalizzati, il denaro cerca le migliori prospettive in tutto il mondo e queste prospettive sono in Asia e non negli Stati Uniti. Quindi il denaro non andrà dove serve, e gran parte di quel denaro finirà dove non si vorrebbe, causando maggiori aumenti nei prezzi delle attività e le materie prime, specialmente nei mercati emergenti.

Visti gli alti livelli di disoccupazione in Europa e negli USA, è poco probabile che il ”quntitative easing” comporti uno sbalzo dell’inflazione. Potrebbe, invece, aumentare le preoccupazioni per la futura inflazione, derivante dai tassi d’interesse più alti a lungo termine, esattamente il contrario dell’obiettivo della Federal Reserve.
Questo non è l’unico rischio ad impatto negativo, neanche il più importante, che l’economia globale deve affrontare. La maggior minaccia sorge dall’ondata di austerità che sta investendo il mondo, mentre i governi, particolarmente quelli europei, affrontano i grandi deficit creati dalla Grande Recessione e mentre l’ansia sulla capacità di alcuni paesi di soddisfare il pagamento del loro debito contribuisce all’instabilità dei mercati finanziari.

Il risultato di un consolidamento fiscale prematuro è quasi annunciato: la crescita si rallenterà, le entrate fiscali diminuiranno e la riduzione dei deficit sarà deludente. E, nel nostro mondo globalmente integrato, il rallentamento in Europa aggraverà il rallentamento negli USA, e viceceversa. 

In una situazione in cui gli Stati Uniti possono prendere in prestito a tassi d'interesse bassi senza precedenti e contro la promessa di alti rendimenti per gli investimenti pubblici dopo un decennio di abbandono, risulta chiaro ciò che si dovrebbe fare. Un programma di investimento pubblico su larga scala stimolerebbe il lavoro a breve termine, e la crescita a lungo termine, che alla fine sfocerà in debito nazionale inferiore. Ma i mercati finanziari hanno dimostrato la loro miopia negli anni precedenti alla crisi, e lo stanno facendo ancora, spingendo per tagli di spesa, anche se questo implica ridurre notevolmente gli investimenti pubblici necessari.

Inoltre, l’ingorgo politico garantisce che poco viene fatto su altre questioni pressanti a cui si trova di fronte l’economia statunitense: i pignoramenti probabilmente continueranno senza sosta (lasciando da parte le complicazioni legali); è probabile che le piccole e medie aziende continuino ad essere private di fondi, ed è possibile che le banche piccole e medie che tradizionalmente offrono crediti continuino a lottare per sopravvivere.

In Europa, nel frattempo, è improbabile che le cose andranno meglio. L’Europa finalmente è riuscita a riscattare la Grecia e l' Irlanda. Alla vigilia della crisi, entrambi i paesi erano retti da governi di destra marcati da un capitalismo di connivenza o peggio, che dimostrava ancora una volta che l'economia di libero mercato in Europa non ha funzionato meglio di quanto abbia fatto negli Stati Uniti.

In Grecia, come negli Stati Uniti, il compito di ripulire il pasticcio è caduta su un nuovo governo. Forse come c'era da aspettarsi, il Governo irlandese che ha incoraggiato un prestito bancario spericolato e la creazione di una bolla immobiliare non è stato molto più adatto a gestire l’economia dopo la crisi rispetto a prima.
Lasciando da parte la politica, le bolle immobiliari si lasciano dietro un'eredità di debito e di capacità nel mercato immobiliare che non si può risolvere facilmente, soprattutto quando le banche politicamente connesse rifiutano ristrutturare i mutui.

Secondo me, cercare di capire le prospettive economiche per il 2011 non è una questione particolarmente interessante: la risposta è oscura, con poco potenziale di crescita e molto rischio di ribasso. Ancora più importante è: quanto tempo ci vorrà all’Europa e agli USA per recuperare e se le economie dell’Asia possono, essendo apparentemente dipendenti dalle esportazioni, continuare a crescere se i loro mercati storici languono?

La mia migliore ipotesi è che questi paesi manterranno una veloce crescita nella misura in cui rivolgano il loro interesse economico verso i loro mercati interni, vasti e inesplorati. Questo esigerà una ristrutturazione considerevole delle loro economie, ma sia la Cina che l’India sono dinamiche ed hanno dato prova della loro resilienza in risposta alla Grande Recessione.

Non sono tanto ottimista per quanto riguarda l’Europa e gli USA. In entrambi i casi, il problema di fondo è una domanda complessiva insufficiente. L'ironia è che ci sono allo stesso tempo una capacità produttiva in eccesso, vasti bisogni insoddisfatti e politiche che potrebbero rilanciare la crescita, se quella capacità fosse usata per soddisfare le necesità.

Sia gli USA che l’Europa, ad esempio, devono adattare le loro economie per affrontare le sfide del riscaldamento globale. Ci sono politiche credibili che funzionerebbero nel contesto di limitazioni di bilancio a lungo termine. Il problema è la politica: negli USA, il Partito Repubblicano preferirebbe veder fallire il presidente Barack Obama piuttosto che essere testimone di un successo economico. In Europa, 27 paesi con differenti interessi e prospettive spingono in direzioni diverse, senza sufficiente solidarietà per compensare. 
I pacchetti di salvataggio sono, da questo punto di vista, risultati impressionanti.

Sia in Europa e negli Stati Uniti l'ideologia del libero mercato che ha permesso la crescita di bolle speculative fuori controllo - i mercati sanno sempre di più, così il governo non dovrebbe intervenire - ora lega le mani ai responsabili politici, al momento di articolare risposte efficaci alla crisi. Si potrebbe pensare che la crisi stessa mina la fiducia in quell' ideologia. Al contrario, deve ancora venire in superficie per trascinare i governi e le economie giù per lo scarico dell' austerità.

Se la politica è il problema in Europa e negli Stati Uniti, solo cambiamenti politici probabilmente potranno nuovamente porli sul percorso della crescita. In caso contrario, possono aspettare finchè la minaccia di ridurre la sovraccapacità, i beni del capitale diventino obsoleti e le forze interne ripristino dell'economia mettano al lavoro la loro magia gradualmente. In entrambi i casi, la vittoria non è dietro l’angolo.

Tradoto e segnalato per Voci Dalla Strada da VANESA 

4 commenti:

  1. Ciao Alba sei stata selezionata al Sunshine Award 2011!!!

    Per maggiori info:(http://freeondarevolution.blogspot.com/2011/01/sunshine-award.html)

    A presto! :)

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  2. Germania, Italia: i derivati minacciano la democrazia

    http://www.movisol.org/11news003.htm

    m

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  3. @m
    Grazie per la segnalazione, l'ho appena pubblicato.
    Un caro saluto.

    @Andrea
    Grazie per la nomination e soprattutto per i bellissimi meriti attribuitimi.
    E' un'iniziativa molto carina, però non mi sento presa dalla cosa, forse perchè in questo periodo sono in fase post-vacanza e ho mille cose arretrate che non riesco a riprendere in mano...
    ;(

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  4. Riguardo all'articolo, sicuramente per mia ignoranza, tutti questi dati e questi nomi altisonanti non mi dicono nulla. Nel mio piccolo non posso che guardare la mia misera economia e cercare per quanto possibile di BOICOTTARE le multinazionali e la grande distribuzione in favore dalti livelli ma onestamente posso farci poco... Ma magari non ci ho capito nulla. :)
    Complimenti per i tuoi successi meritati!

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