7 aprile 2009

SOTTO LA BANCONOTA NIENTE

Di Domenico Moro

La crisi è profonda ma i metodi messi in campo per risolverla possono riprodurre su scala maggiore la situazione di squilibrio e di instabilità che ci ha portato alla situazione attuale.

La Banca centrale Usa ha deciso di comprare titoli del Tesoro a lungo termine per 300 miliardi di dollari. Di conseguenza, il dollaro ha perso il 3,6% sull’euro, il maggior calo giornaliero di sempre. Gli Usa hanno seguito l’esempio della Banca d’Inghilterra che, qualche giorno, fa ha comprato titoli del Tesoro per 2 miliardi di sterline, cui se ne aggiungeranno nei prossimi tre mesi altri 75 miliardi. L’aumento di liquidità avrà l’effetto di svalutare la sterlina ulteriormente rispetto alle altre valute, specialmente rispetto a euro e dollaro, verso il quale ultimamente ha perso il 23% del proprio valore. La Banca d’Inghilterra è ricorsa, per finanziare l’acquisto dei titoli, alla creazione di denaro dal nulla, semplicemente stampando altra cartamoneta.

Durante la Grande depressione, l’Inghilterra e gli Usa fecero qualcosa di simile, sganciando le loro valute dalla convertibilità con l’oro. In questo modo, si poté attuare la svalutazione di sterlina e dollaro, che, a livello internazionale, permise di vendere le merci statunitensi e britanniche a prezzi più bassi e, a livello interno, al contrario, di rialzare i prezzi e con essi i profitti. Anche gli altri paesi furono costretti a fare lo stesso, col risultato che la crisi si estese, dal momento che la svalutazione delle valute favorì l’insorgere del protezionismo, ed il commercio internazionale si contrasse fortemente. Oggi si ripropone, mutatis mutandis, una situazione simile.

Gli Usa, fiancheggiati dalla Gran Bretagna, sostengono la posizione secondo la quale dalla crisi si esce immettendo massicce dosi di liquidità nel sistema finanziario, e premono affinché la Ue faccia lo stesso. La Ue, invece, vorrebbe una ridefinizione della regolamentazione del mercato finanziario internazionale, cosa che gli Usa rifiutano. Non c’è da meravigliarsi. Le regole attuali per gli Usa sono vantaggiose, fondandosi sul dollaro come moneta internazionale, di scambio e di riserva. Nel 1971 furono aboliti gli accordi del ’44, detti di Bretton Woods, che stabilivano un sistema di tassi di cambio fissi delle varie valute col dollaro, il quale, assumendo il ruolo di moneta internazionale, era convertibile in oro.

Gli Usa scelsero di sganciare il dollaro dall’oro quando il loro debito pubblico cominciò ad aumentare, a seguito della loro politica di interventismo militare. Gli Usa si misero così in condizione di farsi finanziare dal resto del mondo senza che i dollari accumulati con il finanziamento del debito pubblico o con l’export di merci potessero essere convertiti in oro. Un sistema imperiale, in cui il centro dell’impero si fa finanziare dal resto del mondo, semplicemente stampando dollari ed emettendo buoni del tesoro. Come faceva l’Inghilterra che, per rimediare al proprio disavanzo delle partite correnti, si basava sugli attivi del suo impero, specialmente sull’attivo dell’India, alla quale tra l’altro impedì di seguirla nello sganciamento dalla convertibilità con l’oro negli anni ’30. E’ con questo sistema che gli Usa hanno cercato di risolvere la crescente sovrapproduzione di capitale e la deindustrializzazione che minano la loro economia da decenni.

Oggi che il sistema dell’economia basata sul credito è saltato, avendo superato ogni livello critico, gli Usa stanno cercando, nonostante tutto, di conservarne un meccanismo, che, pur essendo perverso, è diventato parte delle relazioni internazionali. La Cina, infatti, continua a finanziare il debito Usa ed è diventata nel 2008 il primo detentore di titoli del tesoro Usa. Proprio per questo è estremamente preoccupata per la svalutazione del dollaro, che, da una parte, decurterebbe il valore delle sue riserve proprio in un momento in cui ha bisogno di risorse per finanziare la sua industria e, dall’altra, metterebbe in difficoltà le sue esportazioni.

In sintesi, i meccanismi perversi di risoluzione della sovrapproduzione strisciante del centro Usa del sistema capitalistico mondiale non accennano a mutare. Al contrario tendono ad esasperarsi con un aumento puro e semplice della liquidità, mediante la creazione di denaro dal nulla e l’abbassamento dei tassi d’interesse, negli Usa allo zero per cento e in Gran Bretagna al minimo storico dello 0,50%. L’immissione di liquidità non può essere la soluzione, visto che il fattore che ha innescato la crisi non è stato la penuria di liquidità, bensì l’eccesso di liquidità, che ha favorito la speculazione e la bolla immobiliare.

Semmai ci sarebbe bisogno di una ridefinizione degli equilibri valutari mondiali, basandoli sull’affiancamento del dollaro, come valuta mondiale, con altre valute. Questo forse aiuterebbe a risolvere lo squilibrio nella bilancia dei pagamenti mondiali, che vedono, da una parte, un deficit enorme (650 miliardi di dollari) concentrato negli Usa e dall’altra un attivo altrettanto enorme (703 miliardi) concentrato specialmente in Cina.

Fonte: www.resistenze.org

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