9 agosto 2017

L’Ungheria non è una dittatura

Il paese sta scivolando verso una tirannia? Secondo i media sì.
L’Ungheria è “tenuta ostaggio”” dal “tiranno” Orban, che sta facendo tornare il proprio paese al “totalitarismo”, scrive The New Statesman. L’International Business Times è preoccupato del “sinistro percorso ungherese verso la dittatura“. L’UE si sforza di contenere il “dittatore” , dice il Sydney Morning Herald. Orban è il “nemico ” in Europa, avverte il Financial Times. È il “nuovo dittatore europeor“, dice Politico.

Questi titoli sono un’esagerazione totale. Certo, il governo non è perfetto, ma questa è una macchina del fango. Bruxelles ama fingere di promuovere la democrazia nei 28 Stati membri: quando tuttavia Orban inizia ad attuare politiche a lei sgradite (ma gradite agli ungheresi), il presidente viene sùbito attaccato. Vediamo degli esempi.
Il premier ungherese s’impegna a sostenere la Polonia contro “l’inquisizione europea” https://t.co/9GAoCzB8TE

– RT (@RT_com) 22 luglio 2017

1) Elezioni
Orban non è un dittatore, è stato legittimamente eletto, la cosa è indiscutibile. Dopo le elezioni del 2014, vinte da Fidesz, nel paese c’è però stata l’accusa di brogli.
Senza dubbio il suo partito è stato sovraesposto, ma lo stesso accade in tutto il mondo: in America, ad esempio, i candidati dei due maggiori partìti godono di una copertura mediatica che lascia le briciole agli altri. Lo stesso dicasi per le manipolazioni in sede di scrutinio.
L’OSCE ha detto che le elezioni sono state regolari, ancorché Orban ha avuto più spazio della concorrenza in campagna elettorale.
Quando in Ungheria ci sono elezioni, praticamente tutti i partiti ottengono seggi, cosa che non è tipica delle dittature.
2) Libertà di stampa
La critica più ricorrente al presidente ungherese è l’usare i media di Stato come megafono di propaganda (cosa peraltro vera) e di mettere pressione su quelli indipendenti.
Ci sono però ancòra voci libere che lo attaccano tranquillamente.
Nel 2014 il governo, dopo protesta popolare, ha accantonato il piano di una tassa sull’uso dei dati internet. All’epoca la BBC scrisse che Orban era “più flessibile di quanto molti analisti gliene diano credito”. Anche qui, di solito le manifestazioni di strada non funzionano nelle dittature.
Per i cultori delle classifiche, nell’ultima di Reporters Without Borders l’Ungheria non è messa benissimo, ma è comunque davanti a paesi come Grecia, Israele e Giappone.
3) Controversia CEU
Grosse grane ad Orban sono stati date dalla University of Central Europe, fondata a Budapest da Soros.
La controversia è nata da un emendamento: l’università non è più autorizzata a rilasciare diplomi accreditati negli Stati Uniti, a meno che non ci sia un campus lì. La tesi del governo è stata che gli studenti non CEU erano in una posizione di svantaggio.
Ovviamente i media occidentali, al soldo di Soros, hanno abbaiato a difesa del padrone. Nella realtà dei fatti, l’università perderà solo il proprio ingiusto vantaggio competitivo, nulla più.
La maggioranza della gente è dalla parte del presidente, ancorché ultimamente ci sia un trend negativo. Un sondaggio di maggio ha infatti detto che il consenso è in calo – non per il caso CEU ma perché mezza Ungheria non si può permettere una vacanza di una settimana all’estero.
Israele supporta la campagna ungherese anti-Soros, dicendo che il finanziere “continua a minare lo Stato Ebraico” https://t.co/ksOiPRdcQt

– RT (@RT_com) 16 luglio 2017

4) Immigrati
La vera cosa che ha reso Orban odioso all’élite è però un’altra: il non voler accettare immigrati.
Ancora una volta però il popolo la pensa come lui. Il referendum del 2016 ha visto il 98% dei votanti dire “no” alle quote migranti volute da Bruxelles. Il problema è che a votare è stato il 44% degli aventi diritto, contro il quorum del 50%.
Il paese comunque non si arrende, e tiene i clandestini nei centri di detenzione al confine. Il governo dice di farlo per difendere gli accordi di Schengen, continuamente “calpestati” dagli immigrati che se ne vanno liberamente in giro per l’Europa a caccia del paese di proprio maggior gradimento. L’Ungheria ha anche costruito una recinzione lungo il confine con la Serbia per prevenire l’invasione.
Tra le varie, lo si accusa anche di alimentare estremismo ed antisemitismo. Sul suo fervente nazionalismo ci sono pochi dubbi, sull’altra cosa sì. Non si dice mai infatti che l’attuale governo ha introdotto una giornata della memoria e ha reso il negazionismo un crimine.
5) A slap in the face
I media occidentali sono palesemente parziali, in negativo, con l’Ungheria, proprio perché è un paese non allineato. L’opposizione interna non fa altro che agevolare il compito.
Quel che mi ha colpito, dopo aver trascorso gli ultimi dieci mesi qui, è che anche gli anti-Orban sono spesso sconcertati da come i media occidentali distorcano i fatti.
Il da poco defunto Imre Kertesz, primo Nobel per la Letteratura ungherese, disse che parlare di dittatura in Ungheria è “puramente pretestuoso”.
In un’intervista del 2014 con l’Hungarian Quarterly, Kertesz ha rivelato che un giornalista del New York Times lo chiamò “per farmi dire che l’Ungheria di oggi è una dittatura, cosa che non dissi”.
Ovviamente, l’intervista non venne pubblicata – a proposti di censure…
In definitiva: parlare della “dittatura” di Orban è uno schiaffo in faccia a chi ha vissuto e ancora vive in dittature reali.
Danielle Ryan
Fonte: https://www.rt.com/op-edge/398857-hungary-orban-media-dictator/
7.08.2017

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di HMG

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