24 maggio 2010

LULA E IL NUOVO SCENARIO INTERNAZIONALE

Brasile, giocatore globale 
di  Edgardo Mocca
L’accordo con l’Iran affinchè si realizzi il processo di arricchimento di uranio in un altro paese - in questo caso la Turchia- ottenuto dal presidente brasiliano Lula, con la collaborazione del suo omologo, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan è un fatto di straordinaria portata, i cui significati sicuramente saranno apprezzati meglio con il passare del tempo.

Secondo i governi del Brasile e della Turchia, l’accordo è nel rigoroso rispetto degli accordi fatti dalla OIEA (Organizzazione Internazionale dell’Energia Atomica) di fronte al progetto di sviluppo di energia nucleare da parte dell’Iran. Tuttavia, il governo americano ha lanciato un’immediata e poco velata azione per far deragliare il progetto.
Un paio di giorni dopo la realizzazione dell’accordo a Teheran,  il ministro degli esteri americano Hillary Clinton ha annunciato che già esisteva una bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che disponeva gravi sanzioni economiche al regime iraniano per la presunta violazione delle disposizioni internazionali. La cosa più significativa in questo annuncio è che la Cina e la Russia firmerebbero la bozza, con la quale, scontato il sostegno di Germania, Francia e Gran Bretagna, il documento avrebbe il pieno sostegno del “gruppo dei sei”, cinque dei quali hanno diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza (solo la Germania non ce l’ha).

E’ molto evidente, data la velocità della risposta, che l’operazione creata da Lula ha toccato le fibre più sensibili dell’ordine internazionale e della leadership degli Usa. Ed è anche molto chiaro che il problema centrale ha smesso di essere- se qualche volta lo è stato- il pericolo della proliferazione nucleare, principalmente se attuata da un regime nemico degli USA. Quello che in queste ore si discute è in quali mani è il potere decisionale sui punti critici dell’agenda mondiale. Si tratta di chi decide, ma anche di chi fa affari e di chi risolve i problemi di quell’agenda.

Il Brasile e la Turchia hanno chiesto che l' ONU non faccia spazio a nuove sanzioni contro l’Iran e accetti il risultato della negoziazione tripartita. Il presidente del Brasile ha optato per sopprimere qualsiasi eufemismo: ha riconosciuto che il suo paese vuole essere un attore globale perché non è d’accordo con l’attuale struttura e metodologia decisionale dell’ONU. In realtà non è la prima sfida di Lula al potere decisionale degli Stati Uniti. Si ricorda molto bene il protagonismo preso dal Brasile dopo il golpe in Honduras contro il governo di Manuel Zelaya: è arrivato a dare asilo al presidente deposto nell’ambasciata brasiliana nella capitale del paese.

Sembra di essere di fronte ad un importante scricchiolio dell’ordine mondiale emerso dalle ceneri della guerra fredda e il crollo dell'Unione Sovietica. 
In questo senso, c'è ben poco di nuovo che finora ha introdotto la gestione a Barack Obama nella concezione americana dell'ordine mondiale.
Il punto centrale e l'agenda americana resta la "lotta al terrorismo globale", il suo posizionamento in termini di esclusione militare e la premessa rimane, così quella di difendere la sicurezza della prima potenza del mondo, e la minaccia di aggressione sistematica a paesi realio percepiti "pericolosi".
Possiamo dire che c'è una differenza con l 'amministrazione Bush ed e' un tentativo di essere accompagnato in questa strategia da un arco di alleati importanti, piuttosto che imporre unilateralmente le proprie opinioni. Ma questo cambiamento deve ancora superare la prova di qualsiasi disaccordo con la Cina e la Russia.

Per ora, se si conferma il contenuto e le firme sul progetto sull'Iran, sembra che l'amministrazione Obama è convinta che queste due potenze devono dare priorità ad un'esclusione del Brasile come attore globale, piuttosto che allearsi con lui per controbilanciare egemonia degli Stati Uniti. Ma questa storia è lungi dall'essere chiusa.
Si può parlare di rottura dell'ordine mondiale perché entriamo in una lotta per la legittimità di ciascuno degli attori.
Nel punto che ha causato la crisi attuale, il problema è qual' è la strategia più efficace per evitare un’eventuale tendenza dell’Iran- o altri paesi emergenti- a sviluppare la loro potenza nucleare per scopi bellici. Quella sviluppata dal clan Bush e provvisoriamente continuata da Obama è un fallimento, è qualcosa di molto evidente. 

C’è il precedente della guerra di distruzione dell’Iraq realizzata in nome del sequestro dell’arsenale di armi chimiche che non sono mai esistite: la conseguenza più visibile di questa spedizione criminale è stata l’accentuazione della non governabilità nella regione, di pari passo con il rafforzamento dei settori più restii a qualsiasi trattativa con gli USA.

Infine, il terrorismo globale non è, come ha ben detto l’analista italiano Danilo Zoto, diverso da "una risposta strategica per l'egemonia del mondo occidentale" (La giustizia dei vinti, Edhasa, 2007). Certo si tratta di una strategia sanguinaria e spregevole ma l’operazione di svincolamento dal fenomeno con la storia che portano avanti i pubblicitari è fallita e contribuisce al rafforzamento di quello che dicono di voler combattere.

E’ difficile, allo stesso tempo, separare questi sconvolgenti avvenimenti dalla crisi economica che percorre il mondo e fa stragi in questi giorni in alcuni paesi europei. Lo stagnamento della Ronda di Doha per la liberalizzazione commerciale e gli enormi ostacoli che, nonostante le buone intenzioni da entrambe le parti, dove superare la negoziazione tra l’UE ed il Mercosur testimoniano l’impossibilità di un accordo sulle regole internazionali che tendono a perpetuare le disuguaglianze e le ingiustizie.

L’ordine della post Guerra Fredda non è soltanto una relazione di forze politiche e militari, è anche un ordine economico sostenuto da un mito molto povero, quello dell’autoregolazione virtuosa dei mercati, che oggi sta mostrando tutta la sua esplosione sociale in regioni e paesi che costituivano la grande vetrina del loro successo in tempi non molto lontani.

Non è realista la pretesa di sostenere un ordine militare nè un regime economico internazionale sulla base della minaccia e dell’estorsione. La prima cosa da fare sarebbe quella di prendere atto che quell' ordine deve essere cambiato. Questo è il motivo per cui l'ONU è ancora disciplinato da dettami del accordi di Yalta e Potsdam e che il destino di intere società è nelle mani di organismi ed istituiti dei giorni lontani di Bretton Woods e, peggio ancora, del tutto fuorvianti nelle loro funzioni.
Se colleghiamo correttamente ogni cosa, vedremo che l’Unasur ha il suo posto in questa mappa. Che non è un “timbro di gomma” come lo presenta la destra, nella sua classica modalità di sottrarre il dibattito politico e sostituirlo con un banale aneddoto.  Il nostro paese oggi ha deciso di superare i vecchi rancori locali e di rafforzare la sua società strategica con un Brasile ormai definitivamente incorporato al club dei paesi mondialmente rilevanti. Il Mercosur, con tutti i suoi ritardi, e l’Unasur, nei primi passi della sua istituzionalizzazione, sono la strada del nostro inserimento sovrano in un mondo in pieno processo di cambiamento.


Tradotto per Voci Dalla Strada da VANESA

1 commento:

  1. Così com'è e penso che il mondo sta cambiando da quanto sta accadendo in Medio Oriente e Sud America, se ci aspettiamo un cambiamento nel mondo negli anni a venire ci sarà sicuramente venuto per il lobo porterà una transizione poteri piuttosto grandi come gli Stati Uniti ancora non riesco a capire cosa sta succedendo.

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