3 agosto 2014

LA SOLUZIONE FINALE PER LA PALESTINA


"Da fuori lo sguardo degli animali si posava sul maiale e poi sull'uomo, e poi dall'uomo al maiale, e di nuovo dal maiale all'uomo; ma era impossibile distinguere l'uno dall'altro."
(George Orwell, "La Fattoria degli Animali")
In mezzo a cotanta barbarie che ancora una volta ci tocca vedere abbattersi su Gaza, non è mancato chi ha paragonato il regime di Israele con l'apartheid che c'era in Sud Africa. Il paragone, senza ombra di dubbio, è in difetto. Il razzismo strutturale sudafricano non è mai giunto ad un livello di brutalità sistematica come quella che oggi devono sopportare i Palestinesi. Alcuni hanno paragonato Gaza ad un ghetto, alle prigioni a cielo aperto in cui i nazisti rinchiudevano gli ebrei in Europa ed hanno paragonato la resistenza di Gaza alla resistenza del Ghetto di Varsavia nel 1943 [1]. Lo scrittore colombiano Antonio Caballero ha descritto la Cisgiordania "come un arcipelago fatto di ghetti chiusi da muri eretti da Israele e di strade controllate dall'esercito israeliano che servono a collegare le decine di insediamenti coloniali ebrei su terra palestinese e, viceversa, a non far comunicare le comunità palestinesi" [2]. L'intellettuale israeliano Ilan Pappe concorda sul fatto che la politica israeliana cerca di trasformare le comunità palestinesi in ghetti fisicamente separati [3]. La situazione dei Palestinesi che vivono e lavorano in Israele non è migliore: a centinaia sono stati messi in carcere da quando è iniziato l'attacco [4]; altri hanno dovuto subire veri e propri pogrom [5] scatenati da israeliani ostili alla popolazione araba che viene accusata di sfruttare, a sputi e complotti, il miele della cosiddetta "democrazia".
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