15 ottobre 2010

Stati Uniti Sotto il Dominio del Potere Sionista

Da tempo mi chiedo se in realtà esiste una lobby sionista negli USA o se questa ha già smesso di esserlo per inserirsi come parte della struttura di potere che dirige l’impero. Oggi sono incline verso quest’ultima considerazione. Non è la stessa cosa una “lobby” che per quanto potente sia si suppone che esiste per influire o fare pressione da fuori, rispetto al formare lo stesso potere. La “lobby”, rappresentata fondamentalmente dall’American Israel Pubblic Affaires Committee (AIPAC), può continuare ad esistere come un meccanismo delle relazioni pubbliche, ma è solo parte del gioco.

E parlo di sionismo, non di ebraismo, dato che alcuni capi d’Israele stanno cercando d’identificare i due termini come se parlassero della stessa cosa, per me è chiaro che il primo esprime una categoria politica ed il secondo una condizione religiosa. Ci sono ebrei, anche se una minoranza, che sono antisionisti.

Ma in questi giorni si discute anche dell’esigenza dei governanti di Tel Aviv che i palestinesi e gli arabi riconoscano la condizione d’Israele come “Stato ebraico religioso”, che comporta l’esclusione o il disconoscere il 20% della sua popolazione che è composta da palestinesi che professano la religione mussulmana o cristiana. 

L’esigenza sionista può essere diretta verso l'accettazione di una futura espulsione della popolazione araba come il culmine delle operazioni di "pulizia etnica e religiosa", che praticano da più di mezzo secolo per lasciare uno “Stato puro”. Anni fa l’Organizzazione delle Nazioni Unite aveva dichiarato, a ragione, che il sionismo era una forma di razzismo.
Fino agli anni 40, i sionisti avevano mantenuto vincoli privilegiati con i britannici, che propiziarono, nel 1917, la costituzione di una “Casa Nazionale” per il popolo ebraico in Palestina, una terra che non apparteneva a loro. Questo è l’antecedente diretto della creazione nel 1948, dello Stato d’Israele- Ma dal 1942, quando l'Agenzia ebraica ha annunciato il Programma Biltmore, si stava producendo un trasferimento degli interessi sionisti verso gli Stati Uniti e il centro delle attività delle sue organizzazioni passò da Londra a New York. Decine di milgliaia di ebrei tedeschi ed europei erano immigrati negli USA scappando dal fascismo, stavano scalando posizioni nei mezzi di comunicazione di massa, nelle attività culturali e negli ordini scientifici e finanziari. Allo stesso modo cominciarono ad introdursi in posizioni politiche influenti. Già nel 1944, si riteneva che avessero il sostegno di 77 senatori e 318 rappresentanti nel Congresso

Da quel periodo, anche se ci furono degli alti e bassi nel sostegno e l'impegno dei governi degli Stati Uniti agli interessi sionisti, il loro potere è cresciuto e consolidato, in uno o un altro partito. Ma, fu probabilmente durante il governo del presidente George W.Bush che si è potuto apprezzare con maggiore chiarezza che la lobby era passata ad essere parte integrante del potere stabilito.

Un gruppo significativo di ebrei sionisti statunitensi e di statunitensi pro-sionisti, parteciparono all’elaborazione, dopo la fine della Guerra Fredda, delle principali idee raccolte nel famoso Progetto per un Nuovo Secolo”, un programma per il completo dominio mondiale. Molti di loro passarono ad occupare incarichi nell’amministrazione neofascista: Paul Wolfowitz, Richard Perle, John Bolton, Elio Cohen, Lewis Libby, Dov Zekheim, Stephen Carbone…, un vero branco di delinquenti politici. 

Loro furono gli uomini di Cheney e Rumsfeld nell’implementazione della “guerra totale contro il terrorismo”, scatenata a partire dall’attacco alle Torri Gemelle l’11 settembre 2001, azione che non poteva essere più opportuna per poter attuare i loro piani da cui hanno lanciato la loro campagna per intimidire e soggiogare il mondo.
Ho osservato da Baghdad come i sionisti e filo-sionisti costruirono l’enorme ondata di bugie per preparare ad una guerra che andava contro i veri interessi del popolo statunitense. Washington ha potuto negoziare con il governo iracheno ed aver ottenuto anche concessioni molto importanti per lo sfruttamento delle sue enormi riserve di petrolio e gas. Già prima, quando Saddam Hussein lanciò la guerra insensata contro l’Iran, aveva mantenuto una stretta collaborazione con il suo governo.

Quando nei mesi precedenti, l’inizio della guerra del 2003, parlavo con dirigenti iracheni sulla possibilità o no che questa scoppiasse, ho riscontrato in molti di loro la convinzione che la controversia sia risolta attraverso il negoziato. Fino alla metà di marzo di quell’anno, essendo ormai evidente che erano in procinto di piovere bombe e missili su Baghdad, ho notato che almeno in una parte importante del comando iracheno, predominava il criterio che la mobilitazione militare nemica faceva parte della pressione per arrivare alle negoziazioni. E loro erano disposti a negoziare. Forse è stata questa la ragione della mancanza di preparativi per una difesa effettiva, cosa che osservavo nei miei viaggi.

Se il governo statunitense avesse scelto la negoziazione, si sarebbe evitata una criminale guerra che è costata centinaia di migliaia di vite al popolo iracheno e la distruzione di una buona parte del paese, ma i sionisti pensavano che se questo fosse successo (la negoziazione) il paese arabo che i dirigenti israeliani hanno sempre considerato come “una minaccia per la loro sicurezza” si sarebbe rafforzato. L’obiettivo sionista non era solo di deporre il governo di Saddam, ma anche di distruggere il paese, ritardare di un secolo il suo sviluppo e forse dividerlo. Tuttavia stanno cercando di farlo.

Per interessi sionisti, adesso trasformati in una punta di diamante del potere imperialista, il popolo nordamericano ha dovuto, però, pagare un alto prezzo. La montagna di morti iracheni significano una montagna di risentimenti e odio accumulati tra arabi e mussulmani. La guerra è costata delle cifre incalcolabili in milioni di dollari, cosa che  è stato un fattore scatenante della crisi economica che ancora scuote il pese. E quello che è più doloroso per il popolo statunitense, è che circa 4.500 giovani sono morti e decine di migliaia feriti, molti dei quali sono rimasti disabili o si trascineranno altre conseguenze.

Il prossimo obiettivo è l’Iran. Bisognerà vedere se dopo il disastro dell’Iraq, i sionisti possono imporre i loro criminali scopi e far scatenare un’altra guerra che si stima avrà terribili ed incalcolabili conseguenze….anche per il popolo statunitense.

Ernesto Gómez Abascal è uno scrittore e giornalista cubano, ed ex ambasciatore in diversi paesi del Medio Oriente.


Traduzione per Voci Dalla Strada a cura di VANESA

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