25 agosto 2009

MEDIOEVO CONTEMPORANEO


di Stefano Natalicchi

Il mondo globalizzato ha egemonizzato l’economica estendendo il controllo sul maggior numero di individui possibile. In questa espansione, secondo un modello capitalista, l’uomo non partecipa più alla costruzione della società, ne rimane estraneo, legato a un semplice numero matematico, in un progetto schiavizzante e vessatorio in nome del più cieco consumismo. Questa società borghese, si è strutturata mantenendo per se antichi privilegi, alimentando principi di estraneazione con il mondo operaio e il mondo del lavoro dipendente. Questa atomizzazione costruita senza legami di rispetto reciproco, ha favorito il controllo e la sottomissione delle masse: i dipendenti si possono muovere meccanicamente secondo un percorso prestabilito in un’articolazione senza anima e pensiero, stabilendo fini e mete individuali di consumo e produzione, confuse spesso con la libertà. La merce umana, è al servizio del nucleo economico.

La legge del guadagno, ha potuto contare sul sacrificio della nostra frammentazione. Divide et impera. I nostri spazi, sono asserviti a progetti ignoti a noi controproducenti, incontrando forme d’egoismo mascherate da individualismo. La società cosiddetta “moderna”, è contraddittoria e paradossale. Come nel medioevo, si vive all’ interno di un sistema: ieri la Chiesa, il podestà, la comunità, oggi le istituzioni e la società. La politica non socializza più con le masse, preferisce allontanarle senza capirle, rispettando il nuovo ordine mondiale.
L’analisi è inequivocabile: la società contemporanea è molto simile a quella di 700 anni fa. Questa mancata comprensione della società, ha prodotto un ostacolo alla soluzione dei problemi e la deperibilità dei rapporti solidali, innescando la frenetica picchiata della povertà. La soluzione del consumismo, per ora è un fallimento totale. Tutta l’economia mondiale è in recessione e nessuno sembra avere una soluzione a breve. Di fatto, il rilancio dei consumi non ci sarà finché ci saranno stipendi da fame. E’ una verità che tutti sembrano snobbare per interesse o per negligenza, ma prima o poi spunterà fuori con tale forza da sconfiggere anche i più renitenti.

L’unica cosa che sembra imbattibile, è il debito pubblico nel suo procedere temporale. Il prezzo che la democrazia occidentale ha dovuto pagare è alto, sia per quelli che ce l’hanno e per quelli a cui si voleva dare. Gli individui hanno pagato anche sotto il profilo personale: alienazione, libertà, esclusione, anoressia culturale e altre malattie psicotiche di cui l’uomo-macchina è vittima. La terapia che i “dottori” in denarologia chiamano carta di credito, sarebbe giusto chiamarla carta di debito.
L’ubriacamento sfrenato generato dalla moneta unica, ha prodotto speculazione e utopia. La politica mondiale è fortemente assuefatta al drogato americanismo, quindi convintamente atlantica e filo-padronale. I pochi (veri) uomini rimasti a rivoluzionare, sono considerati residuati da museo, fuori rotta e fuori tempo. L’operazione di cambiamento si può concretizzare solo facendo crescere il popolo. L’Italia, non ha una storia rivoluzionaria, tale cultura è stata inculcata dal medioevo: “con la Francia o con la Spagna, purché se magna”. Tale assuefazione costituisce uno sbarramento alla lotta, il potere lobotomizza facilmente il popolo. Dopo il piano Marshall, in particolare, dalla strage di Piazza Fontana a quella della stazione di Bologna, da Ustica a Capaci, la storia nazionale, è una vergogna totale. C’è una preordinata incapacità nel far emergere le verità.
L’Italia non è stata fatta dagli italiani ma dagli Stati Uniti d’America. Un popolo è orgoglioso quando costruisce la propria storia, non quando si genuflette a quella altrui.

Fonte: http://www.rinascita.info/

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