10 febbraio 2020

Coronavirus: un'isteria sproporzionata al servizio delle lobby

Per quanto riguarda il Coronavirus, il contesto socio-economico globale è che le Nazioni Unite, influenzate dalla finanza internazionale legata ai grandi interessi farmaceutici, hanno messo in piedi una struttura di risposta alla pandemia caratterizzata da una fobia coordinata e istituzionalizzata, sempre desiderosa di individuare e rispondere in modo sproporzionato ad ogni presunto nucleo di una nuova pandemia influenzale letale.

In realtà, le uniche pandemie influenzali storiche degne di nota hanno tutte causato un milione o più di morti, anche se, grazie all'aumento delle rilevazioni e ai moderni metodi diagnostici, l'attuale coronavirus ha causato solo poche centinaia di morti, molto meno dell'influenza classica nelle principali città occidentali.

Questi interessi finanziari globali controllano anche le principali reti mediatiche e sono sempre lieti di gonfiare la fobia della pandemia. Inoltre, la più grande minaccia percepita per gli Stati Uniti nell'era attuale è l'ascesa e l'integrazione dell'Eurasia, guidata economicamente dalla Cina. L'allarmismo intorno al coronavirus è quindi anche l'occasione di una campagna geopolitica per sminuire e isolare la Cina; si tratta infatti di un'isteria militarizzata che crea reazioni razziste in molti centri occidentali. Il razzismo anti-cinese interno può essere sfruttato politicamente negli Stati Uniti per sostenere politiche aggressive contro la Cina, comprese le politiche protezionistiche che limitano gli scambi economici e anche culturali.

Tuttavia, non credo che gli accordi commerciali di Trump possano essere significativamente influenzati dalla frenesia mediatica intorno al coronavirus: i cosiddetti accordi commerciali ("bilanciamento commerciale forzato") sono un'ancora di salvezza imposta con forza per un'economia statunitense in declino, che si trova ad affrontare un orizzonte in cui il dollaro USA non sarà più la valuta dominante a livello mondiale.

Denis Rancourt

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