La Grande opinione si forma secondo un meccanismo semplice: ripetere ovunque si può lo stesso identico messaggio. Ecco allora la Santanchè deplorare la sentenza contro la vistosa condotta morale di Berlusconi a Rai 1, 2 e 3. Poi riapparire da Santoro, sgusciare dalla Gruber, ululare da Formigli, baccagliare da Floris.
Per dire che? La solita melassa confezionata dalla propaganda del Pdl sulla libertà morale di Berlusconi. Sono finiti i tempi della chomskiana manipolazione del consenso: al paese depauperizzato si spaccia la droga di una parola che non ha più nessun valore. E che dunque non richede il patto implicito del consenso. La Grande opinione è il prodotto storico di una società di massa in cui la parola ha perso il suo carattere originario di generare lo spazio del potere, l’infra tra gli uomini e le donne, demolendo la sfera pubblica. Demiurghi di questa operazione di chirurgia sociale sono giornalisti in quota a tutti i partiti dell’arco costituzionale che con la bocca predicano contro la Casta e con la mano afferrano lauti stipendi.
Alla faccia del paese che pretendono di raccontare. Che differenza c’è tra una trasmissione di Floris e una di Formigli o di Santoro? Nessuna. Stessi ospiti e stessi temi danzano come un valzer per tutto l’etere. E mentre l’Italia annega nel blah blah della televisione a reti unificate, la sinistra che fa? Ammesso che ne esista una, cerca l’uomo nuovo. E se oggi il Vate si chiama Renzi non c’è da escludere che un domani possa candidare anche Fonzie.
di Stefania Pavone*
Fonte: http://cogitoergo.it/
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