24 novembre 2020

I veri motivi dell'esitazione vaccinale

Nel numero recente della Rassegna Italiana di Sociologia (Fascicolo 3, pp 479-508, doi: 10.1423/98558) compare un interessante lavoro di Elisa Lello, sociologa dell’Università di Urbino, intitolato "Populismo anti-scientifico o nodi irrisolti della biomedicina? Prospettive a confronto intorno al movimento free vax." In esso si scientificamente le motivazioni della contrarietà alla legge sull’obbligo vaccinale, così come più in generale il fenomeno dell’esitazione o rifiuto vaccinale. 
E’ un’analisi lunga e articolata del fenomeno, di cui qui posso dare solo una sintesi.

Si fa notare che le proteste contro la legge Lorenzin 119/2017 fossero state presentate come mere dimostrazioni di ignoranza e rifiuto della conoscenza scientifica, quindi assimilate al populismo e alle teorie del complotto, mentre le richieste non furono considerate degne di attenzione. I risultati di questa ricerca sfidano l'affidabilità di quelle critiche e propongono una visione articolata e più sfumata dei movimenti di protesta. 

L'interpretazione proposta li colloca in continuità con le tendenze verso nuovi modelli di cittadinanza e allo stesso tempo li mette in relazione con alcuni nodi rilevanti della difficile convivenza tra biomedicina moderna occidentale e postmodernismo.
La ricerca ha previsto anche una rilevazione quantitativa basata su un questionario somministrato ad un campione di 497 partecipanti alla manifestazione nazionale di Pesaro dell’8 luglio 2017 e 23 interviste semi-strutturate condotte con altrettanti aderenti al Comitato perla Libertà di scelta. Allego una tabella indicativa delle opinioni espresse.
Elisa Lello fa notare come dalle interviste emerga un approccio alla questione lontano dall’ingenuità, dalla creduloneria o dalle chiusure paranoidi e dogmatiche di cui i free-vax vengono in genere accusati. Al di là delle differenze, tutti gli intervistati riferiscono di avere approfondito a lungo la questione, utilizzando diverse fonti, tradizionali e non, e ascoltando pareri discordanti. Mostrano, inoltre, consapevolezza circa il rischio delle fake news ma anche un atteggiamento critico verso questo concetto e i rapporti di potere che ne informano la definizione.

Un esempio di cosa dichiarano i genitori: “Le fonti che ho utilizzato per informarmi sui vaccini sono i libri, le riviste, la partecipazione a convegni, ma soprattutto internet. Sono andata a diversi colloqui con i medici dell’Asl e ho cercato di parlare con il pediatra delle mie bambine per esporre i miei dubbi ma ho ricevuto solo risposte evasive e connotate da un forte pregiudizio. […] Quando faccio ricerca su Internet su un argomento cerco sempre anche le obiezioni, da una parte e dall’altra, e soprattutto cerco di risalire alla fonte. Sapendo l’inglese e il tedesco spesso riesco a risalire alle pubblicazioni originali. […] Stanno introducendo leggi che permetteranno di censurare quello che viene pubblicato su internet, con la scusa che sono fake news… Ma chi controllerà e deciderà quali notizie sono vere o false? Le stesse persone che radiano dall’albo i medici che denunciano i rischi legati alle vaccinazioni? (F, 32 anni, imprenditrice).

Sono analiticamente descritte le enormi difficoltà dei genitori nel rapporto coi pediatri, come ad esempio in questa testimonianza: “Dal primo pediatra di base, non solo non abbiamo ricevuto alcuna comprensione, ma io e mio marito siamo stati insultati. […] Io dissi che eravamo fortemente dubbiosi in quanto io avevo letto dei libri scritti da medici che mi avevano allarmata un po’ e volevo da lui qualche spiegazione ma lui, lungi dal darmi qualche tipo di spiegazione ha dato a me e mio marito degli scrocconi di vaccinazioni altrui, sostanzialmente, e degli untori. […] Ovviamente mia figlia non l’ho più portata lì […]. Dopo il primo pediatra, ero ancora più decisa a non vaccinare mia figlia e mi ero informata ancora di più.” (F, 40 anni, libera professionista).

D’altra parte, gli intervistati mostrano un riconoscimento del valore della scienza e del metodo scientifico. La sfiducia emerge piuttosto dalla percezione del condizionamento da parte di fattori esterni sulle modalità di organizzazione e selezione delle attività di ricerca, sfociando così in una frequente domanda di apertura della black box: “Però la scienza pulita, quella fuori dalla politica guai a chi la tocca. Quella, io credo in quella scienza. Quindi credo sia anche importante cercare fonti differenti da quelle che ti passano che non rappresentano la scienza in toto." (F, 47 anni, operatrice olistica) Oppure “Penso che non esista una scienza pura, disinteressata e che procede solo per il bene dell’umanità, la scienza è qualcosa che è strettamente legato al sistema di potere e ai rapporti di forza che ci sono in una società. La ricerca scientifica prende quelle determinate strade e non le altre 1000 possibili perché sono quelle le strade dove ci sono i finanziamenti, […] e quindi una certa sfiducia in questa scienza sì c’è, però per questo discorso più generale." (M, 40 anni, impiegato).

La contestazione dell’obbligo vaccinale discende quindi innanzitutto da un atteggiamento attivo, che rifiuta la delega, nella percezione che sia proprio dovere informarsi e assumersi personalmente la responsabilità della decisione. Una lettura più plausibile del comportamento degli oppositori dell’obbligo è dunque quella che lo colloca in continuità con l’affermarsi di un nuovo tipo di relazione tra cittadini e istituzioni sanitarie, in cui alla figura tradizionale del “paziente” tende ad affiancarsi, se non a sostituirsi, quella dell’”esigente”, che si assume personalmente la responsabilità della salute propria e dei propri figli.

Il lavoro si conclude con la messa in discussione degli stessi fondamenti filosofici della medicina attuale - prepotentemente portati in primo piano dalla querelle intorno ai vaccini – come la concezione dell’uomo e della malattia o il valore dell’esperienza come criterio di validazione in contrapposizione alle evidenze statistiche ed epidemiologiche. Questa prospettiva getta nuova luce non solo sulla centralità del tema – che trascende largamente gli aspetti tecnici della controversia stessa – ma anche sulle ragioni della evidente difficoltà finora riscontrata nel giungere ad una sua composizione.

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