1 settembre 2015

L’avvenire prospettatoci da Google

La società californiana, egemonica e tentacolare, è un’impresa dal potere quasi sovrano. Ma dietro il predatore economico si cela anche un progetto di una società ultra-individualista, basata sulla meritocrazia e la scienza per governare l’umanità di domani.
Eric Schmidt, presidente e direttore generale di Google, non si presenta come un dirigente d’impresa. Non parla di affari, ma di una rivoluzione e di una visione del mondo. Nella conclusione del suo penultimo libro intitolato The New Digital Age si legge: “La nostra ambizione consiste nel creare il miglior mondo possibile”. E Google non si accontenta di parafrasare Aldous Huxley. Infatti trova anche i mezzi del suo potere. Innanzitutto con una base economica incredibile. Un tesoro di guerra di quasi 60 miliardi di dollari, ben piazzato nel caldo clima delle isole Bermuda e delle risorse abissali, generate dal monopolio quasi perfetto nel settore della pubblicità su internet grazie a Adword ed Adsense. Ma questo settore non è che una piccola parte della sua attività. L’impresa è spinta perpetuamente da una logica di creazione e di conquista, perseguendo lo scopo di espandere di continuo. Allora Google crea e distrugge a colpi d’innovazione tecnologica. Nel corso di questi ultimi anni ha investito somme ingenti nei settori della sanità, della robotica, dell’intelligenza artificiale, della cultura e persino nel settore automobilistico … 

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Mettere da parte lo Stato e le sue regole come la solidarietà e la giustizia…

L’influenza di Google è tale da trasformare l’impresa in una forza politica. Nel febbraio del 2013, Eric Schmidt viene ricevuto nel palazzo presidenziale da François Hollande con gli onori di un capo di Stato. In occasione della conferenza stampa, i due stanno uno vicino all’altro, come due persone di pari importanza. Eppure il suo statuto di impresa sovrana si è construito contro gli Stati, che dai dirigenti di Google sono considerati delle strutture ormai sorpassate, visto che frenano la creatività dell’individuo. “Lo Stato è una macchina di protezione, mentre la tecnologia costituisce essenzialmente una forza perturbatrice”, adora spiegare Eric Schmidt. “Sono dei libertariani”, sottolinea Dominique Cardon. Sono convinti del fatto che un individuo possa cambiare il mondo, se lo si lascia esprimere completamente e liberamente le sue potenzialità e la sua creatività, in particolare mettendo da parte lo Stato e le sue regole come quelle della solidarietà e della giustizia … Mirano alla trasformazione del mondo, esacerrbando l’egoismo materialista”.
 
Il progetto politico di Google focalizza sulla meritocrazia e sul culto assoluto dell’eccellenza. “Una visione del mondo che si rispecchia nel loro modo di organizzare il lavoro”, mette in rilievo Yann Le Pollotec, che si occupa della rivoluzione numerica presso l  Partito comunista francese. Nel gergo dell’impresa, si tratta di selezionare i migliori, chiamati “cavalieri” (knightsl), il vero potere creativo di Google, a cui concedere tutta la libertà possibile ed immaginabile. E poi ci sono gi “scudieri” (knaves), i mediocri pieni di risentimento, che vanno scartati per non creare una forza di opposizione nei confronti degli altri. Questo principio crea una struttura, in cui gli impiegati sono talmente in competizione che non serve più management aziendale. I capi di Google lo hanno scritto e teorizzato nel loro libro intitolato How Google Works (Come funziona Google) che oggi viene insegnato in tutte le scuole di management e in cui spiegano che l’aspetto fondamentale consiste nella selezione del personale.
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La statua di Atlante dell'artista Lee Lawrie di fronte al Rockefeller Center (New York), considerata simbolo del romanzo e dell'oggettivismo randiano
 

“Una delle bibbie dei libertariani US-americani”, spiega Dominique Cardon, “è l’opera di Ayn Rand, intitolata Atlas Shrugged (La rivolta di Atlante, 1.Il Tema, 2. L'uomo che apparteneva alla terra, 3.L'Atlantide, traduzione di Laura Grimaldi, 2ª ed., collana Romance, Corbaccio, 2007, pp. 1168). In questo romanzo filosofico, i ricchi che sono fortunati perché sono i più scientifici e i più creativi, e mai perché hanno ereditato, sono stanchi dello Stato e della solidarietà e fanno secessione. Se ne vanno a costruire una città chiusa nel deserto, mentre la società, privata dei suoi brillanti direttori d’azienda, si scompone. Ecco quello che vuole Google: vuole uscire dalle regole e dalle imposizioni, dalla solidarietà e dalla ridistribuzione, dalla giustizia, dallo Stato, per lasciare libero corso alla creatività individuale”. In questo pensiero libertariano, si deve essere per forza eccellenti e si deve per forza voler cambiare il mondo.
 
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Eppure, sia dai libertariani che da Google predomina il credo nell'imperfezione fondamentale dell'essere umano. Guidati eccessivamente dagli impulsi e dalle passioni, gli esseri umani non sono in grado di essere oggettivi. Dunque si deve far leva sulla scienza e sulla tecnologia per migliorarli. Attraverso il transumanesimo da una parte (vedi l’intervista di Jacques Testart: “Sottoporre gli individui l controllo delle macchine”) e la volontà di combattere la morte, ma anche rendendo l’uomo migliore grazie alla tecnologia. “Indipendentemente dal problema che si incontra, che sia una sfida per l’umanità o un problema molto personale, c’è sempre un’idea, una tecnologia che non fa altro che aspettare di essere scoperta per risolvere tutto”, assicurava Ray Kurzweil, ingegnere capo di Google in un’intervista con Time Magazine. Il principio del veicolo automatizzato Google Car che già circola negli Stati Uniti ad esempio consiste nella sostituzione del fattore principale di rischio degli incidenti stradali – il conducente – con una macchina che si crede più affidabile. Éric Schmidt lo conferma, quando dice: “Il vostro veicolo deve guidarsi da solo. Non lo si può abbandonare all’uomo. E' n “bug” che i veicoli siano stati inventati prima dei computer.”
 
“Da Google predomina un messianismo scientifico”, prosegue Dominique Cardon. “Sono degli scientisti, come quelli del 19esimo secolo”. Per loro il mondo si può comprendere a partire dalla matematica, in tutti i suoi atomi. Google spera di scoprire passo per passo le leggi matematiche che governano i nostri comportamenti, le nostre preferenze, le nostre gioie e la nostra soggettività…. L’ambizione dell’algoritmo di Google è, da approssimazione ad approssimazione e grazie alle probabilità , di superare l’umano, facendo emergere leggi matematiche dal reale le. “E quello che impressiona un sociologo come me che lavora sui comportamenti online è che questo principio a volte funziona!” aggiunge Dominique Cardon.

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“...Ed ecco in termini semplici, come ottimizzare il vostro ranking nei motori di ricerca”

Un algoritmo dal potere alquanto inquietante
Questo algoritmo del motore di ricerca di Google, chiamato Page Rank, organizza, filtra e gerarchizza il nostro accesso al sapere e all’informazione. Page Rank tende ad indicizzare tutto il sapere in modo molto più efficiente di quanto non lo farebbero gli esseri umani. La gerarchia dei risultati è esclusivamente meritocratica, se si mettono tra parentesi i risultati pubblicitari. L’algoritmo, secondo numerosi fattori non tutti conosciuti, sceglie i siti migliori e poi li personalizza, in una proporzione del 20 % circa sulla base del profilo della persona che ha fatto la ricerca. “L’egemonia mondiale di Google predomina su tutte le risorse molto specifiche in rete, dette motori di ricerca”, spiega Dominique Cardon. “Si tratta di un mezzo fondamentale della rete, organizzato e condotto da un’impresa privata. E possiede un potere alquanto inquietante.”
 
L’algoritmo è sia al servizio degli utenti, in particolare perché viene prodotto, ottimizzato ed arricchito dagli internauti, ma rimane anche al servizio della strategia commerciale di Google. Avviene molto raramente che un punto di vista eterodosso finisca in prima posizione nei risultati di ricerca di Google. Le logiche dominanti conducono il gioco e partecipano al controllo sociale. In una sua intervista con Wall Street Journal Eric Schmidt ha confermato la sua ambizione totalitaria: “Penso che la maggior parte della gente non voglia semplicemente che Google risponda alle loro domande, ma voglia anche che Google dica come agire di conseguenza.”
 
Secondo Pierre Mounier, ricercatore nel settore delle scienze umane numeriche e autore dell’opera Homo Numericus, Google si nutre delle nostre vite, delle nostre azioni e dei contenuti che produciamo per monetizzarli… In questo senso, Google ci appartiene. Secondo lui si dovrebbe iniziare a considerare Google e in particolare il suo motore di ricerca come un bene comune dell’umanità. Pierre Mounier propone che sia l’Unesco ad ereditare il governo di questo motore di ricerca, una fonte principale d’accesso al sapere e all’informazione. “Il patrimonio mondiale è l’eredità del passato, del quale approfittiamo oggi e che trasmettiamo alle generazioni future”, spiega l’Unesco nella sua convenzione del 1972. Questo patrimonio appartiene a tutti e la sua definizione secondo Pierre Mounier corrisponde perfettamente al motore di ricerca di Google e allo spazio cibernetico che indicizza. L’idea affascina Yann Le Pollotec, quando dice: “Google commercializza una certa forma di comunismo, monetizza un bene comune, approfittando del fatto che il motore di ricerca rappresenti la sua principale porta d’accesso.” Forse è giunto il momento di riappropriarsi di questa porta d’entrata.

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Randy Siegel, The New York Times, 2005



Per concessione di Tlaxcala
Fonte: http://www.humanite.fr/le-futur-que-google-nous-prepare-580502 
Data dell'articolo originale: 29/07/2015
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=15789 

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