15 giugno 2016

Quelle due nuove perizie che riaprono il caso Moro

«Il libro “Morte di un Presidente”, scritto dal giornalista Paolo Cucchiarelli, contiene tra l’altro due perizie depositate in Commissione Moro/2 insieme a tante novità: quella balistica del perito Gianluca Bordin e quella medica del prof. Alberto Bellocco, relative al decesso di Aldo Moro. Contengono rivoluzionarie verità a suffragio di alcune tesi da noi pubblicamente sostenute nel tempo», è quanto afferma Gero Grassi, vicepresidente del Gruppo Pd alla Camera e componente commissione d’inchiesta.

Bellocco e Bordin provano che l’ora del decesso, a differenza di quanto sostenuto dai brigatisti e dalla perizia dell’epoca, è riconducibile alle 4,35 del 9 maggio 1978. Per quanto attiene la direzione dei proiettili, si dimostra che lo sparatore è accanto al conducente dell’auto e che Moro è seduto dietro il conducente. 

«E’ impossibile - dice Grassi - che il Presidente Moro sia sdraiato nel bagagliaio, come sostengo da oltre due anni, in quanto sono presenti tracce ematiche sul lato interno del finestrino laterale posteriore sinistro e sul tettuccio interno, a livello del sedile posteriore dell’autoveicolo.
Analogamente è inspiegabile il ritrovamento sul corpo di Moro, tra la camicia ed il gilet, di fazzoletti di carta, atti a tamponare la fuoriuscita di sangue. Esiste una assoluta discrepanza tra i fori di ingresso e i proiettili usciti o ritenuti. Se ne deduce che i colpi non furono 11, come sostenuto da tutti sinora, ma 12 e che il dodicesimo colpo potrebbe trovarsi ancora nel corpo di Moro. Un accertamento che può essere effettuato semplicemente da un esame radiografico che al tempo fu realizzato, ma che non risulta agli atti».
Le armi che hanno sparato sono una pistola mitragliatrice cecoslovacca Skorpion ed una pistola Walther PPK/S. «All’epoca - denuncia il parlamentare - non fu realizzata una perizia comparativa rigorosa fra i reperti rinvenuti sulla scena del crimine ed i test sparati dalle armi. Resta il dubbio che le armi individuate come reali siano state veramente quelle utilizzate per sparare». Le sequenze di sparo sono tre. Il presidente Moro fu colpito da due distinte sequenze a colpo singolo: 4 colpi e poi ancora 4 colpi sparati con la mitraglietta. Poi colpi singoli, tre con la Skorpion ed uno con la pistola Browning. I reperti balistici rinvenuti sulla scena del crimine e dopo l’autopsia sono questi: 9 bossoli ed 11 proiettili. Mancano 3 bossoli ed un proiettile.

Secondo Grassi, «la piantina della vettura con la dislocazione dei reperti è errata. La perizia dell’epoca riporta in posizione errata 7 reperti su 10 e gli stessi periti parlano di depistaggio. La ubicazione nella parte anteriore dell’auto dei bossoli 7,65, sparati dalla Skorpion non è logica e provata. Il corpo di Moro non può, in base alle perizie, essere attinto dai colpi nella posizione in cui è ritrovato nel bagagliaio. Moro è in posizione diversa rispetto a quanto detto dalle perizie dell’epoca, il suo corpo è stato spostato almeno due volte. L’arma che uccide Moro ha il silenziatore ed i brigatisti non sanno dire il numero esatto dei colpi silenziati sparati. Moro dopo la sparatoria si accascia sul suo fianco destro. A questo punto, ancora vivo è tirato fuori dall’abitacolo e spostato nel cofano. Nello spostamento dal corpo cadono evidenti macchie di sangue, ancora oggi visibili sul paraurti della Renault 4».


In base a questa ricostruzione «Moro vivo è disteso nel cofano della Renault ed avvolto in una coperta. Continuano i colpi: altri due, uno dalla mitraglietta Skorpion e l’altro dalla Browning. Il libro di Cucchiarelli racconta tante altre cose terribili ma possibili. Qui ci preme sottolineare ancora alcune osservazioni.
Come mai in tanti si sforzano di spiegarci da tempo che sull’eccidio di via Fani e sull’omicidio Moro si sa tutto? Lo fanno molti dei protagonisti e quindi difendono la verità o le proprie inadempienze e le proprie complicità?».


Le perizie di Bordin e Bellocco ed il lavoro di ricostruzione di Cucchiarelli evidenziano ancora una volta le «bugie delle Brigate Rosse che nn riescono nemmeno a raccontare la verità sull’omicidio. Vuoi vedere - ipotizza Gero Grassi - che ha ragione Ettore Bernabei, mitico presidente della Rai, quando pubblicamente afferma che “quei quattro straccioni delle brigate rosse non sono stati i protagonisti del caso Moro”. Oppure ha ragione il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro quando il 25 maggio 1998, all’Università di Bari e il 19 giugno 1998 alla Commissione Stragi, sostiene che “Gli uomini delle BR non furono altro che colonnelli e non strateghi dell’Antistato”».


http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/

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