L’istituzione del segreto bancario ha le ore contate, grazie a due
eventi che ne hanno segnato l’inizio della fine: l’attentato alle Torri
Gemelle e la crisi
finanziaria del 2007-2009. Dopo l’11 Settembre, col pretesto della
“lotta al terrorismo”, Washington «ha iniziato a ottenere un sempre
maggiore accesso alle informazioni sui clienti delle banche,
sui loro conti e sulle loro transazioni», afferma l’economista russo
Valentin Katasonov. Il Patriot Act, approvato dopo l’attacco alle Twin
Towers, permise all’intelligence statunitense di accedere liberamente a
informazioni prima riservate, senza più dover ottenere il permesso dei
giudici. Così, attraverso organizzazioni internazionali come l’Ocse e il
Fmi, Washington ha iniziato ad avere libero accesso alle informazioni
bancarie di tutto il mondo. Il secondo evento, la crisi
finanziaria, «ha dato il via a un processo repressivo nei confronti dei
conti offshore e del segreto bancario». Chi ha condotto la campagna
contro il segreto bancario e i conti offshore? Gli Stati Uniti. Ma,
dietro alle motivazioni ufficiali, la guerra al segreto bancario nasconde la volontà di controllare il sistema bancario mondiale.
Quando, al culmine della crisi finanziaria, apparve chiaro che nel Tesoro degli Stati Uniti non c’erano abbastanza soldi per tappare i buchi più grandi – scrive Katasonov in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”
– apparve sulla scena la figura fino ad allora sconosciuta di Bradley
Birkenfeld», un ex-dipendente del gigante bancario svizzero Ubs.
Birkenfeld dichiarò che nelle banche
svizzere c’erano moltissimi evasori fiscali statunitensi e che era
pronto a collaborare con le forze dell’ordine statunitensi per
denunciare questi evasori. Così, governo e fisco americano iniziarono a
chiedere che Ubs e altre banche
svizzere rivelassero i nomi dei correntisti statunitensi, accompagnando
la richiesta «con la minaccia di ritirare le licenze delle filiali Ubs
presenti in America». Il 19 febbraio 2009, ricorda Katasonov, Ubs
cedette alle pressioni e accettò di rivelare i nomi di 250 suoi clienti
statunitensi che si erano rifugiati nei conti svizzeri per evadere le tasse
del loro paese. La stessa banca «dovette pagare una multa di 780
milioni dollari come risarcimento per imposte non corrisposte al Tesoro
degli Stati Uniti». Washington non molla: vuole informazioni precise su
tutti i 52.000 clienti americani di Ubs.
«Si stava creando un brutto precedente», osserva Katasonov: «La crema
dell’off-shore mondiale, nota da più di tre secoli con il nome di
Confederazione Elvetica, stava per ricevere un colpo mortale». Il
ministro delle finanze svizzero, Hans-Rudolf Merz, tentò di persuadere
il collega americano Timothy Geithner a ritirare la causa contro Ubs,
promettendo che avrebbe garantito l’approvazione nel Parlamento svizzero
di un nuovo accordo sulla doppia imposizione. Ma Washington si è
mostrata irremovibile. La banca svizzera è stata inoltre minacciata
anche dalla giustizia
elvetica, alla quale avevano fatto ricorso 8 super-clienti americani,
terrorizzati dalla possibile violazione sel segreto bancario. Troppo
tardi: «Si è scoperto, infatti, che Ubs aveva già consegnato a
Washington informazioni sui propri clienti americani», in violazione quindi delle famose norme bancarie svizzere.
Negli ultimi cinque anni, continua Katasonov, dopo la grande crisi finanziaria l’istituto del segreto bancario ha subito un certo di numero di colpi, non solo in Svizzera ma in tutta Europa.
Negli ultimi 18 anni, si sono svolti interminabili colloqui all’interno
delle istituzioni europee sul tema dell’abolizione del segreto. Di
rilievo la svolta europea dello scorso anno, quando l’Ue ha eseguito le
direttive di Washington con un accordo interstatale di principio sulla
lotta all’evasione fiscale. In particolare, è stato previsto che gli
Stati membri dell’Ue debbano scambiarsi automaticamente le informazioni
bancarie, per garantire il pagamento delle imposte da parte di individui
e aziende all’interno dei propri paesi. Uniche eccezioni, Lussemburgo e
Austria, che si sono astenuti dal prendere impegni specifici,
interessati a estendere il vincolo anche a Svizzera e Liechtenstein, per
evitare che i due paesi off-shore possano beneficiare, a quel punto, di
una forma di concorrenza sleale. Bruxelles però ha premuto su Vienna e
Lussemburgo, cha a maggio 2014 hanno dovuto capitolare e allinearsi.
«La pressione esercitata da Bruxelles e Washington, che nell’ombra
sta conducendo l’intero processo, si è ora spostata verso altri paesi
europei al di fuori dell’Unione Europea»,
continua Katasonov. «Bruxelles ha già dichiarato, in più di
un’occasione, che auspica di poter concludere entro la fine dell’anno
accordi simili con Svizzera, Liechtenstein, Andorra, Monaco e San
Marino». Con l’abolizione in Europa
dell’istituto del segreto bancario, gli esperti del settore prevedono
un aumento del deflusso di capitali verso Singapore, Malesia e Hong
Kong. Denaro dunque in fuga dall’Europa.
Bruxelles e Washington hanno già iniziato a utilizzare organismi come
l’Ocse e il G20 per mettere sotto pressione i paesi non europei,
annunciando l’avvio di riforme fiscali internazionali: «La parte più
importante di queste riforme sarà l’adozione di un programma internazionale per lo scambio automatico d’informazioni fiscali».
La più recente delle misure volte all’abolizione del segreto
bancario, aggiunge Katasonov, è stata la firma, ai primi di maggio, di
una dichiarazione relativa all’attuazione di un sistema automatico di
scambi d’informazioni fiscali tra gli Stati membri dell’Ocse (34 paesi) e
altre 13 nazioni. Anche Singapore e Svizzera, i centri finanziari più
riluttanti di fronte alla “normalizzazione” del sistema, sono tra i
nuovi partecipanti al programma. «Un secondo strumento, ancora più
potente nell’erodere il segreto bancario nel mondo – scrive l’economista
russo – è la legge statunitense Fatca, sulla tassazione dei conti
esteri». La nuova normativa «richiede alle banche
di tutto il mondo di fornire all’Agenzia delle Entrate statunitense
informazioni sui clienti che rientrano nella categoria di “contribuenti
americani”». Il Fatca può essere considerato «un tentativo da parte di
Washington di chiedere a tutte le banche del mondo di eliminare totalmente il segreto bancario». Tutte le banche,
anche quelle di Mosca: «E alla luce delle sanzioni economiche
statunitensi che si profilano sull’orizzonte russo, soddisfare queste
richieste potrebbe essere non solo problematico e inutile, ma anche
pericoloso».
Fonte: http://www.libreidee.org/
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