21 gennaio 2021

U€ desecreta il contratto per il vaccino "Curevac"

LA CASA FARMACEUTICA NON SI ASSUME ALCUNA RESPONSABILITÀ DI EFFICACIA E SICUREZZA

Il vaccino contro il Covid potrebbe non funzionare o essere poco sicuro
, ed è anche incerto chi pagherà in caso di effetti indesiderati. È quanto si apprende da una lettura del contratto firmato dall’Ue con la casa farmaceutica tedesca Curevac, reso pubblico ieri sul sito della Commissione.
Troppe le parti cancellate relative a informazioni di pubblico interesse. Il documento pubblicato sul sito della Commissione consente tuttavia di trarre numerose conclusioni sui rapporti industria-enti pubblici.

Aveva fatto scalpore il fatto che l’azienda farmaceutica tedesca CureVac avesse accettato di rendere disponibile e consultabile il suo contratto con l’Ue sul suo vaccino (ancora in fase sperimentale), tuttavia, nell’analisi del documento emergono aspetti poco chiari sull’operazione “trasparenza” di cui tanti si fregiano. Infatti le oltre 70 pagine (di cui solo 63 completamente leggibili) del contratto che la Commissione europea ha messo a disposizione dapprima degli europarlamentari (in una stanza con l’impossibilità di prendere appunti o scattare fotografie), poi ai cittadini con la pubblicazione sul sito, presentano numerosissime parti oscurate. Tutte riferibili a temi sensibili, soprattutto sulla responsabilità dell’azienda in caso di danni dovuti al vaccino.

Le dosi

Cominciamo con ordine sfogliando il materiale. La prima parte rilevante che è stata oscurata riguarda la calendarizzazione dei rifornimenti ai 27. Le dosi (225 milioni più altri 180) sono confermate, ma i dati sulla distribuzione (che sono aggregati per trimestre da qui fino alla fine del 2022) sono stati cancellati. Un’altra frase che merita attenzione recita: …”le parti si sono accordate perché le dosi vengano distribuite se e quando i lotti saranno pronti e non alla fine del trimestre”. Il punto 1.12 spiega che “le parti sono consapevoli che ci sono rischi sulla calendarizzazione per l’immissione in commercio e per la produzione e che il prodotto potrebbe subire ritardi. In caso di ritardo nella fornitura, il fornitore informerà la Commissione il prima possibile, spiegando le ragioni del ritardo e proponendo una nuova calendarizzazione”.
Il prezzo

Il prezzo è oscurato. I listini, non solo di CureVac, ma anche delle altre aziende venditrici, sono stati resi noti grazie all’ “Affair de Bleeker”, la sottosegretaria al Bilancio belga che a dicembre ha pubblicato senza permesso una tabella coi prezzi sul suo account Twitter. Non sono chiari nemmeno i termini di pagamento delle varie tranche. Per l’azienda in questione, stando al costo unitario di 10 euro, l’esborso totale dell’Ue dovrebbe arrivare a poco più di quattro miliardi di euro.

La responsabilità

Un nodo cruciale della questione riguarda la responsabilità che le parti contraenti hanno l’una verso l’altra. Al capitolo 1.23 ai paragrafi 1, 2 e 3 si legge: “La Commissione, a nome degli Stati membri partecipanti, dichiara che l’uso dei prodotti consegnati ai sensi del presente APA (Advanced purchase agreement, ndr) e/o dei moduli d’ordine dei vaccini avverrà in condizioni epidemiche che richiedono tale utilizzo e che l’amministrazione dei prodotti sarà pertanto condotta sotto la sola responsabilità degli Stati membri partecipanti. Le parti dichiarano inoltre che le disposizioni contenute nella presente clausola di indennizzo, comprese le eccezioni agli impegni di indennizzo, riflettono le circostanze eccezionali della pandemia Covid-19 e la necessità di sviluppare nuovi vaccini a una velocità senza precedenti per consentire un’immunizzazione su larga scala”. Su questa base – prosegue il testo – ciascuno Stato membro partecipante dovrà indennizzare e tenere indenne il contraente, le sue affiliate, subappaltatori e sub-licenziatari, compresi i partner contrattuali coinvolti nella ricerca, sviluppo (compresi test preclinici e clinici), produzione e/o consegna e funzionari, direttori, dipendenti e altri agenti, rappresentanti e fornitori di servizi di ciascuno (insieme, le “Persone indennizzate”) per responsabilità sostenute e normalmente sostenute da loro in relazione a danni, danni e perdite (insieme, le “Perdite”) come specificato nell’Articolo 1.23.5 derivante dall’uso e dalla distribuzione dei Prodotti forniti allo Stato membro partecipante (o un’altra entità nominata da tale Stato membro partecipante) ai sensi del presente APA, indipendentemente dal momento in cui si è verificata la Perdita”. Ma quali sono le “perdite” di cui si parla nel contratto? Il paragrafo successivo le spiega: “L’indennizzo sarà disponibile solo per le Perdite che consistono in responsabilità nei confronti della Parte […] lesa per morte, lesioni fisiche, mentali o emotive, malattia, disabilità, costo delle cure, perdita o danno alla proprietà, perdita di guadagno e interruzione dell’attività e tutti i costi ragionevoli e necessari relativi a tali Perdite, comprese le spese legali, le parcelle degli esperti e altre spese di contenzioso o di transazione”. Il paragrafo successivo è stato completamente oscurato e il contenuto è al momento sconosciuto.

Terze parti

Sempre in merito alle responsabilità, si citano anche le cosiddette “terze parti” qualora queste dovessero subire danni a causa del prodotto commercializzato. Nel caso di contenzioso tra Stato e azienda, lo Stato può nominare una figura esterna e imparziale per avere accesso alle informazioni necessarie. Tuttavia se l’azienda sospettasse di un possibile conflitto di interessi, entro 30 giorni può notificare il rifiuto dell’accettazione di questa figura, costringendo l’altra parte a convergere su un’altra scelta. Inoltre, si legge, “il contraente informerà prontamente lo Stato membro partecipante interessato di qualsiasi richiesta di risarcimento danni intentata contro una qualsiasi delle Persone indennizzate (una “rivendicazione di terzi”), indicando la natura e la base della richiesta di risarcimento in questione e, se possibile, l’importo stimato dei danni. Il contraente farà ogni ragionevole sforzo per tenere informato lo Stato membro partecipante di eventuali sviluppi relativi a tale Reclamo di terzi, inclusi gli aggiornamenti sull’ammontare stimato dei danni”. L’utilizzo del termine ragionevole fa intendere che l’azienda non è vincolata a uno sforzo imperativo, ma attenuato dal ragionevole dubbio. Si conclude: “Il contraente può richiedere, per quanto possibile ai sensi delle norme procedurali applicabili allo Stato membro partecipante di assumere (con i propri consulenti e a proprie spese) il controllo esclusivo della difesa o della risoluzione del credito di terzi. A condizione che lo Stato membro partecipante prenda ragionevolmente in considerazione gli interessi del contraente e non risolva tale reclamo di terzi senza il previo consenso scritto del contraente (tale consenso non deve essere irragionevolmente condizionato, negato o ritardato) e che il contraente avrà il diritto, ma non l’obbligo, di partecipare alla difesa o alla risoluzione del reclamo di terzi e di mantenere a proprie spese il proprio consulente in relazione a tale reclamo di terzi”.
La proprietà intellettuale e donazione

L’azienda, come scritto, è l’unica proprietaria del vaccino. La proprietà intellettuale, sostanzialmente è sua. Questa non è una novità. Premesso ciò, tuttavia, i Paesi membri possono rivendere i prodotti a un Paese terzo (sia esso Ue o See) previa sottoscrizione da parte dei compratori delle parti del contratto inerenti all’indennizzo. Ma attenzione. “Gli Stati membri partecipanti adottano le misure appropriate per garantire che i prodotti loro forniti ai sensi del presente APA non saranno rivenduti o esportati, distribuiti o donati gratuitamente in un altro Paese al di fuori dell’Ue e del See e della Svizzera, anche per donazioni tramite Ong o Organizzazione mondiale della sanità, senza previo consenso del contraente”. In sostanza l’azienda impone vincoli sulle attività umanitarie dell’Ue facendo leva, probabilmente, sia sulla proprietà del prodotto che sulla volontà di entrare su nuovi mercati di interesse. “Il contraente – continua il documento – non negherà irragionevolmente il proprio consenso all’esportazione, distribuzione o donazione gratuita, fermo restando, tuttavia, che nessuna esportazione, distribuzione o donazione dovrà avvenire a meno che il Paese ricevente non confermi prima in modo soddisfacente al contraente che assumerà completamente gli obblighi di indennizzo o, in alternativa, che vi siano altri accordi di protezione che il contraente accetta come adeguati (tale accettazione non deve essere irragionevolmente negata) e che l’indennità da parte del Paese ricevente o altro accordo di protezione (a seconda dei casi) è equivalente ai diritti del contraente”.

Bene (quasi) pubblico

Le clausole contenute nel contratto hanno fatto storcere il naso a molti e fatto urlare allo scandalo altri. Uno di questi è l’europarlamentare irlandese Mick Wallace, membro della Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. Dal suo profilo Twitter, proprio in merito al contratto tra Curevac e Ue, protesta: “L’azienda è la sola proprietaria del vaccino quando dovrebbe essere un bene pubblico. La stessa Commissione europea aveva detto che sarebbe stato così”. Poi conclude: “CureVac ha da sola il potere di decidere se l’Ue può donare o meno le dosi ai Paesi meno abbienti. L’Ue e l’Irlanda devono chiedere il permesso a CureVac per fare donazioni, anche gratuitamente”.
I finanziamenti pubblici a CureVac

Altra cosa da sottolineare è che sia l’Ue che la Germania hanno stanziato soldi pubblici per supportare la società nella fase di ricerca. Dalla Commissione sono arrivati 75 milioni, mentre da Berlino ne sono arrivati 300. Altro tema scottante questo che da ossigeno a chi spinge affinché i progetti condotti dalle società private finanziati, del tutto o in parte, grazie a sovvenzioni pubbliche, siano finalizzati al bene della comunità anche attraverso la liberalizzazione del brevetto.

Fonte: https://www.aboutpharma.com/

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