18 luglio 2018

Messico: Dopo la vittoria di AMLO, i media statunitensi temono il Chavismo

Il dogma capitalista neo-liberale pervade i media ufficiali. Un esempio tipico è la copertura della clamorosa vittoria di Andrés Manuel López Obrador nelle elezioni presidenziali del Messico.
Riferendosi al presidente eletto col suo acronimo comunemente usato (AMLO), i giornalisti Azam Ahmed e  Paulina Villegas del New York Times del 1° luglio 2018, sostenevano che:
Una delle maggiori sfide di AMLO sarà di convincere gli investitori stranieri che il Messico rimarrà aperto agli affari. Se no riesce a convincere i mercati che si impegna per la continuità, o se fa cambiamenti improvvisi nell’attuale politica economica, il paese potrebbe trovarsi a lottare per ottenere anche la modesta crescita dell’amministrazione precedente.
Secondo gli autori tenere il Messico “aperto per gli affari” agli “investitori stranieri” dovrebbe essere una priorità, un invito a mantenere lo status quo in un paese dove quasi la metà della popolazione vive al di sotto della linea di povertà. Ahmed e Villegas suggeriscono che “la continuità è necessaria, anche loro stessi all’inizio del l’articolo dicono “che il desiderio di cambiamento che ha  la nazione ha avuto maggior peso di qualunque dubbio che il candidato ispirava”, evidentemente soddisfacendo le faccende dei “mercati” più che attuando il volere della popolazione.
I due giornalisti notano il “senso di nazionalismo economico” di  López Obrador che alcuni temono potrebbe  cancellare i successi degli scorsi 25 anni. Quali siano i successi e che li abbia ottenuti non è specificato; l’economista Mark Weisbrot del Center for Economic and Policy Research (1° luglio 2018) ha fatto notare che:
La povertà è peggiore rispetto a un quarto di secolo fa, i salari reali sono più bassi che nel 1980, la disuguaglianza sta peggiorando e il Messico è al 18° posto tra i 20 paesi latino-americani in termini di crescita del reddito per persona nel ventunesimo secolo.
In un altro articolo del New York Times (2 luglio 2018), scritto da Azam Ahmed e Kirk Semple si dice che López Obrador “deve ancora convincere gli investitori che le sue  saranno favorevoli alle imprese.” Assicurarsi che gli “investitori” siano contenti, è, chiaramente, un imperativo non negoziabile.
Palesemente, gli autori hanno mancato di considerare come questa cosa ipoteticamente possa coesistere con un’altra necessità che descrivono e che è che “López Obrador dovrà anche mantenere le sue promesse di occuparsi della povertà diffusa e della disuguaglianza enorme .” Ahmed e Semple si rifiutano di far notare la contraddizione qui: “Gli investitori” raramente giudicano le politiche che “si rivolgono alla povertà diffusa”, cioè un salario minimo più alto e la redistribuzione della ricchezza per mezzo di programmi sociali – per essere “favorevoli alle imprese.” Passando sopra queste incongruenze e offrendo pensieri magici secondo i quali il capitale può essere soddisfatto mentre la povertà e la disuguaglianza vengono combattute con successo, gli autori hanno reso un servizio ai sostenitori della     scrittura capitalista neoliberale.
The Washington Post del 2 luglio 2018, ha pubblicato un editoriale sulla vittoria di AMLO:
Potrebbe darsi che  le promesse di López Obrador di riforme radicali saranno equivalenti al ribaltamento dei progressi dei suoi predecessori, ottenuti con fatica, per spostare il Messico statalista, autocratico del ventesimo secolo, verso una democrazia liberale aggiornata. E’ probabile… che il nuovo presidente rallenterà una parziale privatizzazione dell’industria petrolifera. 
Secondo questa prospettiva, la privatizzazione è sinonimo di “progresso.” Una società avanza, sembra, quando i profitti che provengono dalle risorse e il controllo di queste, sono tolte al pubblico e consegnate a un piccolo numero di persone ricche, e che non devono rendere conto a nessuno.
Un riferimento fatto da Ahmed e Semple sul circa le relazioni tra Stati Uniti e Messico, dimostra lo stesso atteggiamento servile per gli interessi della classe governante:
Mister Trump ha assillato il Messico fin da quando ha annunciato la sua candidatura, criticando i suoi migranti, minacciando di abbandonare L’Accordo nordamericano per il libero scambio (NAFTA) e promettendo di costruire un muro tra i due paesi.
L’ideologia degli accordi commerciali favorevoli alle grosse aziende è radicata così profondamente che la possibilità di porre fine al NAFTA è presentata come tanto pericolosa e deplorevole quanto gli insulti razzisti contro i migranti e come i piani di militarizzare ulteriormente il confine tra Stati Uniti e Messico.
BRUTTI PARAGONI
L’ortodossia capitalista neoliberale divide il mondo tra credenti e non credenti, spesso senza analizzare le differenze tra gli eretici e così, come ho scritto FAIR il 26 giugno 2018, poco prima dell’elezione del Messico, Trump e López Obrador sono aggregati insieme, anche se il primo è un guerrafondaio razzista che ha dato ai ricchi 5 trilioni di dollari e che si è vantato di aggredire sessualmente le donne, mentre il secondo ha una storia di solidarietà con i contadini e il popolo indigeno, finanziano il transito e fornendo delle indennità agli anziani e alle madri nubili.
The Post ha scritto che AMLO
è un prodotto della sinistra politica, ma la sua vittoria fa parte della storia globale di leader populisti in crescita. Come molti di loro, compresi il Presidente Trump, López Obrador promette di ribaltare l’establishment politico in carica, dice che lui solo è in grado di mantenere  le sue promesse improbabili, e attacca i media, i tribunali, gruppi della società civile e tutti gli altri che potrebbero controllare il suo potere personale. Come altri populisti, il nuovo leader messicano è anche stato vago riguardo occasionalmente contradittorio circa le politiche specifiche che può perseguire, anche se allo stesso tempo insiste che darà luogo a una “trasformazione” paragonabile al raggiungimento dell’indipendenza da parte del Messico. In questo è sicuro di fallire; il problema è: quanti danni potrebbe fare al sistema democratico che lo ha messo in grado di ottenere il potere?
Dire che AMLO è come Trump perché entrambi sono “populisti” in senso vago, e insulso, è come mettere cibo per animali e veleno per topi nella stessa categoria perché si intende che entrambi vengano mangiati dagli animali. Mentre Trump chiede rigide leggi per l’identificazione degli elettori, le quali mineranno la democrazia privando del diritto voto i poveri e le minoranze, c’è una scarsità di prove convincenti che la volontà di López Obrador “danneggerà il sistema democratico.”
Ahmed e Villegas hanno sostenuto che
Il fascino del messaggio di López Obrador è intriso del linguaggio della nostalgia di un tempo migliore…In questo e in altri modi i paralleli tra il Signor López Obrador,  il Presidente Trump sono difficili da ignorare. Entrambi gli uomini sono leader “tempestosi” che sono riluttanti ad ammettere i risultati di  una lotta politica. Entrambi attaccano i nemici e guardano con sospetto ai media.
Questi paragoni tra i due politici sono  strambi, sottovalutando, come fanno, che   Trump ha cercato un massiccio incremento alle centinaia di miliardi di dollari che gli Stati Uniti spendono per uccidere la gente in tutto il mondo, mentre López Obrador ha promesso di lanciare un programma di lavori pubblici per dare un impiego a  2,3 milioni di giovani e per aumentare le pensioni per gli anziani.
Il catechismo capitalista neoliberale si manifesta anche sparlando di coloro che hanno contestato le sue dottrine con un certo successo. Questo è evidente nella copertura della vittoria di AMLO che considera normale il paragone tra lui e il defunto Presidente venezuelano Hugo Chávez. Quando gli organi di stampa finanziati dalle grose imprese esaminano questa analogia, lo fanno supponendo che sarà una brutta cosa per il Messico se López Obrador adotterà politiche simili a quelle di Chávez.
Un editoriale del New York Times del 2 luglio 2018, si chiedeva se López Obrador era come Chávez o Trump o entrambi, e conclude che “al contrario di Chávez o di Trump, il presidente eletto è un politico di tutta una vita,  con una solida fede nella democrazia.” L’accusa che Chávez non era democratico, è falsa. Ogni elezione che ha vinto è stata certificata come libera e giusta. Quando Chávez era presidente, il governo venezuelano ha avviato un programma che si chiamava Barrio Adentro (“All’interno del quartiere”) designato a promuovere la partecipazione politica di massa e a migliorare la sanità pubblica e che si è dimostrato “particolarmente popolare tra i settori più poveri della società”(Globalizations, 1° marzo 2013).
Ahmed e Semple scrivono che “per tutto il tempo che López Obrador è stato candidato alla presidenza, è stato inseguito dalle accuse che affonderà l’economia. Sui media è stato paragonato  Hugo Chávez, l’ex leader socialista del Venezuela,”, un paragone che gli autori descrivono come “esagerato.” Azam Ahmed e Kirk Semple danno per scontato che Chávez ha “affondato l’economia,” ma quando Chávez era leader, i tassi di povertà, disuguaglianza, analfabetismo, mortalità infantile e di malnutrizione sono diminuiti bruscamente. Se questo vuol dire “affondare l’economia,” si potrebbe essere perdonati per sperare che le abilità nautiche di AMLO siano in linea quelle di Chávez. 




Per concessione di ZNet Italy
Fonte: https://fair.org/home/in-wake-of-amlo-victory-us-media-fear-chavismo-and-hope-for-business-friendly-change/
Data dell'articolo originale: 11/07/2018
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=23816 

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