6 dicembre 2019

L' Unione Europea non e' l'Europa

L'Europa, nel senso riduttivo ed economicista di Unione Europea (UE), ha tirato un sospiro di sollievo dopo l'ultima ronda elettorale dei 28 paesi che ne fanno parte. Non e' riuscito ai “populisti” il sorpasso, e le due sponde del liberismo hanno brindato con gioia allo scampato pericolo. Si sono inebriati, sconfinando in un trionfalismo auto-celebrativo. Avanti tutta, con più UE, più liberismo e più decisionismo ostile alle maggioranze, insistono da Bruxelles, Strasburgo e Francoforte. Lo strato dirigente sembra indifferente alle sanzioni economiche che l'ex economia egemone ha varato con ritorsioni doganali, embarghi parziali, proibizioni finanziarie e boicottaggi commerciali che seppelliscono definitivamente l'immaginario fittizio del libero-scambismo. Oltre al mito primigenio dell'economia che -chissà perché- deve dirigere tutto. Assolutamente tutto. In realtà si torna al protezionismo, alla politica delle cannoniere con l'alibi del castigo della “devianza”. Di chi?

Delle economie nazionali non convenienti all'egemonismo calante di Washington, ormai scopertamente indaffarato a seminare caos e disordine in tutto il campo delle forze che considera antitetico, inclusa una UE addomesticata dalle sue elite e da una dirigenza politica ignara e cooptata.

Eppure l'UE e' stata un precoce e docile bersaglio di iniziative punitive, ai danni della sua libertù di commercio con la Russia e l'Iran, e sa bene di che cosa veramente si tratti. La demagogia “occidentalista” -precipitata in imbarazzante provincialismo- subisce il protezionismo più crudo, ma lo applica contro quelli che ritiene più deboli (Venezuela).

E' la solita pozione. Invocare la ragion politica -o i diritti individuali- frammista a quella economica, e tale mistura serve a ferire a destra e manca, soprattutto chi e' inviso al "socio-alleato-occupante". Mena fendenti con l'alabarda economica di cui e' essa stessa vittima , senza risparmiare l'antagonimo politico interno. Con particolare livore, colpisce chi e' ancorato ad altro “pensiero strategico”, capace di dischiudere prospettive, in grado di sprigionare insurrezioni civili che possono modificare lo stato delle cose.

Il liberalismo ama fungere da uniforme di gala del globalismo più predatorio, perché di fronte al cambiamento dentro ogni “liberale” spunta il reazionario o l'ammiratore di Bava Beccaris (vedi l'ok dato ai golpisti boliviani e al loro neo-pinochetismo). L'oligarchia che tira le fila a Berlino-Bruxelles-Francoforte non riesce piu' a trasfigurare la deriva totalitaria del dominio assoluto dell'economia, sugli umani e sulla natura. Il ceto dirigente dell'UE, designato dai signori del denaro, e' rimasto al 1989, all'archetipo desueto del post-Muro. Ma il mondo non e' più quello, il movimento reale ha aperto delle brecce, sia al livello interno che internazionale.

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Per questo, ormai parlano apertamente di riservare la materia economica all'elite o sottrarla ai poteri emanati dal suffragio universale. Illuminanti le “battute” di Beppe Grillo sull'opportunità di privare i pensionati o ridurre il loro diritto di voto; come un tempo si escludevano le donne, gli analfabeti o chi non aveva alcuna proprietà. Curioso come si autoincensano a cultori del modernismo più avanguardista.

L'UE -che non sara' mai Stato unitario, ne' entità federale e nemmeno confederazione- tira dritto, costi quel che costi. Insiste con l'azzardo dell'opzione privilegiata per i signori del denaro. E ribadisce la sacralità e l'inestinguibilità eterna del debito, diventato privatizzazione dei benefici e socializzazione delle perdite.
Quanti danni di guerra ha saldato la Germania dopo il 1945? Quanti risarcimenti riparatori ha erogato per il reiterato fallimento del marco (in tempo di pace)? Quanti debiti ha contratto gli Stati Uniti in Iraq e Afganistan o Siria? Vi fu un tempo in cui il Giubileo era una parziale cancellazione dei debiti, “rimessi a noi cosi come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.

In definitiva, anche in questa materia è decisivo il rapporto di forze esistente tra lavoro e capitale, tra la gleba e i monopolisti del denaro. Altrimenti, il debito generato dalla prima guerra combattuta sulla terra dagli uomini graverebbe sulle nostre spalle, e rimarrebbe impagabile, anche con i proventi di tutte le guerre successive. Oltre al debito, vi e' un dettaglio che si chiama interesse, e questo e' sempre negoziabile, sempre e quando il potere politico non sia stato annesso o inglobato al potere finanziario.

Si sparla di flessibilità, competitività, sviluppo, epocale o meno, ma poi il tutto si regge e si riduce alla minimizzazione del costo del lavoro. L'evocazione coatta dell'universalismo modernista si nutre di un livello di sfruttamento del lavoro degno di altre epoche: sono stati ghigliottinati quasi tutti i diritti fondamentali storicamente acquisiti.

Gli spostamenti massivi di popolazione civile dalle aree non-industrializzate, e' il risultato del bellicismo esportato dalla NATO, Pentagono ed Eliseo. Come? Con mercenari reclutati in loco tra la delinquenza politica o la criminalità pseudo-religiosa, disposti a concludere l'opera iniziata con le classiche ondate di bombardamenti. Tali “flussi”, svuotano territori con presenza accertata di materie prime strategiche (uranio in Mali e Africa centrale, litio in Bolivia), rendendo più vulnerabili le economie nazionali e comunitarie. Poi l'approdo, lo status di mine vaganti all'interno dei Paesi-obiettivo da riconfigurare, impoverire destrutturare trapiantando la guerra tra poveri.
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Come spiegare la doppiezza paralizzante della UE vittima sanzionata che diventa potenza sanzionatrice? Solo con la cieca avidità e la vocazione predatoria di dominatori senza volto, e l'universalismo liberista degli sciocchi chierici mediatici e politici. L'UE e' senza bussola, pertanto è un fattore periferico e marginale avulso dalla dinamica della partita strategica che si sta giocando. Riuscirà almeno a evitare che la guerra in corso sia combattuta -ancora una volta- sul suo territorio?

Potrà continuare a mentire a se stessa su di un “alleato” che e' nel contempo un “occupante”? Come rudemente ci ricordo' Mike Pompeo in visita a Roma, dispongono di 35mila soldati, un numero indeterminato di basi militari e il centro MUOS per la guerra elettronica ad ampio spettro. L'atlantismo “occidentalista” e'
inadeguato alla nuova fase del multipolarismo emergente.

Il 1945 e' alle nostre spalle, e l'Unione Sovietica non c'e' più. Il revisionismo della storia (nazismo e socialismo pari sono), rafforzato dal negazionismo anti-russo, non può cancellare l'evidenza: perché i nazisti massacrarono i comunisti -oltre agli anarchici, socialisti, zingari, ebrei- nei campi di prigionia? Non seppero riconoscerli come loro fratelli gemelli? La menzogna non  preserverà a lungo una forma-Stato plasmata dai più ricchi, nemmeno con la legittimazione del tribalismo finanziario. L'Europa senza popolo, senza consenso, semplicemente non e' tale.

Finora, l'UE ha offerto l'altra guancia, rispondendo alla guerra commerciale degli Stati Uniti con una gabella simbolica sulle moto Harley Davinson (sic)! Sembra che sperino solo qualche improbabile concessione o un immaginario trattamento di riguardo per i satelliti europei.
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Classe dirigente ideologizzata, dunque, blindata e ignara del nuovo contesto mondiale, che da 20 anni sfida e resiste ai diktat del defunto unipolarismo. Nel periferico mondo dei non-industrializzati, sfidare l'egemonismo liberista significa patire veti commerciali, blocchi all'importazione -anche farmaci e alimenti- oltre al sequestro di fondi e depositi ad opera delle banche. E la temperie della lotta sociale e delle insurrezioni civili in America latina. E' il prezzo che si paga.

Tutto questo accelera la de-dollarizzazione e l'impellenza di scavalcare chi alimenta il disordine monetario, commerciale, ed azzera l'ordine pubblico con destabilizzazione prefabbricata. Resistere e' possibile, pero con livelli crescenti di confluenza con il mondo multipolare. Resiste ed avanza chi puo' garantire -o usufruire- di fonti alternative di finanziamento (Cina piuttosto che FMI), tecnologie belliche e no (Russia e Cina), alimenti, materie prime, tecnologie ed armi.

In tal panorama non è comprensibile da quale parte stia l'UE. Nella latitudine non-industrializza non è più vista come portatrice di valori e soluzioni “altre”. Non e' piu' nemmeno un “male minore”, ma alleata alle oligarchie interne unite con un patto di sangue all'imperialismo e al militarismo degli Stati Uniti. Conoscono bene Cristine Lagarde, per le conseguenze drammatiche degli “aggiustamenti strutturali” del FMI negli anni 90 a Buenos Aires, Brasilia, Città del Messico e Caracas. Averla messa alla testa delle finanze dell'UE, la dice lunga sui programmi che si appresta a varare.

In America latina, destano entusiasmo tra l'oligarchia formata dalle solite famiglie con gli stessi cognomi risalenti alla colonia, e della nomenklatura razzista. Punto nevralgico i ceti medi che -quando risalgono la china grazie alle politiche redistributive dei governi popolari- poi si identificano e si illudono di far parte dell'elite. Ma sbattono inevitabilmente contro il muro del complesso di superiorità etnico-biologico, che va oltre la superiorità di classe.

Puntualmente, nel volgere di un decennio vengono ricacciati indietro e impoveriti dal liberismo, come dimostra il "pendolo argentino". Quando decadono si alleano ai settori popolari, poi a tasche piene tornano a "sentirsi aristocratici", fiancheggiatori dei golpismi.

L'UE ha generato mostri da quando coadiuvo' alla distruzione della Yugoslavia, e disse yes al bombardamento di Belgrado.
La neolingua iniziatica della Commissione europea suona come una litania cantata in un idioma estinto.Tracimano rabbia e disprezzo contro il caparbio “populismo”. Contro quelli che non trangugiano la broda liberista sposata all'“occidentalismo” gregario e militarista. La democrazia rappresentativa e' diventata finzione, elastica e mutevole, sin dai tempi della sospensione del referendum sulla Costituzione europea. Dopo le due sconfitte in Francia e Olanda ordinarono che fossero i parlamenti a sostituire gli elettori.

L'ineguaglianza crescente è il frutto simbiotico di una elite che -particolarmente in Italia- e' ostile a salariati, classi medie e senza-reddito. Oggi come nel passato, non hanno mai avuto dubbi quando c'e' da scegliere tra popolo e potenze esterne a cui subordinarsi.  Scelgono senza indugi: contro il popolo.
Non arretrano di fronte a nulla, e ammiccano anche alle forme modernizzate di deportazione di massa da un capo all'altro del pianeta. In questo, si sono ispirati alla politica dello spostamento delle popolazioni di Stalin? I

Il recupero dell'equità ha un passaggio obbligato nella democrazia partecipativa, come scalino per riportare al centro gli umani e la natura. Non e' più sufficiente l'asettica questione del livellamento giuridico. L'uguaglianza giuridica e' nulla senza i diritti sociali, irrinunciabili per gli esclusi dal processo decisionale.
Non solo diritti individuali ma pure quelli sociali. Non bastano i diritti umani -interpretati a piacimento da istituzioni globali private- ma anche quelli allo studio, alla salute e sicurezza sociale. Il formalismo giuridico caro ai liberali all'italiana -adorno della dittatura dell'economia- e' quello che produsse la pellagra e l'emigrazione di milioni di italiani verso tutti i continenti.

L'UE e' riluttante al ruolo di blocco indipendente sovrano, necessario per l'equilibrio della multipolarità, e sembra incapace persino di badare a se stessa evitando il conflitto bellico, anche se venisse combattuto sul suo territorio. L'UE senza popolo e' un giunco piegato dal vento. L'Europa sopravvivrà al neoliberismo come sopravvisse alle invasioni, saccheggi ed epidemie. Nel frattempo, giova ricordare un giudizio di Oscar Wilde: “stupidita' aggravata dalle buone intenzioni”. Lui si riferiva all'impero britannico.


Tito Pulsinelli - Selvasorg

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