9 aprile 2017

Yuli Novak: “L’occupazione crollerà e poi costruiremo una società morale in questo paese”

Yuli Novak יולי נובק 
Sabato sera, 1° aprile, migliaia di palestinesi ed ebrei si sono riuniti a Gerusalemme per protestare contro l’occupazione della Cisgiordania, della Striscia di Gaza e delle Colline del Golan che ha avuto inizio nel 1967. La direttrice di “Breaking Silence” Yuli Novak si è rivolta ai manifestanti parlando dell’importanza della solidarietà e della resistenza contro la violenza e il razzismo del governo israeliano. Ecco il tenore di questo intervento.
Sono giorni bui e tetri. Il nostro paese viene dominato dall’occupazione, dal messianismo, dal razzismo, dall’ignoranza, dall’indifferenza morale e dalla violenza. Non serve accusare il governo. E non serve neppure stare seduti nei nostri salotti e fantasticare sul giorno in cui questo governo verrà sostituito da un altro. E basta infine con la retorica “tutti fuorché Bibi”: Lapid non sarebbe diverso.
Il cambiamento  che dobbiamo intraprendere richiede coraggio e onestà e la disponibilità a compiere dei sacrifici – si deve essere pronti a rinunciare ai propri privilegi e pagarne il prezzo. Fatemi vedere un politico – uno solo! – che vuole diventare primo ministro e che sarebbe pronto a farlo.
In giornate buie come queste, caratterizzate dalla violenza quotidiana, l’odio intensificato, l’orribile razzismo e l’occupazione esiste solo un modo per vincere: la resistenza, la lotta, la solidarietà. La resistenza – ecco la nostra forza e la debolezza del governo. Partecipare a queste lotte per noi è la nostra speranza. E questa lotta porterà al crollo del regime. La solidarietà è la nostra forza civile e il grande timore del regime. E non ci sono momenti che i regimi cattivi temono di più del momento in cui i cittadini si rivoltano, resistono e combattono senza timore.


Quando lo fanno i palestinesi con le loro proteste non-violente nelle regioni occupate – a Bilin, Hebron, Sheikh Jarrah – il regime risponde sempre con violenza e forza. Per questo dobbiamo unirci. Infatti la resistenza e le lotte civili sono l’unico mezzo per sfidare i regimi violenti. Sono l’unico mezzo che non si può opprimere con i fucili e i manganelli.

La solidarietà è uno stato d’anima. Significa essere pronti a sacrificarsi per gli altri e a capire che è l’unica cosa che il regime non riesce a tollerare. La solidarietà non è uno slogan vuoto. È un mezzo con il quale non familiarizziamo a sufficienza e che non abbiamo appreso bene. Questa situazione fa comodo al regime ed è stata promossa per decenni sia dai governi di destra che da quelli di sinistra che hanno fatto di tutto per farci pensare solo a noi stessi, per farci vivere nella paura esistenziale, per ritenere che l’occupazione fosse necessaria e per vedere il razzismo come un elemento per definire noi stessi.


La marcia del 1° aprile a Gerusalemme. Fotografia di Yonatan Sindel/Flash90

La solidarietà è l’unico atto adatto per scomporre degli atteggiamenti che ci hanno insegnato fin da piccoli. La solidarietà non è solo il riconoscimento del dolore e della sofferenza altrui. La solidarietà in primo luogo significa riconoscere il diritto altrui di lottare per la libertà e la nostra responsabilità e l’obbligo di condurre questa lotta insieme. E di pagare un prezzo insieme. E di venir liberati insieme.  
Questo è anche il motivo per cui il governo si dedica soprattutto alle campagne denigratorie, alla separazione, all’odio e alla paura.

Ma per noi che crediamo nella libertà, nell’eguaglianza, non abbiamo il privilegio di continuare a starcene nelle nostre case. Stanno sparendo gli ambiti pubblici democratici, la cultura, l’università, la libertà di espressione e di pensiero, la democrazia, l’eguaglianza, la morale e la giustizia – tutto questo è stato sacrificato dal regime sull’altare dell’occupazione, delle colonie e della corruzione.
Questa lotta diviene irrinunciabile e non è una questione degli arabi, delle organizzazioni per i diritti umani, dei senza tetto o degli etiopi. Si tratta invece di una lotta di tutti coloro che vorrebbero vivere in una democrazia liberale. Si tratta di una lotta contro il regime nazionalista, messianico, razzista e distruttore dell’occupazione.

Chiudere gli occhi dinnanzi all’occupazione significa cooperare con questo regime infame. Cedere alla violenza significa rafforzarla. Tacere dinnanzi al razzismo significa legittimarlo. Darsi al timore e alle intimidazioni, significa accettare questa buia realtà e permettere che continui ad esistere e peggiori ancora di più.  
Ogni giorno che passa senza resistenza è un altro giorno di deterioramento della democrazia. Ogni giorno che passa senza una lotta è un altro giorno di violenza contro i bambini palestinesi. Ogni giorno che passa senza la solidarietà è un altro giorno in cui il razzismo e il nazionalismo prevalgono sulla moralità e la giustizia.

Ogni giorno che passa e nel quale non ci sforziamo di fondere le forze enormi della nostra società – di ogni colore, provenienza etnica e organizzazione – è un nuovo giorno in cui cresce la convinzione del regime violento dell’occupazione che nulla lo possa fermare e che può continuare indisturbato il proprio progetto nazionalista dell’occupazione. E che può continuare a distruggere, danneggiare e uccidere.
Proprio oggi, oltre queste mura, il mantenimento e la conservazione dell’occupazione costano cari. Le vittime di questa realtà, le vite di entrambi, ebrei e palestinesi, non sono predestinate. Questo è il prezzo pagato per la continua politica impune dei governi israeliani.

 
Foto Yonatan Sindel/Flash90

Io queste parole le pronuncio qui a Gerusalemme. In una città le cui strade sono state occupate da bande di destra, razziste e senza pietà. Una città governata da un sindaco razzista ed opportunista. Una capitale che non mostra alcuna giustizia e alcuna uguaglianza.
Per questo esorto voi tutti a mettervi insieme nella nostra lotta, qui ed ora. Per lottare per le nostre verità. Per dare tutto per il nostro futuro. E per dare speranza. Visto che se lotteremo tutti insieme e solidali contro il male, in un fronte unito, vinceremo. E un giorno quest’occupazione finirà. E Gerusalemme sarà quello che dovrebbe essere: la capitale di uno stato democratico, leale e giusto.

Non possiamo più permetterci di mantenere i nostri privilegi. Non possiamo continuare a godere del privilegio di cercare soluzioni comode per le quali non dobbiamo pagare alcun prezzo.
È giunto il momento di affrontare le nostre paure e la verità dolorosa, ma liberatoria. Non si tratta solo di Netanyahu o di Naftali Bennett o di Yair Lapid o di Herzog. Si tratta di noi. La lotta focalizza su chi siamo e su chi vogliamo essere.

E ricordatevi: In tempi come questi la lotta non solo è la via, ma anche l’essenza. L’opposizione al regime è la nostra speranza. Sono i nostri sogni che dovrebbero guidarci. Dovremmo riconoscere chi vorremmo essere, senza attaccarci in modo insensato e senza esito a “coloro che eravamo”. I sogni di un altro spazio – dell’uguaglianza, dell’unità e dell’empatia – sono la criptonite del regime razzista dell’occupazione.

Qui ed ora diciamo forte e chiaro: continuate pure con la vostra violenza. Alla fine sarà la nostra solidarietà a vincere. Voi continuerete ad opprimere, ma alla fine sarà la giustizia a vincere. Voi continuerete ad odiare e a terrorizzare e noi continueremo instancabili la nostra lotta.
Voi continuerete ad occupare, e l’occupazione finirà. L’occupazione crollerà. E poi in questo paese costruiremo una società etica e democratica ove avremo tutti l’opportunità di effettuare una vera riforma.


Per concessione di Tlaxcala
Fonte: https://972mag.com/the-occupation-will-collapse-and-then-well-build-a-moral-society-here/126361
Data dell'articolo originale: 02/04/2017
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=20211 

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