Mentre i giovani dissidenti sottoposti a repressione potevano e possono contare sul sostegno della società civile, delle loro famiglie, e del loro ambiente, i giovani miboun o karyouka(due dei tanti termini dispregiativi per designare i "froci" in arabo tunisino) sono quasi interamente da soli nel cercare di difendersi (*). Innanzitutto rischiano pesanti pene detentive per quello che il codice penale chiama "sodomia". Il sinistro articolo 230, uno dei più brevi e concisi del codice penale recita: "la sodomia (tra adulti consenzienti) è punibile con 3 anni di carcere".
Dal momento che è difficile prendere i colpevoli in flagranza di reato, resta da provare ciò di cui sono accusati. La soluzione si chiama "test anale", in altre parole una forma universalmente condannata, disgustosa e assurda, di tortura, che di fatto non fornisce più prove che i famosi test di verginità per le donne. I medici della sanità pubblica sono complici in questa grave violazione dei diritti umani. I giovani sottoposti a questo trattamento cominciano una via crucis, che può essere paragonata solo alle ordalie medievali in Europa.
Dopo le prime brutalità della polizia nell'interrogatorio e nell'arresto, l'inferno continua in prigione, dove sono sottoposti a tutti i maltrattamenti possibili da parte di guardie e detenuti. Ma non è che un inizio: una volta recuperata la "libertà", o sono rifiutati dalle loro famiglie - cadendo così nelle mani di protettori che li sfruttano - o sequestrati da esse e gravemente maltrattati. Non è raro che le famiglie ricorrano a ciarlatani che praticano esorcismi, utilizzando il Corano come strumento magico per espellere "il diavolo" dal loro corpo.
Quindi non è sorprendente che in media ogni settimana un giovane gay si suicida in Tunisia, secondo l'associazione Shams (Sole) creata di recente, una delle poche che cercano di difendere i loro diritti e per questo ha subito un tentativo d'interdizione, dopo di che una manifestazione che voleva tenere il 10 dicembre, anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, non aveva ricevuto l'autorizzazione da parte del Ministero dell'Interno.
Quello stesso 10 dicembre il tribunale di Kairouan ha condannato sei giovani di età compresa da 19 a 22 anni a 3 anni di carcere, seguiti da 5 anni di divieto di soggiorno nella città di Kairouan, ai sensi dell'articolo 22 del codice penale. Risalente al 1913, dunque all'epoca coloniale francese, questo articolo, raramente applicato, è stato utilizzato negli anni '60 e '70 contro le donne condannate per prostituzione. L'avvocatessa dei giovani, Fadua Braham, ha interposto appello dalla condanna e ottenuto dalla Corte d'appello, il 7 gennaio 2016, la rimessa in libertà contro una cauzione di 500 dinari [= 250 euro]. La Corte d'Appello ha esaminato il caso il 25 febbraio e deve dare il suo giudizio il 3 marzo.
"Articolo 230: Fino a quando?" Cinquanta personalità tunisine hanno lanciato il 10 dicembre 2015 una campagna per l'abrogazione di questo articolo
Il caso di Kairouan
I sei giovani sono stati arrestati nel corso di una retata sulla base di una delazione, e inizialmente sospettati di attività terroristiche. Uno di loro aveva abbandonato la casa della famiglia lasciando una lettera d'addio. Tutti pensavano che fosse andato a combattere in Siria. La scoperta di video su un computer portatile sequestrato durante il raid dirige la polizia ad un altra "pista", quella di un "giro di prostituzione maschile", presumibilmente guidata da uno studente del secondo anno, gli altri essendo studenti del primo. In assenza di flagranza di reato, la polizia fa procedere a dei test anali da un medico capo reparto dell'ospedale. I ragazzi più volte firmano documenti in cui esplicitamente rifiutano di essere sottoposti a questi test. La polizia li picchia.
Il medico complice assiste a tutto questo e, infine, chiede loro di prostrarsi "come se stessero pregando" per sondare la loro intimità davanti alla polizia. Alcuni di loro si ritrovano rinchiusi in una cella di polizia per donne. Poi, preceduti dal rumore del loro arresto, i giovani si ritrovano in carcere, in una cella che ospita più di 150 detenuti, dove vengono derubati di tutto ciò che le loro famiglie avevano dato loro, costretti a dormire sul suolo nudo. Ogni giorno, le guardie vengono a cercarli verso mezzogiorno, li ammanettano e "giocano" con loro per due ore, con qualsiasi umiliazione immaginabile.
D. è uno di loro. Ha 22 anni, è al secondo anno di arabo all'università. Lui è un poeta. Ha scoperto la sua identità sessuale a 13 anni. "Sono sempre stato attratto da bellezza maschile, il mio primo amore era un ragazzo, quello che mi ha convinto della mia omosessualità". E' un ragazzo molto sensibile. Viveva in un sobborgo di Tunisi, è stato ricattato dai suoi compagni di liceo, minacciando di rivelare il suo "segreto". Ha fatto un tentativo di suicidio a 17 anni, dopo di che i suoi genitori gli fecero cambiare scuola. Dopo la maturità, si iscrive all'Università di Kairouan, una città in cui ha detto di essersi innamorato e dove si è completamente integrato. Una volta rilasciato, ha ripreso subito le sue revisioni ed è ritornato all'Università per superare gli esami parziali. Là è stato accolto da un'orda furiosa di studenti che volevano linciarlo e deve la sua salvezza agli amici che lo hanno protetto. Anche se la Corte d'Appello lo assolverà il 3 marzo - la sua avvocatessa è ottimista, credendo che i vizi procedurali da lei invocati saranno presi in considerazione - l'ostilità nei suoi confronti, non è destinata a scomparire. Ma D. mi ha detto: "Spero che il domani sarà migliore".
Nota
(*) Tra i partiti politici, solo uno, Al Massar (centro-sinistra) ha pubblicamente preso posizione per l'abrogazione dell'articolo 230. Il giurista Mohamed Ben Saleh Aissa è stato dimesso dalle sue funzioni di ministro della Giustizia, lo scorso ottobre, per una presa di posizione a favore dell'abrogazione. Le organizzazioni per i diritti umani finora si sono dimostrate ababstanza timorate, ad eccezione di Human Rights Watch.
Figlio: "Babbo, ho sentito che adesso i gays possono sposarsi negli USA. Ma cosa significa 'gay'?"
Vignetta di Andeel, Egitto
Vignetta di Andeel, Egitto
Fonte: La vie des jeunes homosexuels en Tunisie : un enfer fait de violence sans fard et d’hypocrisie
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