

Negli ultimi anni hanno lavorato molto in questo senso. Nel 2004 i ministri dell'interno di Italia, Francia, Spagna, Germania e Regno Unito, si incontrarono a Firenze per tracciare le linee guida delle "regole per la sicurezza ai cittadini europei". Riunione informale, ma di grande peso politico. Tra le proposte discusse quella di inserire sui passaporti emessi dagli stati dell'Ue, le impronte digitali. Loro dicono che è un passo importante per rafforzare la sicurezza, ma la cosa su cui riflettere è che chi ci governa sia in Italia che in Europa fa bello e il cattivo tempo, forse non tutti capiscono che "prima trovano la soluzione" e dopo ci creano il problema in modo che accettiamo di buon grado, in realtà ci piombano addosso decisioni dittatoriali che farebbero diventare l'Europa una fortezza intollerante da superstato di polizia. La gente spaventata, non per i crimini commessi dagli stranieri, ma per il modo in sui vengono ossessivamente raccontati dai media, è pronta a credere che chi propone le "impronte digitali" sul documento d'identità, lo faccia per la sicurezza, ma non è così, si cerca di farlo passare come un provvedimento per gli immigrati, poi qualcun altro comincia a dire che andrebbe bene per tutti i cittadini, e mentre ci si abitua gradualmente all'idea, nessuno vede che quello era il fine ultimo e non una conseguenza. Come nel gioco delle tre carte, quella della causa e dell'effetto vengono mescolate tra lor0, mentre quella della libertà sparisce e non si trova più. Il Trattato di Prüm contiene disposizioni particolari che riguardano, ad esempio, l’istituzione di "schedari nazionali di analisi DNA", l’accesso "ai dati d’identificazione dattiloscopica" e molto di più; a quanto sembra, in questa fase storica (studiata ad arte), il rispetto dei diritti del singolo individuo può essere semplicemente superato con la rivendicazione di presunte esigenze di pubblica sicurezza e solo pochi si preoccupano dell’effettivo impatto di questa legislazione sulla libertà di tutti i cittadini.
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