16 novembre 2015

Terrore, xenofobia e ingerenza

A poche ore dagli attacchi perpetrati in diversi punti della capitale francese, ancora non ci sono, giustamente, neanche dati certi sulle vittime e sui feriti, né piste di investigazione. Ma, solo analizzando le prime ore, si possono fornire “a caldo” alcune idee.
Uno dei primi dati che richiama l’attenzione è che il presidente USA, Barack Obama, ha rilasciato dichiarazioni pubbliche  sugli attentati prima che lo facesse il suo pari francese Hollande, dando ad intendere, solo per il fatto di comparire immediatamente, che si trattava di un fatto che lo riguardava.
Il fatto è  che gli ultimi mesi hanno rappresentato per gli USA un rischio per il loro ruolo di “protettori” della sicurezza mondiale proprio per le incertezze delle azioni militari in Siria. Attacchi nei quali, ed è molto necessario sottolinearlo, anche la Francia era coinvolta.
La politica estera francese è sicuramente una delle chiavi per capire quanto successo. Oltre alla sua storica ingerenza in Medio Oriente, la Francia conta su una lunga storia di dominazione in Africa, e specialmente nel Magreb. Algeria, Marocco o Tunisia sono solo alcuni dei paesi che sono stati occupati dai francesi e che hanno vissuto processi indipendentisti pochi decenni fa, con ferite che sono ancora aperte.

Solo 15 giorni fa cadevano i 50 anni dalla sparizione forzata di Mehdi Ben Barka, leader marocchino del movimento terzomondista sequestrato dai servizi segreti francesi, che ancor oggi rifiutano di dare qualsiasi informazione al riguardo. Per molti paesi dell’Africa, le decisioni che si prendono all’Eliseo (sede del governo francese) continuano ad essere determinanti per la loro politica interna e questo lo trasforma nel bersaglio preferito dei risentimenti storici.  Ed è sempre necessario ricordare che la Francia attaccata è la stessa che ha confezionato i manuali anti-insorti applicati nella maggioranza delle repressioni e dei genocidi delle dittature del mondo per controllare e disciplinare la popolazione locale.

Neanche sul fronte interno le cose vanno tanto bene. Dal 2003 - anno in cui la dottrina Bush di sicurezza globale ottenne i maggiori consensi a livello internazionale, fino all’attualità - la Francia ha sofferto 14 attentati terroristici che hanno prodotto più di 90 morti e un centinaio di feriti. A questo si aggiunge che la violenza interna legata alle condizioni della popolazione araba ha evidentemente cicli di rialzo. Forse il momento di maggiore importanza di questo fenomeno sono state le rivolte di ottobre e novembre 2005 nelle banlieux, che hanno visto come protagonisti giovani figli di migranti arabi nel paese. Tutto il periodo è stato accompagnato da una crescente xenofobia che si è tradotta nell’accumulazione politica di organizzazioni come il Front National, partito filo-fascista che in circa 20 anni si è trasformato in una delle forze più ’gravitanti’ dei malumori razzisti delle classi medio-basse francesi.

Mentre la polizia portava avanti il blitz armato al Bataclan – ricordando alcuni momenti del massacro che scatenò Putin  nel 2002 per risolvere una situazione simile nel Teatro Dubrovka di Mosca – a Calais e in altri punti del paese venivano bruciati i campi dei rifugiati improvvisati negli ultimi mesi di crisi. Per le condizioni di vita in quei luoghi la Francia è già stata condannata da tribunali internazionali a garantire i diritti umani basici di coloro che vi vivono e ad accelerare la concessione dello status di rifugiato per molti di loro.

Ma sarebbe sciocco pensare che la Francia abbia avuto demeriti e stia solo pagando le conseguenze di anni di politiche xenofobe e di ingerenza. I gruppi terroristi più radicalizzati stanno anche dimostrando di poter agire, con la loro necessità di prendere l’iniziativa militare, in una guerra che ha il suo centro in Medio Oriente ma che, secondo loro, si combatte in differenti trincee. La Francia è forse l’obiettivo prediletto per quanto sopra detto ma, ovviamente, non è l’unico. La generazione del terrore causa la radicalizzazione delle politiche di sicurezza in ambito esterno ed interno che, mentre incolpano e castigano migliaia di innocenti, riscaldano gli animi dei più aggressivi.

Che questa azioni avvengano durante la crisi migratoria più grave della storia dell’Unione Europea, mentre si riconfigura il peso specifico di ogni paese o blocco nei conflitti in Medio Oriente e si indeboliscono chiaramente i sistemi istituzionali installati durante la mal definita “primavera araba” nelle ex colonie francesi, ci dice che le ripercussioni di quanto successo stanotte saranno vaste e molto dure. In breve tempo potremo capirle con maggiore precisione.

Di Federico Larsen - Sur y Sur

Traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli"

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