10 novembre 2018

L'Occidente abbandona Julian Assange

Iniziamo con il gatto. Chi avrebbe mai pensato che uno di questi amati felini avrebbe avuto un ruolo cruciale nell'affare Julian Assange? Eppure, guarda gli ultimi articoli sulla stampa. I titoli dei principali media non parlano di un uomo confinato in un piccolo edificio nel cuore dell'Europa per sei anni senza alcuna via d'uscita, ma piuttosto delle istruzioni che da Quito chiedevano di nutrire il suo gatto.


Ecco un uomo che corre il serio rischio di essere arrestato dalle autorità britanniche e poi estradato negli Stati Uniti e processato per le sue pubblicazioni. Un uomo che è stato escluso da ogni contatto umano, eccetto i suoi avvocati, e la cui salute è seriamente degradata a causa del prolungato confinamento senza nemmeno un'ora all'aria aperta. Con tutto ciò, c'era nulla di più importante del gatto di cui parlare?
Ma c'è una storia da raccontare sul gatto di Assange. Una delle ultime volte che mi è stato permesso di visitare Julian Assange presso l'Ambasciata dell'Ecuador a Londra, prima che l'attuale governo di Lenin Moreno tagliasse tutti i suoi contatti sociali e professionali, ho chiesto al fondatore di WikiLeaks se il suo gatto avesse già tentato di fuggire dall'ambasciata poiché, a differenza del suo compagno umano, avrebbe potuto facilmente fuggire dall'edificio senza il rischio di essere arrestato da Scotland Yard.
Assange non ha preso la mia domanda con la stessa leggerezza con cui glie l'avevo posta, e al contrario, si è leggermente commosso e mi ha detto che quando il gatto era piccolo, aveva effettivamente cercato di sfuggire dall'edificio, ma crescendo, era così abituato al confinamento che ogni volta che Assange cercava di dare il gatto agli amici intimi perché l'animale godesse della sua libertà, l'animale aveva paura degli spazi aperti. Il confinamento ha un profondo impatto sul comportamento e sulla salute di tutte le creature, sia animali che umani.

La forza

Ho lavorato come media partner per WikiLeaks negli ultimi nove anni, e in quei nove anni ho incontrato Assange molte volte, ma l'ho incontrato solo una volta come uomo libero: era il settembre 2010, lo stesso giorno in cui il pubblico ministero svedese ha emesso un mandato di cattura per accuse di stupro. Prima messo agli arresti domiciliari con un braccialetto elettronico intorno alla caviglia, è entrato nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra il 19 giugno 2012. Da allora, è stato rinchiuso in questa piccola ambasciata: un edificio deprimente, molto piccolo, senza sole, senza aria fresca, senza uscita all'aria aperta. Nel mio paese, in Italia, persino i capi mafiosi che hanno strangolato un bambino e sciolto il suo cadavere in un barile di acido hanno trascorso un'ora al giorno all'esterno. Non Assange.

Negli ultimi otto anni, non ho mai sentito Julian Assange lamentarsi: almeno in mia presenza, ha sempre reagito con forza all'enorme stress che sta subendo e ogni volta che ho contattato sua madre Christine Assange, non ha mai voluto discutere i suoi sentimenti personali e le preoccupazioni per la salute di suo figlio.

Ma nonostante la sua forza, questa difficile situazione compromette seriamente la salute fisica e mentale di Assange. In un editoriale su The Guardian dello scorso gennaio, tre stimati medici, Sondra S. Crosby, Chris Chisholm e Sean Love, hanno cercato di attirare l'attenzione sul problema, ma nulla è cambiato. Assange rimane sepolto nell'ambasciata in condizioni estremamente precarie a causa della totale mancanza di collaborazione delle autorità britanniche che hanno sempre rifiutato di garantirgli un passaggio per beneficiare del suo asilo in Ecuador.

Questa mancanza di cooperazione da parte delle autorità del Regno Unito - che può essere ragionevolmente interpretata come uno sforzo deliberato per far sentire Assange impotente, per abbatterlo, così uscirà dall'ambasciata e potranno arrestarlo - ha contribuito a creare questa situazione inestricabile, dove l'Ecuador ha cercato di trovare una soluzione con varie opzioni, come la concessione dello status di diplomatico ad Assange in modo che potesse lasciare l'ambasciata protetto dall'immunità diplomatica (status negato dalle autorità britanniche). Ma alla fine, un piccolo paese come l'Ecuador non può fare molto, e con Lenin Moreno al potere, l'interesse dell'Ecuador nella protezione di Assange sembra svanire al punto che L'Ecuador progetta di rimuovere la cittadinanza ecuadoriana di Assange, uno degli scudi più importanti che protegge il fondatore di Wikileaks dall'estradizione agli Stati Uniti.

L'interesse speciale del Regno Unito

Dopo aver trascorso gli ultimi tre anni combattendo in quattro paesi - Svezia, Regno Unito, Australia e Stati Uniti - per l'accesso a tutta la documentazione sul caso Assange e WikiLeaks, ottenuta sotto FOIA (Freedom Of Information Act sulla libertà di accesso all'informazione) - Ho ottenuto alcuni documenti che non lasciano dubbi sul ruolo svolto dalle autorità britanniche nella creazione di questo pantano legale e diplomatico. Perché le autorità britanniche hanno fatto questo? Quale interesse speciale, se c'è, hanno nel caso Assange?

Uso il termine "interesse speciale" perché i documenti rivelano che dall'inizio del caso svedese le autorità britanniche hanno consigliato ai procuratori svedesi di non adottare l'unica strategia investigativa che avrebbe potuto portare a una rapida risoluzione dell'inchiesta preliminare: interrogare il fondatore di WikiLeaks a Londra piuttosto che estradarlo a Stoccolma. Fu questa decisione di insistere a tutti i costi sull'estradizione che portò l'australiano a rifugiarsi nell'ambasciata dell'Ecuador, combattendo con le unghie e con i denti, convinto che se fosse stato estradato in Svezia, poteva finire per essere estradato negli Stati Uniti.

I documenti rivelano che fin dall'inizio le autorità britanniche hanno descritto il caso Assange come insolito. "Credetelo, questo caso non è trattato come una semplice richiesta di estradizione"hanno scritto il 13 gennaio 2011 ai pubblici ministeri svedesi. Pochi mesi dopo, un funzionario britannico ha aggiunto: "Credo che non abbiamo mai visto nulla di simile, né in termini di velocità né nella natura informale del procedimento. Suppongo che questo caso non smetterà mai di stupire". Qual è la particolarità di questa relazione? E perché le autorità britanniche non hanno smesso di insistere sull'estradizione a tutti i costi?

A un certo punto, anche i pubblici ministeri svedesi sembravano esprimere dubbi sulla strategia legale sostenuta dalle loro controparti britanniche. Le e-mail che ho ottenuto sotto il FOIA, lettere scambiate tra le autorità britanniche e svedesi, mostrano che nel 2013 la Svezia era pronta a ritirare il mandato d'arresto europeo a causa della paralisi giudiziaria e diplomatica che la richiesta di estradizione aveva creato. Ma il Regno Unito non era d'accordo con la revoca del mandato d'arresto: il caso si trascinò per altri quattro anni, quando finalmente il 19 maggio 2017, la Svezia abbandonò la sua indagine dopo che i pubblici ministeri svedesi aveva interrogato Assange a Londra, come avevano sempre chiesto.

L'indagine svedese è ora chiusa ma Assange rimane confinato. Non importa che il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria abbia stabilito che il fondatore di WikiLeaks è stato arbitrariamente detenuto dal 2010 e dovrebbe essere rilasciato e risarcito. Il Regno Unito, che incoraggia gli altri stati a rispettare il diritto internazionale, non si preoccupa della decisione di questo organismo delle Nazioni Unite le cui opinioni sono rispettate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Dopo aver tentato di appellarsi alla decisione dell'ONU e perso l'appello, la Gran Bretagna semplicemente lo ignora. La detenzione arbitraria di Assange non sta per finire.

Silenzi e sospetti

Ci sono altri due elementi inquietanti: il fatto che le autorità britanniche abbiano distrutto le e-mail riguardanti il ​​caso Assange, come hanno ammesso nel mio contenzioso nel tribunale britannico, e il fatto che si sono sempre rifiutate di fornirmi qualsiasi informazione su eventuali comunicazioni con le autorità statunitensi sul caso Assange, poiché sostengono che confermare o negare tali comunicazioni consentirebbe ad Assange di sapere se esiste o meno una richiesta di estradizione dagli Stati Uniti.
Nel caso di una richiesta di estradizione negli Stati Uniti, le autorità britanniche vogliono estradare Julian Assange come un criminale. 

Il fatto che un redattore o un editore possano essere estradati per le loro pubblicazioni dovrebbe suscitare allarme e un dibattito pubblico nelle nostre società democratiche, ma non lo vediamo.

La situazione di Julian Assange è molto precaria. Le sue condizioni di vita all'ambasciata sono diventate insostenibili, e i suoi amici parlano come se non ci fosse speranza: "Quando gli Stati Uniti metteranno le mani su Julian", dicono, come se fosse una conclusione scontata che gli Stati Uniti lo otterrebbero,  e che nessun giornalista, nessun media, nessuna ONG, nessuna associazione stampa facciano di tutto per impedirlo.

Negli ultimi sei anni Assange ha languito nell'ambasciata, non un solo grande media occidentale ha osato dire: non possiamo mantenere un individuo rinchiuso per un periodo indefinito. Questo trattamento inflitto a Julian Assange dal Regno Unito - e, più in generale, dall'Occidente - non è solo disumano, ma controproducente.

In quegli anni, il media RT, finanziato dallo stato russo, coprivano ampiamente l'affare Assange. Non è difficile capire perché la Russia sia così estasiata dall'affare Assange. Il caso fornisce alla Russia prove che, mentre l'Occidente predica costantemente libertà di stampa e giornalismo aggressivo, in realtà schiaccia i giornalisti e le loro fonti che denunciano crimini di stato ai massimi livelli. Chelsea Manning ha trascorso sette anni in prigione, Edward Snowden è stato costretto a lasciare il suo paese e chiedere asilo in Russia, Julian Assange ha trascorso gli ultimi sei anni rinchiuso in un piccolo edificio e in grave deterioramento della salute.

È tempo di fermare questa persecuzione.

Stefania MauriziIl giornalismo è la mia passione e la mia professione. Sono una giornalista d'inchiesta, collaboro regolarmente con il quotidiano la Repubblica (www.repubblica.it), dopo aver lavorato per dieci anni con il settimanale l'Espresso.
In cooperazione con un team di media internazionali, ho lavorato fin dal 2009 con Julian Assange e con la sua organizzazione, WikiLeaks, al rilascio di tutti i documenti segreti, a partire dai file sulla guerra in Afghanistan (Afghan War Logs), dai cablo della diplomazia Usa (Cablegate) e dalle schede segrete dei detenuti di Guantanamo (GitmoFiles), fino alle rivelazioni più recenti sulla missione europea in Libia contro i trafficanti di migranti e sullo spionaggio dei leader francesi ed europei da parte della National Security Agency (Nsa).


Traduzione per TLAXCALA di Alba Canelli

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