25 marzo 2015

Le carceri egiziane al modo di al-Sisi

Non è un segreto che il regime di Hosni Mubarak sia stato repressivo. Eppure, sebbene quello di Abd al-Fattah al-Sisi sia anche peggiore sotto certi aspetti, come nel modo in cui tratta i detenuti, i politici di tutto il mondo elogiano il suo ruolo nella “transizione democratica” dell’Egitto. L’anno scorso, quando John Kerry si è recato al Cairo, ha riferito che al-Sisi gli aveva trasmesso “un forte senso di dedizione per i diritti umani”, aggiungendo che questa causa occupava “moltissimo” i pensieri del maresciallo. Per più di trent’anni è stata proprio la politica degli USA a supportare un regime autocratico in Egitto, come la strada per la “sicurezza regionale”. Gli USA hanno appoggiato il regime di Mubarak fino all’ultimo istante dell’ultimo giorno; perfino durante le proteste di massa, nel gennaio del 2011, gli USA hanno sperato che Mubarak potesse sopravvivere facendo delle concessioni politiche. Alla fine Mubarak è andato, ma i legami - solidi e di vecchia data -  tra il Dipartimento della Difesa usamericano e le Forze armate egiziane, si sono mantenuti. I funzionari di Washington stanno regolarmente ripristinando il flusso di aiuti ed equipaggiamenti militari che era stato temporaneamente sospeso subito dopo il colpo di stato: per Washington non c’è nessun problema serio di “diritti umani”.
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