2 giugno 2023

Propaganda nelle scuole? La UE attiva il livello superiore

Da anni i libri di testo contengono argomenti di propaganda, ma nell'era digitale la UE ha lanciato un nuovo "servizio"

Diciamocelo in tutta franchezza. Occorre essere seriamente miopi per non accorgersi della propaganda che imperversa in ambito scolastico, martellando i nostri figli a partire dalla più giovane età. L’indottrinamento imperante ha un solo evidente target: le menti giovani che vengono plasmate a loro insaputa, lanciando messaggi rigorosamente “politically correct” inducendo a ritenersi semplice normalità quotidiana.

In effetti, questo tipo di meccanismo è presente nel settore scolastico da sempre, fin dalla Prima Guerra Mondiale, ma solo con l’implementata e generalizzata opera di scolarizzazione degli anni fascisti, parlando per l’Italia, si è immediatamente registrata un’accelerazione e la propaganda ha fatto il suo ingresso massiccio in ambiente educativo.

Non so in quanti ad esempio si ricordino “Il Manifesto Scolastico Settimanale”, pubblicazione degli anni ‘30 che si proponeva come “sussidio didattico di attualità per l’insegnamento”, mentre nella realtà era un chiaro strumento governativo propagandistico.

Quello che in realtà è cambiato nei tempi moderni non è la presenza della propaganda utilizzata spesso in modo subliminale a danno dei nostri figli, quanto la maggiore consapevolezza degli adulti più ravveduti del suo utilizzo.

Negli ultimi anni si sono aperti grandi dibattiti polemici unitamente alla diffusione dei social che hanno messo sempre più in evidenza come i contenuti dei libri di testo, fin dalle scuole di primo grado, contengano argomenti che spingono la narrazione globalista, con il sempre maggior utilizzo di simbologia che la rende sì riconoscibile, ma al contempo consuetudine accettata.

Ed ecco allora che le case editrici si sono immediatamente allineate, forti del fatto che tutt’ora esista un loro monopolio indiscusso, peraltro in netto contrasto con un’apertura alla libertà e gratuità di fonti informative ben reperibili tramite pubblicazioni online. Se da una parte si spinge per la digitalizzazione in ogni aspetto della nostra vita, dall’altra continua ad essere persistente il ricorso a testi pubblicati dai soliti noti che godono della benedizione dell’altro che li erge a fonti inoppugnabili, spesso e volentieri perchè corroborate da “argomenti scientifici e didattici” a senso unico.

Insieme alla cancel culture che macina epurazioni degne del più improbo MinCulPop, supportata persino da una commissione di controllo presso il Ministero dell’Istruzione incaricata di supervisionare con attenzione i libri di testo e assicurarsi che non ci sia nulla di “scorretto”, siamo arrivati al punto che per i nostri figli il simbolo dell’Agenda 2030 è ormai talmente normale da rifiutare in automatico qualsiasi testo, quaderno, video e quant’altro che non lo esponga in primo piano.

L’operazione prevalente è quella di incarnare nel profondo delle coscienze delle future generazioni la “visione” costruita a tavolino dalle lobby sovranazionali.

Per coloro che ancora non hanno ben chiaro quelli che sono i concetti dell’Agenda 2030, consiglio di riascoltare l’episodio del podcast con Mr. Poffo durante il quale li abbiamo ampiamente spiegati uno ad uno:



Ebbene, cosa c’è di meglio e più diretto dello sfruttare la digitalizzazione anche in ambito scolastico per gestire de facto l’insegnamento?

Continua sul sito di Rossella Fidanza

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