Qualcuno ricorda i 15 palestinesi morti il 16 marzo 2025?
Quel giorno è rimasto impresso nella memoria di qualcuno come una strage particolarmente significativa?
No?
Stessa cosa qui.
Onestamente non me lo ricordo affatto. Questo sarebbe stato durante la fase finale del primo falso “cessate il fuoco”, un paio di giorni prima che Trump approvasse la ripresa delle operazioni di bombardamento su larga scala da parte di Israele a Gaza, quindi non è stato nemmeno uno di quei giorni caratterizzati da enormi massacri e da un numero impressionante di vittime. Non è esattamente un giorno che spicca nella memoria.
Quel giorno è rimasto impresso nella memoria di qualcuno come una strage particolarmente significativa?
No?
Stessa cosa qui.
Onestamente non me lo ricordo affatto. Questo sarebbe stato durante la fase finale del primo falso “cessate il fuoco”, un paio di giorni prima che Trump approvasse la ripresa delle operazioni di bombardamento su larga scala da parte di Israele a Gaza, quindi non è stato nemmeno uno di quei giorni caratterizzati da enormi massacri e da un numero impressionante di vittime. Non è esattamente un giorno che spicca nella memoria.
Non ho idea di chi fossero quelle persone. Non conosco i loro nomi. Non ho mai visto le loro foto apparire sul mio feed di notizie. Non ho mai visto nessun funzionario occidentale denunciare la loro morte, né i media dare ampio risalto alla notizia del loro omicidio. Quindi non me le ricordo.
Ieri ho visto un tweet di Aaron Maté:
Non ricordo i 15 palestinesi che erano morti durante quelle 24 ore a metà marzo, ma ricorderò sempre la sparatoria di Bondi Beach. Qualcuno potrebbe parlarmene tra trent’anni e io saprei esattamente di cosa sta parlando. La mia società ha dato molta più importanza alla morte di 15 occidentali a Sydney, in Australia, che alla morte di 15 palestinesi a Gaza, quindi questo episodio rimarrà sempre impresso nella mia memoria.
Diamine, non posso dare tutta la colpa alla società; se devo essere sincera, io stessa ho dato molta più importanza alla vicenda. Da quando è successo, pensare alla sparatoria mi ha fatto star male, in parte perché so che verrà utilizzata per introdurre misure autoritarie e sopprimere la libertà di parola nel mio Paese, ma anche perché mi sono sentita molto male per coloro che sono morti e per i loro cari. Anche dopo aver passato due anni a denunciare il modo in cui la società occidentale normalizza l’uccisione degli arabi e dà più importanza alle vite occidentali che a quelle palestinesi, in fondo sto facendo la stessa cosa. Sono una maledetta ipocrita.
Non era nata così. È stato un comportamento appreso. Se potessi ricominciare da zero e vedere il mondo con occhi nuovi, non mi verrebbe mai in mente che io e la mia società consideriamo più grave l’omicidio di 15 persone in Australia rispetto all’omicidio di 15 persone in Palestina. Mi aspetterei che fossero considerati entrambi terribili.
E così dovrebbe essere. I palestinesi non amano le loro famiglie meno degli australiani. Le vite degli australiani non sono più significative o preziose di quelle dei palestinesi. Non c’è alcun motivo valido per cui il mondo abbia prestato meno attenzione alle 15 persone uccise a Gaza il 16 marzo rispetto alle 15 persone uccise a Bondi Beach. Eppure è stato così.
Domenica è stata una giornata terribile e buia. Centinaia di vite sono state direttamente devastate da questa tragedia, migliaia indirettamente e, in un certo senso, l’intera nazione è cambiata. Il trauma riecheggerà nelle famiglie delle vittime per generazioni. Il dolore è palpabile e onnipresente. È ovunque: per le strade, al supermercato. C’è una catastrofe nell’aria e le persone in tutto il mondo la percepiscono.
Ed è giusto che sia così. È così che ci si dovrebbe sentire di fronte a 15 morti. È così che ci si sente quando si assiste ad un massacro inflitto ad una popolazione che non ha ancora normalizzato il concetto di omicidio.
Questo è tutto ciò che ho da offrire in questo momento. Solo l’umile suggerimento che ogni massacro di palestinesi dovrebbe scuotere la terra tanto quanto ha fatto il massacro di Bondi. Ogni bilancio delle vittime di Gaza dovrebbe colpirci con la stessa forza con cui ci ha colpito il bilancio delle vittime di Sydney. Sentite quanto è duro questo colpo e poi traslatelo alla popolazione di Gaza. Questo è ciò che sta accadendo lì, ogni singolo giorno.
Nel cercare di sensibilizzare le persone sul bellicismo e l’imperialismo, ciò che stiamo realmente cercando di fare è ampliare il più possibile la loro sfera di compassione. Estendere la loro attenzione verso le persone che li circondano fino a includere la violenza e gli abusi contro persone dall’altra parte del mondo, che potrebbero non avere il loro stesso aspetto, non parlare la loro stessa lingua e non vivere come loro. Forse estenderla fino a includere anche gli organismi non umani che condividono il nostro pianeta con noi.
Come scrisse Einstein in una lettera di condoglianze negli ultimi anni della sua vita
Dobbiamo migliorare. Dobbiamo diventare più premurosi. Più emotivamente intelligenti. Meno suscettibili alle manipolazioni della propaganda. Una società guidata dalla verità e dalla compassione piuttosto che dalle bugie e dalla ricerca del profitto.
Questo è l’unico modo per uscire da questa imbarazzante fase di transizione adolescenziale, con questi cervelli grandi e capaci ancora intrappolati nel residuo di un condizionamento evolutivo basato sulla paura. Questo è l’unico modo per realizzare il nostro vero potenziale e costruire insieme un mondo sano.
Di Caitlin Johnstone
16 dicembre 2025
Ieri ho visto un tweet di Aaron Maté:
“15 civili sono stati uccisi in un massacro che ha colpito la comunità ebraica di Sydney. Un giorno in cui Israele massacra 15 civili palestinesi a Gaza sarebbe nella parte bassa della media in oltre due anni di genocidio.In effetti, le persone peggiori sulla Terra stanno usando la sparatoria di Bondi Beach per sostenere la repressione della libertà di parola e di riunione, al fine di mettere a tacere i critici di Israele online e nelle strade, in Australia e in tutto il mondo occidentale. E, quando 15 palestinesi erano stati uccisi da Israele il 16 marzo, l’Occidente non se n’era quasi accorto.
Le atrocità di Israele e l’impunità di cui godono sono senza dubbio la causa principale dell’antisemitismo in tutto il mondo. E, per dimostrare quanto poco Israele e i suoi apologeti si preoccupino dell’antisemitismo, molti stanno sfruttando il massacro di Sydney per giustificare il rifiuto di Israele di uno Stato palestinese, incolpare senza fondamento l’Iran e chiedere una maggiore censura delle proteste contro il genocidio”.
Non ricordo i 15 palestinesi che erano morti durante quelle 24 ore a metà marzo, ma ricorderò sempre la sparatoria di Bondi Beach. Qualcuno potrebbe parlarmene tra trent’anni e io saprei esattamente di cosa sta parlando. La mia società ha dato molta più importanza alla morte di 15 occidentali a Sydney, in Australia, che alla morte di 15 palestinesi a Gaza, quindi questo episodio rimarrà sempre impresso nella mia memoria.
Diamine, non posso dare tutta la colpa alla società; se devo essere sincera, io stessa ho dato molta più importanza alla vicenda. Da quando è successo, pensare alla sparatoria mi ha fatto star male, in parte perché so che verrà utilizzata per introdurre misure autoritarie e sopprimere la libertà di parola nel mio Paese, ma anche perché mi sono sentita molto male per coloro che sono morti e per i loro cari. Anche dopo aver passato due anni a denunciare il modo in cui la società occidentale normalizza l’uccisione degli arabi e dà più importanza alle vite occidentali che a quelle palestinesi, in fondo sto facendo la stessa cosa. Sono una maledetta ipocrita.
Non era nata così. È stato un comportamento appreso. Se potessi ricominciare da zero e vedere il mondo con occhi nuovi, non mi verrebbe mai in mente che io e la mia società consideriamo più grave l’omicidio di 15 persone in Australia rispetto all’omicidio di 15 persone in Palestina. Mi aspetterei che fossero considerati entrambi terribili.
E così dovrebbe essere. I palestinesi non amano le loro famiglie meno degli australiani. Le vite degli australiani non sono più significative o preziose di quelle dei palestinesi. Non c’è alcun motivo valido per cui il mondo abbia prestato meno attenzione alle 15 persone uccise a Gaza il 16 marzo rispetto alle 15 persone uccise a Bondi Beach. Eppure è stato così.
Domenica è stata una giornata terribile e buia. Centinaia di vite sono state direttamente devastate da questa tragedia, migliaia indirettamente e, in un certo senso, l’intera nazione è cambiata. Il trauma riecheggerà nelle famiglie delle vittime per generazioni. Il dolore è palpabile e onnipresente. È ovunque: per le strade, al supermercato. C’è una catastrofe nell’aria e le persone in tutto il mondo la percepiscono.
Ed è giusto che sia così. È così che ci si dovrebbe sentire di fronte a 15 morti. È così che ci si sente quando si assiste ad un massacro inflitto ad una popolazione che non ha ancora normalizzato il concetto di omicidio.
Questo è tutto ciò che ho da offrire in questo momento. Solo l’umile suggerimento che ogni massacro di palestinesi dovrebbe scuotere la terra tanto quanto ha fatto il massacro di Bondi. Ogni bilancio delle vittime di Gaza dovrebbe colpirci con la stessa forza con cui ci ha colpito il bilancio delle vittime di Sydney. Sentite quanto è duro questo colpo e poi traslatelo alla popolazione di Gaza. Questo è ciò che sta accadendo lì, ogni singolo giorno.
Nel cercare di sensibilizzare le persone sul bellicismo e l’imperialismo, ciò che stiamo realmente cercando di fare è ampliare il più possibile la loro sfera di compassione. Estendere la loro attenzione verso le persone che li circondano fino a includere la violenza e gli abusi contro persone dall’altra parte del mondo, che potrebbero non avere il loro stesso aspetto, non parlare la loro stessa lingua e non vivere come loro. Forse estenderla fino a includere anche gli organismi non umani che condividono il nostro pianeta con noi.
Come scrisse Einstein in una lettera di condoglianze negli ultimi anni della sua vita
“L’essere umano è parte di un tutto, che noi chiamiamo ‘Universo’, una parte limitata nel tempo e nello spazio. Egli percepisce se stesso, i propri pensieri e sentimenti come qualcosa di separato dal resto, una sorta di illusione ottica della sua coscienza. Questa illusione è una sorta di prigione per noi, che ci limita ai nostri desideri personali e all’affetto per poche persone a noi vicine. Il nostro compito deve essere quello di liberarci da questa prigione allargando il nostro cerchio di compassione per abbracciare tutte le creature viventi e l’intera natura nella sua bellezza. Nessuno è in grado di raggiungere completamente questo obiettivo, ma il tentativo di raggiungerlo è di per sé parte della liberazione e fondamento della sicurezza interiore”.L’umanità non sopravviverà in un futuro lontano se non diventeremo una specie consapevole, e parte di questa crescita richiederà necessariamente l’ampliamento della nostra area di compassione fino ad includere i nostri simili in tutto il mondo. Se non ci riusciremo, non ce la faremo. Siamo troppo distruttivi. Facciamo troppo male a noi stessi e al nostro ambiente. Distruggiamo tutto ciò che ci circonda cercando di accumulare ricchezza e risorse personali e questo, semplicemente, non è sostenibile. Alla fine ci ucciderà tutti.
Dobbiamo migliorare. Dobbiamo diventare più premurosi. Più emotivamente intelligenti. Meno suscettibili alle manipolazioni della propaganda. Una società guidata dalla verità e dalla compassione piuttosto che dalle bugie e dalla ricerca del profitto.
Questo è l’unico modo per uscire da questa imbarazzante fase di transizione adolescenziale, con questi cervelli grandi e capaci ancora intrappolati nel residuo di un condizionamento evolutivo basato sulla paura. Questo è l’unico modo per realizzare il nostro vero potenziale e costruire insieme un mondo sano.
Di Caitlin Johnstone
16 dicembre 2025
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