12 aprile 2015

Cattiva scuola

I mass media hanno preso a parlare di “buona scuola” riguardo ai progetti di cambiamento che il governo in carica sta progettando attraverso un Disegno di Legge. Ma a nostro avviso dovrebbero parlare di “cattiva scuola”, perché questi cambiamenti non presagiscono niente di buono, e l’intenzione sembra essere tutt’altro che positiva. Lo fanno capire diverse idee già espresse dallo stesso Renzi.

Spieghiamo di cosa stiamo parlando: si vorrebbero introdurre cambiamenti involutivi nella scuola, ad esempio, il governo ha parlato di “chiamata in diretta” dei docenti da parte del dirigente scolastico, senza rispettare i punteggi e quindi le graduatorie di merito. Questo sa molto di “precedenza al raccomandato” o del tentativo di estromettere qualche insegnante che ancora si prende il lusso di pensare con la sua testa.
Inoltre, l’altra idea del governo è quella di dare “un rimborso per le spese di carattere culturale”, rimborso che potrebbe essere per un massimo di 500 euro all’anno. Questa idea serve ad eliminare l’altra idea a nostro avviso fondamentale: che ogni insegnante debba guadagnare uno stipendio aggiornato ai costi reali dell’esistenza.

Gli insegnanti in Italia guadagnano stipendi assai ben lontani dalle reali necessità di vivere una vita dignitosa o di mantenere una famiglia.

In Italia, anche un insegnante che ha diversi anni di esperienza guadagna uno stipendio da fame. Ad esempio, un insegnante con 13 anni di esperienza può guadagnare circa 1400 euro, contro stipendi di parlamentari che superano i 14.000 euro.
Cosa penserebbe Renzi se il suo stipendio venisse abbassato a 1400 euro? E come reagirebbero i parlamentari se il loro “onorario” venisse abbassato alla media degli stipendi nazionali, che è circa di 2000 euro? (retribuzione media lorda nel 2013 è stata di 24.879 euro, secondo i dati Istat).
Di certo ci sarebbero grosse reazioni, e allora perché parlano di “riforme della scuola” e di “buona scuola” senza trattare l’argomento stipendi?

I nostri politici parlano di adeguamento all’Europa solo per quanto riguarda le tasse dovute ai banchieri che controllano l’Unione europea, ma non ci dicono che, ad esempio, in Germania un insegnante con una decina d’anni di esperienza guadagna almeno 2400 euro, ed è così anche per altri paesi, come la Francia. In questi paesi i parlamentari guadagnano circa la metà rispetto ai nostri.
Queste sono cose su cui ogni italiano dovrebbe riflettere, perché l’istruzione e la formazione dei bambini o dei ragazzi è una faccenda che riguarda ognuno di noi, anche se in famiglia non si hanno bambini o adolescenti.
Il trattamento economico degli insegnanti è molto importante, così come è importante che siano preparati, aggiornati, e siano in grado di creare una giusta atmosfera per l’apprendimento.
Una buona scuola, a nostro avviso, è una scuola che:

-         Retribuisce gli insegnanti in modo tale che possano avere un’esistenza dignitosa e mantenere le loro famiglie.
-         Non penalizza in alcun modo gli insegnanti che mostrano una certa indipendenza intellettuale dal sistema.
-         Permette ad ogni scuola di avere tutto quello che necessita di avere, comprese le lavagne tecnologiche, la carta igienica e ogni altro prodotto necessario.
-         Una scuola buona è anche quella che promuove l’intelligenza e non la supina obbedienza, e una cultura fondata sul ragionamento più che sulla memoria. Favorisce l’espressione delle potenzialità dei bambini.
-         Una scuola buona è quella che rispetta l’articolo 3 della Costituzione, che dice: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della personalità umana”. E’ evidente che questo articolo deve essere rispettato proprio a partire dal settore scolastico, permettendo a tutti, anche ai meno dotati di possibilità finanziarie, di accedere a tutti i vantaggi culturali e formativi, esattamente come gli altri. Ma sappiamo bene che questo non avviene, e che soltanto i più privilegiati possono accedere alle scuole private, oggi ampiamente sostenute dal regime, che permettono di accedere ai percorsi formativi privilegiati, ad esempio a quelli che prevedono soggiorni all’estero o l’accesso alle Università più prestigiose. Il governo Renzi è ben lontano dal considerare questo argomento, la cui importanza è sotto gli occhi di tutti.
-         Non considerare la scuola alla stessa stregua di un’azienda, in cui i soggetti devono pensare a competere, e non ad apprendere. Come osserva Sebastiano Cuffari: “Di certo avrete sentito paragonare la scuola ad un'azienda. Un paragone forzato, utile soltanto a puntare sui poteri del nuovo dirigete scolastico. Ragioniamo: un’azienda fattura miliardi di euro e investe, i manager puntano sui ricavi e tagliano i rami morti, i settori e i prodotti non competitivi. Riconvertire solo se conveniente, al massimo si tiene il prodotto scadente a costo zero. Se parliamo di Stato e di scuola la spesa rimane di miliardi di euro, ma siamo in passivo e dobbiamo decidere su cosa investire. A seguire il paragone investiremo dove c’è profitto: i dirigenti scolastici spenderanno e assumeranno docenti lì dove ci sono risultati. I prodotti? Si chiamano alunni, sono i vostri figli. Se i vostri figli saranno un profitto allora si investirà su di loro. Ma se i vostri figli non saranno competitivi, per qualsiasi motivo ciò accada, essi saranno prodotti da tagliare. Esisteranno a costo zero, esattamente il contrario di ciò di cui avrebbero bisogno. Una scuola classista, non certo quella che può annullare gli svantaggi e le disuguaglianze. Non si parli di merito, perché nulla è più provato, già oggi, degli svantaggi legati al ceto sociale di provenienza nei risultati scolastici. Un dramma che la scuola azienda non è certo adatta a fronteggiare, a meno che non si vogliano futuri cittadini di serie A e di serie B.”[1]

Al di là delle nostre considerazioni, occorre notare che il 7 aprile scorso è stata ufficialmente aperta a discussione sul Disegno di legge che tratta la riforma della scuola, e già tutte le sigle sindacali e i docenti si sono opposti, vedendo in essa un ritorno al passato piuttosto che una riforma che affronta i veri problemi della scuola.
In particolare, si discute alla Commissione Cultura della Camera il ruolo del dirigente scolastico. I sindacati chiedono di stabilire un equilibrio tra i presidi ed i docenti. Un altro dei passi indietro del Governo Renzi consiste nell'abolizione degli scatti di anzianità e nella carriera dei docenti.
Si vuole trasformare la figura del Preside in una sorta di “sceriffo” rigido e intransigente su tutto quello che fa comodo al regime, mettendo in secondo piano le vere esigenze culturali e di formazione.
Del resto, la scuola stessa, negli ultimi anni, è bersaglio di attacchi per trasformarla in un luogo in cui i bambini e i ragazzi disimparano la cultura, già ampiamente passivizzati dalla televisione spazzatura e da una società in cui gli stimoli positivi vanno sempre più a scarseggiare.
Peraltro, vengono attuate “riforme” da persone che non conoscono le vere esigenze della scuola e i veri problemi da risolvere.
Francesco Crima, segretario della Cisl-Scuola, tramite il sito ufficiale del sindacato, ha sostenuto che questa riforma è improvvisata e fatta senza avere una conoscenza approfondita del settore.
Uno dei problemi, secondo lo Snals-Confsal, è quello di mettere le mani dei Presidi la scelta dei docenti da far lavorare nella scuola. Il segretario Snals-Confsal, Marco Paolo Nigi ha detto: "Con la Buona scuola si innescherà una conflittualità che farà solo del male e che nulla avrà a che fare con la concorrenza. Dovrà essere prioritario per il Governo riaprire la contrattazione".

Secondo la Uil, questa riforma produrrà ancora più confusione, come se già non ce ne fosse abbastanza. Il leader Uil Massimo Di Menna ritiene che non si debba imporre la figura “forte” del Preside, ma occorre un organico, una collegialità, in modo tale che tutta la scuola possa avere voce in capitolo per determinare il piano formativo in base all'organico disponibile.
Anche la Flc-Cgil si unisce al coro di critiche e disapprovazioni. Per questi sindacati, questa riforma è autoritaria, e mira a creare una scuola che di democratico non ha nulla. Il Disegno di legge del Governo Renzi vorrebbe distruggere anni di tentativi di creare una scuola democratica, nella quale tutti i suoi elementi vengono considerati.
Del resto, come si può creare una “scuola democratica” in una società nella quale la democrazia non esiste?
 Nel nostro paese gli insegnanti sono tra i lavoratori peggio trattati, che devono affrontare giornate lavorative spesso assai pesanti, con l’assillo di arrivare a fine mese.

Questa condizione non è altro che lo specchio dei problemi gravi della formazione e dell’educazione che ci sono nel nostro paese. Educare e far amare la cultura è un compito assai difficile nel contesto mediatico e politico in cui viviamo. Oggi la scuola si è ridotta ad un luogo in cui i giovani apprendono informazioni spesso nozionistiche, oppure materie che non serviranno loro nella vita concreta. C’è lo scollamento tra scuola e “mercato del lavoro”, e tra scuola e ciò che il giovane è, con le sue esigenze mentali, creative e sociali. Una vera riforma tratterebbe temi riguardanti il miglioramento della scuola in senso formativo, prevedendo anche un iter formativo degli stessi insegnanti, perché per diventare insegnanti non basta conoscere la propria materia di studio, bisogna essere preparati anche nella didattica e nelle capacità di favorire l’espressione delle potenzialità dei ragazzi.
Lizanne Foster, che è stata definita “insegnante più brava del mondo”, scrisse una lettera agli studenti per chiedere loro scusa perché il governo canadese parlava della “Buona scuola” senza avere realmente obiettivi positivi per la scuola:

Mi dispiace che sia improbabile che la Strategia innovativa, la riforma scolastica della British Columbia tanto strombazzata dal governo attuale, produca cambiamenti significativi a parte un nuovo modo per calcolare quello che si fa a scuola.

La Foster sapeva bene cosa significava realmente la “Buona scuola”, e ha spiegato ciò che lei intende per insegnamento e buona scuola:

“In Sudafrica ... è lì che ho imparato a leggere tra le righe dei programmi ministeriali e a cercare continuamente il modo per aggirare i limiti e le imposizioni del sistema scolastico.
 Dobbiamo condividere la nostra idea di cambiare focus con i colleghi, per creare la magia della creatività combinatoria.
 Un insegnante non può fare nulla per cambiare il modo in cui è suddivisa la giornata nelle scuole, ma può fare molto per il modo in cui è organizzata la giornata della sua classe. Incoraggio gli studenti a farmi domande direttamente, via email o in forma anonima.

 Riduco al minimo le lezioni teoriche e cerco per quanto posso di usare i programmi in un modo che consenta ai miei studenti un tipo di apprendimento basato sulla risoluzione di problemi (apprendimento per problemi) e l’esperienza diretta (apprendimento esperienziale)... le scuole pubbliche sono ancora molto importanti …  sono anche spazi sicuri per quegli studenti che a casa hanno una vita difficile, sono oasi nei quartieri più pericolosi, sono i posti in cui molti studenti fanno il loro unico pasto quotidiano e in cui possono parlare con un adulto delle loro paure e preoccupazioni…. Le scuole pubbliche sono tra i pochi luoghi pubblici rimasti che funzionano come comunità, sono spazi per le persone, non per il profitto… Con tanti spazi comuni ormai occupati dalle aziende private, la scuola pubblica è vitale per molti studenti. È ancora la grande livellatrice, il luogo dove ragazzi che provengono da classi sociali diverse possono incontrarsi su un terreno comune… Ho imparato il gioco della scuola, a fare quello che era necessario per tirare avanti. Uno dei ‘vantaggi’ di essere vissuta sotto l’apartheid è stato che sono nata per resistere. Sapevo che quello che mi diceva il governo non era vero, perciò ho imparato a leggere il mondo diversamente, tra le righe e fuori delle righe. Quando indossavo l’uniforme della scuola, ero una studentessa che stava perfettamente al gioco, quando me la toglievo, ero solo me stessa e imparavo quello che volevo.”[2]

Quindi, non può dirsi “buona scuola” quella che ignora le esigenze dei giovani e degli insegnanti, mettendo al primo posto le esigenze dei “mercati”.
Il nostro desiderio è quello di avere prima o poi un governo che non calpesti i diritti degli insegnanti e quelli degli studenti, parlando di “riforme” che poi non sono altro che tentativi di fare ulteriori tagli alla spesa pubblica, o di tenere sotto controllo un settore che di certo potrebbe essere pericoloso per una dittatura che si spaccia per “Democrazia”. 

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Questo articolo è tratto dalla pubblicazione “NUOVA ENERGIA”, giornale di Geopolitica e Cultura offerto previo abbonamento. Per informazioni andare al sito:
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[1] Metronews.it 16 marzo 2015.
[2] http://www.giannimarconato.it/2015/03/perche-linsegnamento-e-una-pratica-sovversiva-ovvero-la-liberta-dellinsegnante/

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