10 novembre 2010

Intervista Esclusiva a Eduardo Galeano

El Puente ha viaggiato verso Montevideo, Uruguay per realizzare un’intervista con Eduardo Galeano, noto scrittore premiato in tutto il mondo. E’ stata una chiacchierata di grande valore a pochi metri dallo storico Teatro Solis nella Ciudad Vieja della capitale uruguaiana. A volte sembrava di leggere un libro o guardare una trasmissione tv nella quale parlava Eduardo ma in realtà stavamo parlando tra pari. Abbiamo approfittato di questo spazio per ringraziarlo nuovamente per l’opportunità di condividere un caffè e una conversazione indimenticabile.

El Puente: Che visione ha del mondo attuale?

Eduardo Galeano: Cerco di vederlo…è difficile vederlo perché è molto ben mascherato, molto complicato, ma si fa il possibile per capire questo mondo inspiegabile dove ogni minuto muoiono 15 bambini di una malattia curabile. Ogni minuto questo stesso mondo spende tre milioni di dollari in armi. L’industria della morte divora la maggior parte delle risorse in questo mondo che dice di essere pacifico, che sostiene anche di essere democratico, ma è gestita dai cinque paesi con diritto di veto in seno alle Nazioni Unite e sono quelli che contano - Gli altri svolgono una funzione simbolica.

EP: Ed in questo mondo che ha appena descritto, che funzione compie la comunicazione?

EG: Sono stati aperti nuovi canali nelle strutture degli ultimi anni. In qualche modo mi hanno ridato fiducia, la possibilità che la tecnologia possa essere amica delle migliori energie umane, cosa che non sempre succede. Te lo dico perché Internet è nata al servizio del Pentagono. In realtà, è nata come frutto di un arduo e lungo lavoro di ricercatori dell’Università di Berkeley, in California. Ma dopo internet restò nelle mani del Pentagono per la pianificazione delle sue operazioni all’estero, cioè, per programmare su scala universale quelle operazioni militari che erano al servizio dei grandi stermini, che in realtà non si chiamano così ma così meritano di essere chiamati.Tuttavia, nel corso del tempo, ironia della sorte- ci sono paradossi che ti ridanno l’ottimismo quando questo ti cade dal buco della tasca- internet alla fine si trasforma in uno strumento molto diverso, che continua a servire a fini militari, ma anche ad altri scopi e che inoltre, senza alcun dubbio, ha ingrandito lo spazio della comunicazione.
Questo ha permesso che risuonino in un altro modo e, mille volte più di prima, le voci che prima erano condannate a risuonare come campana di legno. Cioè esistevano solo per piccole minoranze ma che in generale, incarnavano cause di valore per il genere umano. Non sempre le voci che risuonano coincidono con le bocche migliori, piuttosto succede il contrario. Allora molti di quei gruppi che sembravano condannati alla solitudine o all’isolamento, grazie a questa tremenda rivoluzione tecnologica che ha rappresentato internet, adesso hanno altre possibilità di comunicazione. Ugualmente, i grandi centri di comunicazione sono monopolizzati in pochissime mani, in particolare la comunicazione di maggior risonanza popolare continua ad essere la tv.

EP: Allora vede il lato positivo d’internet. 

EG: Con internet mi è successa una cosa molto complicata. Dato che sono preistorico, in realtà appartengo a quel periodo dell’umanità ormai superata, il pre-paleolitico e il neolitico, allora ho una diffidenza naturale verso le macchine. Ho sempre sospettato di queste macchine nuove che apparivano. Le prendevo con le pinze, con molta diffidenza perché avevo il sospetto che bevevano di notte. Quando nessuno le vedeva, loro bevevano, si dedicavano ai long drinks e per questo facevano cose inspiegabili durante il giorno. Ho ancora questo sospetto ma l’ho superato abbastanza. Adesso, la mia opinione è cambiata. Scrivo a macchina anche se scrivo a mano, sono manuale: mano-scritto sono, ma dopo uso il pc. Lo stesso mi è successo con internet. Guardavo con molta diffidenza ma riconosco che ha molte virtù anche se la mia esperienza personale non è delle migliori. Perché nella mia lunga vita di scrittore, i tre articoli che hanno avuto più ripercussione e per i quali la gente mi ferma per strada per congratularsi e che circolano con la mia firma su internet, non sono miei. Uno si riferisce a “Le cose vecchie”, un altro che si chiama “Perché non ho un DVD” cosa che è falsa perché ho un DVD ed un altro che si chiama “Mia nipote Sofia” e non ho nessuna nipote che si chiama Sofia. Allora ci sono questi tre lavori di tanto successo e si congratulano per quello che non ho scritto. Ed avendo scritto tanto, comincio a sfogliare la margherita….mi uccido, non mi uccido, mi uccido, non mi uccido….

EP: E quindi la questione è legata al ruolo dei mass media e dell' opinione che ha sulla “Legge dei Servizi Audiovisivi dell’Argentina” che tanto hanno diviso le acque….*

EG: Faccio quel poco che posso e non il tantio che voglio. Sfortunatamente non ho potuto leggere tutta la legge, e mi piacerebbe molto farlo. Ad ogni modo ti dico, mi sembra sano tutto quello che contribuisca ad opporsi al peso dei monopoli su scala universale, monopoli che ancora controllano la comunicazione in gran misura. Il margine di apparizione delle voci indipendenti si è moltiplicata grazie alla tecnologia in questi ultimi anni. Ma comunque, i grandi mass media continuano ad essere pochi e sempre più in poche mani. Non conosco la legge argentina per poter avere un’opinione, ma si in linee generali ti direi questo ed anche ti direi che è buono tutto quello che si può fare per stimolare lo sviluppo dei media alternativi della comunicazione che provengono dalla realtà. Cioè che non opinano su di essa ma provengono da essa. Ad esempio le radio comunitarie, le emittenti comunitarie o i mille e uno periodici che ci sono in giro, credo che sono la prova della vitalità sociale che il mondo conserva. La capacità che il mondo ha ancora di sentire la voglia di sentire e di fare.

EP: In relazione all’argomento del Genocidio Armeno, come analizza questa lotta?

EG: La lotta del popolo armeno per il riscatto della propria memoria e per il riconoscimento internazionale di quanto è successo, è una lotta che non è soltanto armena, è una lotta internazionale. E’ una lotta per il riscatto della memoria. I popoli che hanno subito uccisioni, come è il caso dei paesi latinoamericani che hanno passato periodi di repressione feroce sembrano non aver diritto alla memoria. E’ un mondo che è arrivato al livello più abominevole del diritto alla proprietà e, e la memoria ha un proprietario, allora ci sono paesi con diritto alla memoria e paesi che non ce l’hanno. Questa è la prova che questo mondo non è veramente democratico. Nell’ultimo libro che ho pubblicato, “Specchi”, che è uno di quei libri strani che faccio, racconto una storia reale. Quando Hitler stava per invadere la Polonia, mentre si riunisce con il suo stato maggiore, per studiare i pro ed i contro, perché aveva già deciso d’invadere e aveva pronto l’alibi. Inoltre aveva inventato che la Polonia voleva invadere la Germania che è sempre la stessa storia…nessun paese ha l’onestà per dirlo “uccido per rubare” invece dicono “uccido per difendermi”, le guerre sono tutte difensive e amche questa lo era. Hitler aveva già preparato questo, ma voleva conversare con i suoi allegati per sapere come vedevano loro l’invasione in Polonia e qui sono sorte alcune osservazioni “come il mondo prenderà questo, come lo capirà l’opinione pubblica internazionale, non ci sarà troppa agitazione, se non si creerà troppo casino” e Hitler tagliò la discussione con una sola domanda: “e chi si ricorda oggi degli armeni?”  Così zittì tutti ed invasero la Polonia con l’impunità con la quale, anni prima, era accaduto lo sterminio degli armeni.

EP: Allora questo la fa diventare una questione di tutti….

EG: Credo che il diritto alla memoria è un diritto universale, un diritto umano, tutti abbiamo il diritto di ricordare e, quindi, abbiamo il diritto alla giustizia. Quindi che questa memoria implichi anche giustizia. Sono convinto della causa. Ma sono stato anche sconfitto molte volte. Due volte sono stato membro della commissione che ha organizzato il referendum contro la legge sull’impunità, contro una legge infame che si votò in Uruguay e che diede l' impunità al Terrorismo di Stato. Allora, alla fine degli anni 80, abbiamo fatto il primo referendum contro questa legge e lo abbiamo perso per poco, ma lo abbiamo perso. Quindi siamo stati sconfitti due volte. Dà l’impressione che la maggior parte della gente dei paesi come questo, come l’Uruguay non è che sia a favore dei militari né nulla simile, ma che non dia loro troppa importanza o che pensi che non bisogna frugare in queste cose. L’idea che, come diceva un politico uruguaiano, “non bisogna avere occhi sulla nuca, gli occhi sono di fronte”, ma succede che se uno ha gli occhi sulla fronte e non ha occhi sulla nuca corre il rischio di non ricordare i pozzi dove è caduto, le pietre con nelle quali ha inciampato e questo conduce alla ripetizione della storia. La maggior parte della popolazione uruguaiana credo che non è abbastanza consapevole di andare a votare. Quello che è successo è che non abbiamo raggiunto i voti necessari, gli altri non si sono pronunciati, non è che hanno votato contro. Questo significa che la gente non lo ha preso sul serio o non era ben informata e perché inoltre, la nostra forza di sinistra, il Fronte Ampio, al quale appartengono non si è neanche mosso tanto per questo. Allora la questione della memoria è un argomento molto delicato, molto complicato in tutto il mondo, non solo per l’Armenia e questo non lo dico come consolazione. E’ molto difficile combattere per il recupero del diritto a ricordare, che è un diritto inalienabile, un diritto fondamentale dell’essere umano, sia sul piano personale come su quello collettivo. Il diritto di ricordare ci permette confermare che non siamo nati dall’orecchio di una capra, cioè c’è una continuità nel processo umano, in questa navigazione terrestre della quale facciamo parte.

EP: Passando ad un altro argomento…al capitalismo e alla sua crisi attuale…cosa ne pensa, si avvicina la fine dimostrando che non è un sistema efficiente, sono crepe o semplicemente si tratta di una crisi in più della quale uscirà rafforzato lo stesso sistema? 

EG: Sono un pessimo profeta, perfino nel calcio che è l’argomento che più mi interessa. Ogni volta che auguro una vincita, viene sconfitta come adesso, sono del Nacional e ieri abbiamo perso con il Peñarol.

La morte del capitalismo è stata annunciata tante volte che ormai non ci credo. Sembra avere più di sette vite, a differenza dei gatti, o almeno fino ad ora ha dimostrato che ha una enorme capacità di supervivenza. Il capitalismo ha una struttura montata che funziona, con molta efficienza, per scaricare la sua crisi sulle spalle delle sue vittime. Cioè, sono i poveri quelli che pagano la crisi dei ricchi. E sono anche i poveri quelli che hanno i morti nelle guerre e quelli che danno al sistema una mano d’opera economica che li salva da ognuno dei loro crolli e dai periodi critici. Questi meccanismi funzionano su scala universale, questi meccanismi del commercio, di crediti che controllano le relazioni lavorative e fino ad ora ha permesso mantenersi a galla e inoltre sopravvivere ricompensando i colpevoli di ognuna delle sue crisi. Quest’ultima, che sta ancora dando i suoi colpi a tutto il mondo, è nata a Wall Street, nata per opera e grazia degli speculatori di Wall Street, ma chiunque legga i giornali può credere che la crisi è nata in Grecia. Allora questi signori, i responsabili della crisi, gli speculatori hanno giocato sul mondo, il mondo adesso è una roulette. Il capitalismo è sempre più finanziario e meno economico, si parla sempre più di finanze e meno dell’economia e allora cosa è successo, questi signori si sono ritirati dalla crisi prendendo degli indennizzi favolosi, come se fossero delle vittime e non i carnefici. L’ultimo è il caso del presidente della Goldman Sachs, una società dedicata alla criminalità ed è quella che ha consigliato ai governi greci anteriori di mentire sui loro dati senza che si notasse. Quest' uomo si è ritirato con circa dieci milioni di dollari di ricompensa, che non è male per uno degli autori dei crimini. Cioè che perfino in questo il capitalismo dimostra una grande efficienza. E’ inefficiente dal punto di vista del magro favore che fanno a tutti noi distribuendo così male i pani ed i soldi. Ma è efficace quando si tratta di premiare la sua abnegazione.

EP: Seguendo questo stesso contesto e tenendo in conto che prima l’Impero ha attaccato con le armi, dopo con le dittature e più tardi con misure neoliberali…credo che adesso c’è un cambiamento con questo atteggiamento di unità latinoamericana, come crede che questo influisce sull’Impero?

EG: Sì, io credo che l'America Latina si deve unire per una questione di senso comune, ma costa molto. Siamo ancora lontani dall’unità desiderata. Forse perché tutti i discorsi la invocano e quanto più l’invocano, meno fanno. C’è un non incontrarsi, che è una tradizione latinoamericana vecchissima tra i discorsi ed i fatti: quanto più si parla di unità meno la si pratica. La verità è che non è un processo facile, è un processo complicato e che impiegherà molto tempo. Perché siamo stati organizzati per la dissociazione, per l'odio reciproco, per la mutua ignoranza, per litigare tra di noi invece di agire insieme. Se non ti unisci, sei fritto perché questo è un mondo di grandi spazi divisi dove da separati non abbiamo luogo. Ma costa.

EP: Ma c'è stato un cambiamento di atteggiamento ...

EG: Si, questo si. Per lo meno c’è una disposizione nuova che dobbiamo incontrarci, ma è molto complicato, non sarà facile. Anche adesso in Europa si sta vedendo che la moneta comune, che è la stessa idea che era presente in America Latina, dimostra che non è la prima fase bensì l’ultima e che non bisogna affrettarsi con questo argomento perché i dislivelli esistono. Noi siamo un’unità possibile di molte diversità, che è buono all’inizio, è buono che il mondo sia diverso, è buono che non siamo condannati a morire di noia, ma non vogliamo neanche morire di fame, ma ha l’inconveniente di essere un argomento di contraddizione in America Latina. E’ una regione piena di contraddizioni interne, ma non bisogna avere paura delle contraddizioni, sono la prova che è un territorio vivo, è un regno vivo nel mondo, ma bisogna avere pazienza e sapere che tutto costa.

EP: Parlando di America Latina…cosa ha sentito quando il presidente Hugo Chavez ha regalato "Le Vene Aperte dell' America Latina" a Obama quando è salito alla presidenza?

EG: Non lo sapevo e sono uscito a fare un giro con il mio cane Morgan, che è morto non da molto, il mio grande amico Morgan…e siamo usciti a passeggiare e sentimmo le grida dei vicini…"Eduardo,Eduardo" e Morgan rizzò le orecchie, pensò “adesso ci assalgono” Tanto affetto di colpo, cosa era questo?
Eppoi i riconoscimenti che cominciarono a piovere mi deprimevano moltissimo perché erano elogi commerciali. Mi dicevano: "stai vendendo moltissimo, accendi la tv, la radio, stai arrivando al numero due, stai vendendo come non mai, che stupendo, bene” e lì pensai “adesso arriva la richiesta (di soldi), adesso Morgan preparati” ma per fortuna no, non arrivarono fino a quel punto, ma insistettero nel congratularsi su ciò che non m’interessava che era vendere. A me non interessa vendere molto, non costruisco merce, scrivo libri, allora quello che m’interessa è di arrivare agli altri. In questo senso, quel gesto generoso di Chavez ha significato che i miei libri si muovessero, non solo le Vene, ma anche altri, ma è stato un gesto simbolico, chiaramente. Il libro si è trasformato, nel giro di quattro anni, non credere che sia stato facile, in un simbolo dell’altra storia, dell’altra realtà, dell’altra voce, dell’altro modo di vedere le cose. Ed è stato in questo senso che Chavez l’ha regalato. Avrei preferito che lo avesse regalato nell’edizione inglese, ma l’ha regalato in spagnolo che è una lingua che Obama non conosce. Ma il gesto è stato bello, molto simbolico.

EP:- Inoltre, se il contenuto che ha il libro è arrivato a persone che non lo conoscevano è un messaggio molto valoroso

EG: In realtà avrei preferito che adesso il libro fosse in un museo di archeologia. Ma sfortunatamente, la realtà è cambiata nel suo aspetto fondamentale. Continuiamo a vivere in un mercato mondiale e dei bisogni altrui, per questo il libro non ha perso la sua attualità. Quello che avrei voluto è che perdesse la sua attualità velocemente, ma non è successo. Allora, in qualche modo, il successo del libro genera il nostro fallimento. Comunque, il libro copre una funzione che va oltre il momento storico nel quale fu scritto, della realtà attuale. Quello che cerca di spiegare è come il sottosviluppo è una conseguenza dello sviluppo di altri, come nel mondo non c’è alcuna ricchezza che sia innocente. Quindi, su questo aspetto, non perde la sua attualità.

Eduardo Galeano è stato intervistato da Eugenia Akopian


Traduzione per Voci Dalla Strada  cura di VANESA

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