L’hotel di lusso a cinque piani sorgerà nel centro di Torino, in
Piazza Carlo Emanuele: si chiamerà Hotel Gramsci. Sorgerà sulle ceneri
della casa in cui Antonio Gramsci abitò dal 1919 al 1921, fondando
“L’Ordine Nuovo” e gettando le basi del futuro Pci. Non conosco,
personalmente, miglior modo di descrivere la storia della sinistra
italiana: il passaggio dalla nobile figura di Antonio Gramsci all’hotel
di lusso a lui dedicato, con il pieno sostegno della sinistra cittadina. È l’emblema dell’involuzione indecente della sinistra, la tragicomica
vicenda del “serpentone metamorfico Pci-Pds-Ds-Pd” (la definizione è di
Costanzo Preve): in essa è possibile leggere, in filigrana, una
dialettica di progressivo abbandono dell’anticapitalismo e di graduale
integrazione, oggi divenuta totale, alle logiche illogiche del mercato
divinizzato da parte delle forze di sinistra. L’Hotel Gramsci presenta
una sinistra (!) analogia con il Grand Hotel Abisso di cui diceva Lukács
nella Distruzione della ragione.
Il paradosso sta nel fatto che la sinistra oggi, per un verso, ha
ereditato il giacimento di consensi inerziali di legittimazione proprio
della valenza oppositiva del’ormai defunto Partito Comunista e, per un
altro verso, li impiega puntualmente in vista del traghettamento della
generazione comunista degli anni Sessanta e Settanta verso una graduale
“acculturazione” (laicista, relativista, individualista e sempre pronta a
difendere la teologia interventistica dei diritti umani) funzionale
alla sovranità irresponsabile dell’economia.
I molteplici rinnegati,
pentiti e ultimi uomini che popolano le fila della sinistra si trovano
improvvisamente privi di ogni sorta di legittimazione storica e
politica, ma ancora dotati di un seguito identitario inerziale da
sfruttare come risorsa di mobilitazione conservatrice.
Per questo, la sinistra continua inflessibilmente a coltivare forme
liturgiche ereditate dalla fede ideologica precedente nell’atto stesso
con cui abdica completamente rispetto al proprio originario spirito di
scissione, aderendo alle logiche del capitale in forme sempre più
volgari. Si tratta del tradizionale zelo dei neofiti, a cui peraltro –
accanto ai riti di espiazione – si aggiunge il fatto che, sulla testa
dei pentiti, pende sempre la spada di Damocle del loro passato
comunista, che, ancorché rinnegato, può sempre essere riesumato
all’occasione. Lungo il piano inclinato che dalla nobile figura di Antonio Gramsci
porta a Massimo D’Alema, si è venuto consumando il tragicomico transito
dalla passione trasformatrice di matrice marxiana al disincanto
weberiano fondato sulla consapevolezza della morte di Dio, con annessa
riconciliazione con l’ordo capitalistico. Con i versi di Shakespeare, lilies that fester smell far worse than weeds: “orribile più di quello delle erbacce è l’odore dei gigli sfioriti”.
Di Diego Fusaro
Fonte: Lo Spiffero
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